Moisés Naím, Il Sole 24 Ore 26/5/2009, 26 maggio 2009
IL MONDO E LE ARTI MARZIALI DI OBAMA
Prima sono stati gli europei. Poi i fratelli Castro e successivamente gli ayatollah iraniani, a cui sono seguiti i dirigenti delle società farmaceutiche statunitensi. E per finire, i membri del Congresso del suo partito. Non passa giorno senza che qualche persona o gruppo influente faccia lo sgambetto a Barack Obama.
Tutto è iniziato con i consensi e le incoraggianti promesse di collaborazione che Obama aveva ricevuto durante il suo viaggio in Europa in aprile. Ma gli applausi e le promesse non hanno portato a nulla di concreto. Obama ha partecipato al G-20 di Londra nella speranza che almeno in quella sede si discutesse di aiuti fiscali coordinati che secondo lui sono necessari per uscire dalla crisi. Ma non è andata così. Ha partecipato al vertice Nato con la speranza di convincere i leader europei ad aumentare i propri sforzi militari in Afghanistan e Pakistan. Ma anche in quell’occasione non è successo nulla.
Obama ha annunciato di voler allentare l’embargo contro Cuba spiegando che si trattava dell’inizio di un processo che dovrebbe normalizzare le relazioni. «Io ho fatto il primo passo – ha dichiarato Obama – ora tocca al governo cubano». E il governo cubano ha risposto immediatamente. Non con uno, bensì con due passi: uno avanti e uno indietro. «Diciamo ad Obama che siamo pronti a trattare su tutto, i diritti umani, la libertà di stampa, tutto...» ha affermato Raúl Castro. Ma dopo che Obama aveva accolto positivamente questa risposta, Fidel gli spiegò che non doveva illudersi: «Senza alcun dubbio il presidente ha interpretato male la dichiarazione di Raúl». Per il fratello maggiore le parole del presidente su Cuba non sono altro che «una dimostrazione di coraggio e fiducia nei principi della Rivoluzione». Ovvero, la risposta cubana all’apertura di Obama è stata... picche.
La stessa cosa è successa con gli iraniani. Sin da quando era candidato alla presidenza, Obama considerava una priorità il miglioramento dei rapporti con l’Iran. In occasione del capodanno del calendario iraniano, Obama ha registrato un video sottotitolato in farsi dove ribadisce il proprio impegno a «un nuovo inizio nelle relazioni... basate sul rispetto reciproco».
«Gli Stati Uniti desiderano che la Repubblica islamica dell’Iran ottenga il rango internazionale che le spetta». La cauta risposta di un funzionario iraniano è stata che gli Usa devono riconoscere gli errori commessi nel passato e correggere la propria condotta. «Vogliamo fatti e non parole», ha detto. E a conferma del messaggio, l’Iran aveva appena lanciato con successo un missile con una gittata da 2000 chilomteri. Inoltre, il regime di Teheran ha risposto a tutti i gesti conciliatori di Obama ripetendo che il proprio programma nucleare è inarrestabile.
Il fatto di rispondere alle iniziative conciliatorie di Obama con misure aggressive non è una prerogativa dei leader di altri paesi. Rispetto ai dirigenti delle aziende farmaceutiche statunitensi, gli ayatollah iraniani o i fratelli Castro sono dei poppanti. Obama ha convocato alla Casa Bianca i dirigenti delle compagnie di assicurazione, degli ospedali, delle aziende farmaceutiche e i massimi esponenti del settore sanitario. L’obiettivo dell’incontro era quello di giungere a un accordo per abbassare i costi dei servizi sanitari negli Stati Uniti, i più elevati al mondo. Pochi giorni dopo aver firmato gli accordi preliminari, si è saputo che questi stessi gruppi stavano preparando una massiccia campagna pubblicitaria contro le riforme di Obama. Se non altro, questi gruppi stanno difendendo interessi economici chiari. Invece non è per nulla chiaro ciò che difendono i 90 senatori (su un totale di 100) che hanno votato contro la decisione di trasferire i 240 detenuti rimasti a Guantánamo e chiudere il carcere. Questa richiesta di Obama era già stata annullata dalla Camera dei rappresentanti. Da notare che fra coloro che si oppongono a Obama, ci sono centinaia di legislatori che appartengono al suo partito.
I fatti di cui sopra stanno a significare che Obama ha fatto fiasco? No. Si tratta di negoziati in piena fase di sviluppo per i quali Obama presenta enormi possibilità di ottenere ciò che desidera. L’agilità politica di Obama è diventata quasi leggendaria e ha dato mostra di sapere come rispondere agli sgambetti per usare a proprio favore il peso dei propri avversari per poterli vincere (si veda Clinton, Hillary). Obama è un virtuoso nell’uso delle tecniche del ju-jitsu, l’arte marziale giapponese, applicate alla politica. In giapponese, ju-jitsu significa "arte della morbidezza".