Gian Arturo Ferrari, Il sole 24/5/2009, 24 maggio 2009
BESTSELLER VOLUTI E NO
I bestseller interessanti sono quelli voluti, non quelli spontanei. Per comprendere gli spontanei occorrono indagini e analisi di alto profilo, sulla società, la storia e il gusto. Mentre i voluti sono piccole faccende di cucina editoriale, nel complesso più alla nostra portata.
In Italia l’inventore del bestseller voluto fu il primo vero editore moderno, Emilio Treves, il quale, innamoratosi (editorialmente) di D’Annunzio, concentrò ogni risorsa su Il piacere, a scapito del precedente astro Giovanni Verga che di lì a poco ne morì.
Ma la prima vera e grande operazione bestseller, così come oggi l’intendiamo, si deve a Einaudi (inteso come figura editoriale collettiva, non come persona) che nella primavera del 1974 pubblicò La storia di Elsa Morante con una determinazione e una inventiva mai viste prima (la sola determinazione infatti non basta, come si potè costatare l’anno dopo con l’ Horcynus Orca di Mondadori, eminente e memorabile flop). Le invenzioni furono due. La prima riguardò il publishing del libro in senso stretto, cioè la collana, il prezzo e la copertina. La storia è un voluminoso romanzo di oltre seicento pagine. Invece di metterlo nella sua collana regolare e naturale, i Supercoralli, Einaudi lo piazzò negli Struzzi, che era allora la collana economica, e di conseguenza abbassò drasticamente il prezzo. Il significato di queste scelte era «Ci credo talmente e sono così sicuro che venderà tanto da potermi permettere un prezzo bassissimo». Per la copertina scelse un’immagine solarizzata nera e rossa, quasi grafica, estremamente aggressiva. Ma la principale innovazione fu l’uso della pubblicità. Invece di tristi quadratini con più tristi frasette, prese, di domenica, tutta l’ultima pagina del «Corriere», la lasciò bianca e in mezzo mise una piccola riproduzione della copertina del libro.
La tappa successiva nella storia della bestselleristica fu, nel 1997, il ciclo di Ramses. Erano quattro romanzi pubblicati in Francia a distanza di anni e di qualità letteraria non eccelsa. Lì l’idea chiave fu di concentrare le uscite in pochi mesi, come se fosse un’unica opera in quattro puntate. Questo consentì un investimento pubblicitario molto ingente e tutto all’inizio, sul modello delle opere a dispense. E permise di collocare l’investimento sul mezzo più costoso, cioè su quello televisivo. Lo spot realizzato da Mondadori tendeva a popolarizzare al massimo la serie e, puntando sul fascinoso attore che interpretava Ramses, a orientarla verso un pubblico femminile. Il fatto che, poco dopo, una disinvolta signora che aveva tentato di uccidere il marito risultasse possedere un solo libro e che quel libro fosse Ramses, confermò la giustezza di queste vedute.
L’ultimo capitolo della storia è stato scritto, per ora, da Dan Brown. Qui il concetto guida è stato quello di trasformare un bestseller in un best-long-seller. Quando, nell’autunno del 2003, Mondadori si apprestò a pubblicare Il codice da Vinci, sapeva di avere uno svantaggio e un vantaggio. Doveva recuperare un anticipo ingentissimo, perchè aveva comperato il libro dopo un’asta feroce. Ma aveva la backlist, tre titoli precedenti, da pubblicare nella scia del prevedibile successo del Codice. Per sostenere un così lungo ciclo di vita, il publishing, all’opposto di quanto era stato fatto per Ramses, fu indirizzato allora a innalzare il libro, a renderlo austero e nobile. La copertina era misteriosa, ma severa, senza carnevalate. La pubblicità era di piccolo e dimesso formato, come per le opere letterarie, ma iniziò ben prima dell’uscita, non tanto per creare attesa, ma per significare prestigio e importanza.
Tuttavia oggi il bestseller voluto, il frutto dell’editoria come volontà e rappresentazione, deve dichiarare la propria sconfitta di fronte al bestseller spontaneo. La debole scienza editoriale è stata travolta dai maremoti emotivi, spontanei e incomprensibili, che hanno fatto nascere i megaseller, giganti da un milione e oltre di copie. E di questi colossali ordigni – i Saviano, i Giordano, i Larsson, le Meyer, i Khaled Hosseini, le Barbery – lungi dal comprendere il funzionamento, non abbiamo neppure ancora trovato l’innesco.