Riccardo Varvelli, La Stampa 27/5/2009, 27 maggio 2009
Abbiamo petrolio ancora per 40 anni. L’affermazione viene spesso citata e anche ripresa dalle riviste «scientifiche»
Abbiamo petrolio ancora per 40 anni. L’affermazione viene spesso citata e anche ripresa dalle riviste «scientifiche». Se c’è qualcosa di vero, significherebbe che intorno al 2050 mezzo mondo dovrà fermarsi, a meno che non si trovino delle alternative. La colpa (o il merito) di questa minacciosa previsione va a un indicatore utilizzato da oltre un secolo dall’industria petrolifera (e quindi da gente esperta): l’indicatore R/P. Non è altro che il rapporto tra le riserve petrolifere (R) e la produzione petrolifera (P). C’è un R/P mondiale, un R/P per ogni Stato produttore e anche un R/P per ogni giacimento. R si misura in barili e P si misura in barili prodotti all’anno: quindi R/P si misura in anni. Nel 2007 (manca ancora il dato del 2008) il rapporto R/P mondiale è stato di 39 anni. Nel 2006 era stato di 38 anni, come all’inizio di questo secolo e come a metà del secolo scorso. Da decine di anni, dunque, il rapporto è sempre quello: intorno ai 40 anni. Se da tanto tempo vale lo stesso numero e di petrolio ce n’è sempre, qualcosa nell’interpretazione non funziona. Per capirne le ragioni bisogna riprendere i singoli fattori e rileggerli. Le riserve petrolifere (R) si dividono in tre categorie: quelle possibili, quelle probabili e quelle accertate. Nel calcolo di R/P si tiene conto solo di queste ultime. Se si dovesse tener conto delle possibili e delle probabili, il valore di R aumenterebbe del 60% circa. Inoltre, R viene definito come «la quantità di petrolio che può essere estratta con le tecnologie note al momento da un giacimento alle condizioni del prezzo di mercato». Se il prezzo del petrolio aumenta normalmente, le riserve aumentano (i giacimenti delle sabbie bituminose dell’Athabaska in Canada sono sfruttabili solo se il prezzo del petrolio è superiore ai 60 dollari al barile). Se il prezzo diminuisce, R normalmente diminuisce. Inoltre, il valore iniziale di R di un giacimento tende ad aumentare grazie all’innovazione tecnologica di sfruttamento del giacimento stesso. Le riserve del più grande al mondo, quello di Ghawar in Arabia Saudita, sono raddoppiate grazie a innovativi criteri di estrazione. Nel calcolo del coefficiente R/P, quindi, il fattore P viene definito come «la produzione realizzata al momento del calcolo del rapporto R/P». Ma la produzione può variare enormemente nel futuro e quindi far cambiare R/P in modo significativo. Negli Anni 90 del secolo scorso, quando la produzione irachena era di 200 milioni di barili/anno, il valore dell’R/P iracheno era di 470 anni, perché con la guerra la produzione si era quasi azzerata (mentre le riserve dichiarate all’epoca rimanevano costanti ed a valore molto elevato). Oggi con la ripresa della produzione a valori intorno ai 700 milioni di barili/anno, il rapporto R/P iracheno è sceso a 170 anni, rimanendo comunque il più elevato fra tutti gli Stati produttori di petrolio al mondo. In un lontano futuro, tra 40-60 anni, il rapporto R/P mondiale rimarrà pressoché costante ancora intorno ai 40 anni. A quella data, è sicuro, si troverà sempre meno petrolio, ma si ridurrà anche il consumo, perché altre fonti energetiche lo sostituiranno (il gas naturale in primis). In un futuro più prossimo (10-20 anni) il rapporto R/P rimarrà quello attuale, ma per altre ragioni: aumenterà ancora il consumo mondiale di petrolio, fino a 40 miliardi circa di barili all’anno (contro gli attuali 30), ma aumenteranno ulteriormente le attuali riserve (pari a 1166 miliardi di barili) grazie a tre ragioni: l’individuazione di nuovi giacimenti (nel Mar Glaciale Artico nella Siberia orientale, in Cina, nel Centro Asia e ancora in Arabia Saudita e nel mare profondo); l’utilizzo di nuove tecnologie di estrazione dagli attuali giacimenti; la messa in produzione dei giacimenti già noti del cosiddetto «olio pesante» e cioè del petrolio molto denso o allo stato solido (nell’Athabaska in Canada, nel Bacino dell’Orinoco in Venezuela, in Congo e in Russia). E ancora, tra 10-20 anni, giornali e televisioni dichiareranno minacciosamente: «Il mondo ha petrolio soltanto per 40 anni!».