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 2009  maggio 27 Mercoledì calendario

IL SINDACO CHE SCOPRI’ LA SPOSA VENDUTA

(+intervista)-

Non ci si va a sposare così, con le scarpe da ginnastica di due numeri più grandi, una camicia bianca stropicciata fuori dai jeans, le unghie mangiate, il sangue sulle dita e neppure un fiore. «Ma io non mi volevo sposare veramente - dice Valeria impegnandosi per non scoppiare a piangere - quel tipo non mi piace neppure. L’ho visto una volta sola in vita mia, prima di venire in Municipio. Mio padre ci ha presentati al bar: Mohammed mi ha offerto un bicchiere d’acqua, non bevo altro. Abbiamo combinato la storia in dieci minuti. Fine. Non conosco neanche il suo cognome». Alle otto di sera Valeria, 22 anni, un piercing verde fluorescente piantato nella cartilagine dell’orecchio sinistro, esce dalla caserma dei carabinieri. Non si può vedere la sua disperazione. Gira in tondo, inciampa, va a sbattere, non sa che fare, tiene in mano la denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che le hanno appena fatto firmare. Ci mette dieci minuti prima di pronunciare una parola.
Non ti piaceva, non lo volevi, ma allora perché hai accettato di sposarti? «Per andarmene da qui - dice seduta su un gradino - non ho amici, non trovo lavoro, mia madre mi odia. Non ci torno a casa». Valeria aveva un sogno da 500 euro.
Ho conosciuto una ragazza su Facebook che si chiama Martina. Abita in Sardegna, vicino a Cagliari, è gentile, volevo passare l’estate con lei. Mi ha mandato le foto della sua piccola casa di due piani. Allora ho chiesto aiuto a mio padre. E lui mi ha detto che c’era un modo per accontentarmi, solo uno. Dovevo venire in Municipio e comportarmi bene, per questo mi avrebbe dato i soldi». Venduta per mille euro in totale, almeno per quello che ne sapeva lei.
Il matrimonio combinato con Mohammed El Ani, 32 anni, è stato bloccato in tempo, prima delle firme sul registro. Il sindaco di Poirino, Sergio Tamagnone, si è accorto che la scena era strana. Molto strana. Alle quattro di ieri pomeriggio si sono presentati senza un sorriso e neppure una macchina fotografica. Valeria, Mohammed, il padre di lei e due amici marocchini di lui: i testimoni. Tutti avevano fretta. Valeria si ostinava a guardare il pavimento in silenzio e si massacrava le unghie. Il padre non la mollava per un attimo, incollato come un cane da guardia. Nessun bagliore di allegria nella sala più grande del Municipio. Con una scusa, i messi comunali sono riusciti a fare allontanare la sposa per un attimo. Non è stato difficile scoprire la verità. Valeria è crollata alla prima domanda: «Veramente io non conosco quest’uomo - ha detto - l’ho visto una volta sola in vita mia». Allora hanno chiamato i carabinieri.
La famiglia di Valeria abita in una casa scalcinata nel centro del paese, davanti c’è una piccola aia. Due cani aggressivi, quattro gatti randagi, l’unico bagno in vista fuori, un odore acre che ti sbatte in faccia prima di arrivare alla porta. Una famiglia conosciuta dai servizi sociali. Spesso i genitori non riescono a pagare l’affitto al Comune. La madre sta quasi sempre a casa. La sorella maggiore studia da operatrice sanitaria. Il padre lavora come catramista, ma in passato ha collezionato quelli che i carabinieri definiscono «precedenti specifici». In buona sostanza: aveva una ditta fittizia e assumeva immigrati irregolari. Offriva permessi di soggiorno in cambio di denaro. Un esperto del ramo, in qualche modo.
Ed è asfaltando strade, dieci giorni fa, che il padre di Valeria ha conosciuto Mohammed. «Vuoi fare un affare?», gli ha proposto. Mille euro per sua figlia. Un affare reciproco. Il matrimonio doveva passare inosservato, misto come ce ne sono tanti. Uno su due, ieri sera, nelle pubblicazione affisse davanti all’ingresso del Municipio di Poirino. Ma il piano è andato storto, la sposa non ha retto. Adesso Mohammed e il padre di Valeria sono in entrambi in carcere. Arrestati, ieri sera alle dieci, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Era un piano derelitto. Ma forse non il male peggiore, per Valeria. «Mia madre mi picchia, mi detesta, dice che non combino niente di buono. Per lei sono una nullità. Almeno mio padre voleva aiutarmi. Cinquecento euro a me, cinquecento euro a lui. Ma io gli avevo detto subito che con quel ragazzo non ci volevo stare veramente, questo era chiaro. Neanche una notte».
Accettava di sposarsi pur di essere libera, quella libertà che ti puoi comprare con 500 euro: «Avevo già scelto il volo per Cagliari. Non ho mai preso l’aereo in vita». Domanda: hai dei soldi per cena? «Neanche un euro».
Valeria ama il cantante Marco Carta, lo tiene sullo schermo del telefonino senza credito. Ha studiato tre anni di informatica prima di mollare, guarda molta televisione, non ha mai avuto un fidanzato e continua a sognare la Sardegna: «Qui non ci posso stare, è un inferno». Si alza di scatto, cammina e giura: «Ho mandato il curriculum, ho bussato alle porte di tutti i negozi di questo paese. Dicono che non hanno bisogno di me».
Nessun lieto fine. Del promesso sposo si hanno poche notizie, precedenti per spaccio, ultimo domicilio certo in corso Palermo a Torino. La madre di Valeria, alle nove di sera, lo ammette candidamente: «L’ho picchiata, è vero. Quando ho saputo quello che era successo ho perso la testa. Sposarsi con uno sconosciuto: ma si rende conto? succube di suo padre, quel delinquente. Vada dove vuole». I cani abbaiano nell’aia, ognuno dorme per conto suo.



«Non sapeva nemmeno il nome del marito»-

Sergio Tamagnone, sindaco di Poirino, non è sorpreso: «Quando i carabinieri hanno caricato in macchina lo sposo e il padre della sposa, sono arrivate le prime voci».
E che dicevano?
«Un matrimonio d’interesse. Tutto combinato: lui si becca la cittadinanza, loro soldi».
Ci racconti com’è andata...
«Dovevano sposarsi alle 16. Mi hanno chiamato dicendomi di non farmi vedere, che c’era qualcosa di strano. Ho finto di avere avuto un contrattempo, e di non essere ancora tornato in città».
Che cosa vi ha insospettito?
«Tanti aspetti. La ragazza e suo padre sono conosciuti. Stupiva che non fosse presente la mamma, lei sembrava tenuta d’occhio. Poi quando si è confidata con una nostra funzionaria, i sospetti sono diventati concreti».
Come avete fatto ad allontanarla dagli altri?
«Prima, per distrarli, i miei dipendenti hanno consegnato alla coppia dei moduli da compilare. In realtà erano delle semplici schede da riempire con i dati anagrafici. Poi abbiamo detto che volevamo regalarle una rosa, visto che nessuno aveva portato dei fiori».
E che è successo?
«Lei è entrata in municipio, la dottoressa ha iniziato a farle qualche domanda. Nulla di diretto, ma le solite battute che due donne si possono scambiare alla vigilia di un matrimonio. Se era felice, come si erano incontrati. La ragazza non si è sbottonata troppo ma quel tanto è bastato per capire che lei del marocchino conosceva appena il nome. Era un conoscente del padre. Punto».

(Federico Genta)