Lucetta Scaraffia, Avvenire 28/5/2009, 28 maggio 2009
BADINTER, IL FALLITO ESPERIMENTO EDUCATIVO SUL DUCA DI PARMA
Bisogna stare attenti quando parliamo di educazione!
L’educazione è uno strumento pericoloso, che può avere effetti devastanti, diversi da quelli che si propone l’educatore. Oggi, che ci rendiamo conto del fallimento delle attuali modalità di educazione dei giovani, e parliamo a ragione di «emergenza educativa», dobbiamo essere sempre più consapevoli che anche un serio e impegnato metodo educativo, ben diverso dal «lasciar fare» che impera oggi, se esercitato in modo esasperato, può portare a risultati opposti da quelli sperati.
Lo racconta un divertente libretto – L’Infant de Parme, pubblicato a Parigi da Fayard – che la scrittrice francese Elisabeth Badinter ha dedicato ad un caso clamoroso di fallimento educativo, quello dell’erede del ducato di Parma nella seconda metà del XVIII secolo.
Desiderando farne un principe moderno, sua madre Luisa Elisabetta, figlia di Luigi XV, decise di dargli come istitutori intellettuali appartenenti all’élite dei filosofi francesi. All’età di sei anni, infatti, il piccolo Ferdinando, unico erede della dinastia, abbandonava il regno delle donne per essere sottoposto alle cure educative di Augusto de Keralio, che avrebbe vissuto al suo fianco per dodici anni. A lui, qualche anno dopo, fu aggiunto uno degli uomini più brillanti del tempo, Condillac, l’ispiratore dell’Encyclopedie, nonché i padri Jacquier e Le Seur, esperti studiosi di fisica, e l’abate Millot, storico, futuro accademico, vicino a Montesquieu e a Voltaire. Tutti quanti sostenitori della teoria che il fanciullo era come una «tavola rasa», e che quindi la sua identità futura sarebbe stata definita dall’educazione. Una sorta di laboratorio pedagogico, dunque, fu installato intorno al piccolo monarca, di cui si sperava di fare un esempio di monarca illuminato.
Keralio era un militare di carriera, appassionato di scienze esatte e vicino all’ambiente degli enciclopedisti, nemico delle superstizioni religiose. Parlando di lui molti anni dopo, il principe lo descriverà come «un uomo veramente onesto, a cui devo il poco che valgo; la sua eccessiva severità è l’unica cosa che gli posso rimproverare».
Condillac inaugurerà invece con Ferdinando un nuovo metodo didattico, più centrato sulla riflessione che sulla memoria, perché il fine era apprendere a pensare. E sperimenterà anche un nuovo gioco, quello dell’inversione dei ruoli: sarà il principe a dargli lezione. Il tempo per il gioco vero, però, è sempre più ridotto, e Ferdinando, contravvenendo le istruzioni ricevute, lo passa con i valletti dedicandosi alle devozioni e a quelle che agli occhi dei maestri sono solo superstizioni. Passa troppo tempo a disegnare campanili e santi, attirandosi i rimproveri dei precettori: da questo momento, il principe inizierà a praticare la menzogna e ad abituarsi ad una doppia vita, da illuminista da una parte, da devoto bigotto dall’altra.
Nel mondo illuminista parigino i suoi progressi vengono seguiti e valutati positivamente, e i precettori stessi, dando notizie, contribuiscono a creare il mito del perfetto monarca illuminista; Condillac dedicherà addirittura un libro a questa educazione modello. Ma quando Ferdinando, ormai sposato con una poco illuminista erede degli Asburgo, salirà al potere, la finzione illuminista cadrà precipitosamente, verranno alla luce le sue vere tendenze, tanto da fargli attribuire il soprannome di «principe dei bigotti». Così lo descrive in una lettera l’ambasciatore di Francia: «Egli porta lo scapolare dei domenicani sotto la camicia...ha appena fatto dipingere l’immagine di san Vincenzo Ferrer per farla mettere nella cappella della chiesa benedettina dove ascolta messa ogni giorno. Infine, passa sovente tre o quattro ore al giorno nelle chiese dove è stato visto baciare il pavimento» Di chi è la colpa di questo fallimento? Se lo domanderanno gli Illuministi, proponendo diverse risposte. Fatto sta che il primo progetto illuminista di educazione totale è franato miseramente, capovolgendosi nel suo contrario.
Un saggio della studiosa uscito in Francia narra la vicenda del piccolo Ferdinando di Borbone.