Bruno Tinti, La stampa 27/5/2009, 27 maggio 2009
LA ROULETTE DEI MAGISTRATI
I magistrati che compongono il Consiglio superiore della magistratura saranno estratti a sorte. Lo propone il sottosegretario Caliendo: si debbono sorteggiare 100 magistrati; tra questi se ne eleggeranno 16. Così s’impedirà alle correnti di impadronirsi del Csm. Si tratta dell’ennesimo tentativo di controllare i giudici? O è una proposta seria? Dice la Costituzione (art. 105) che al Csm competono assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari. Perché i magistrati sono (art. 104) autonomi e indipendenti «da ogni altro potere»; e, per garantire questa indipendenza, essi sono inamovibili (art. 107): solo il Csm può rimuoverli, sospenderli, trasferirli (per ragioni disciplinari o di carriera). E siccome il Csm è composto per due terzi da magistrati, l’altro terzo è di nomina politica, l’indipendenza della magistratura è stata assicurata.
C’è un problema: il sindacato dei giudici (Anm) è diviso in «correnti». Sono 4: Magistratura Democratica, Magistratura Indipendente, Movimento, Unità per la Costituzione. Associazioni nate per affinità culturali, per la verità più apparenti che reali: tutte concordi sulla necessità di difendere l’autonomia e l’indipendenza dei giudici, spesso in polemica su questioni marginali. Il loro sostanziale accordo è provato dal fatto che, nelle periodiche elezioni per gli organi direttivi dell’Anm, ogni corrente fa propaganda per sé, in polemica con le altre. Poi però si mettono d’accordo per mandarci componenti in numero eguale per ognuna. Un po’ come se Berlusconi, vinte le elezioni, chiamasse al governo ministri provenienti da ogni partito e in numero paritario. C’è di peggio: ogni 4 o 5 anni ci sono le elezioni del Csm e riparte la lotta fra le correnti: ognuna forma proprie liste con un numero di candidati pari ai posti disponibili. L’esito dipende dalla forza delle correnti: quella che conta più aderenti riesce a farne eleggere 6 o 7, le altre si spartiscono i residui 9, 10 posti. Un giudice che non appartiene a nessuna corrente si scorda di essere eletto: anche se tutti quelli che lavorano con lui e lo stimano (in un grande Tribunale, 200 o 300 persone) volessero votarlo, la più piccola delle correnti riuscirebbe sempre a totalizzare, per il suo candidato, un numero di voti superiore.
I magistrati che vanno al Csm appartengono tutti a qualche corrente. Ma non basta: come scelgono, le correnti, i magistrati da mandare al Csm? In genere ci vanno il segretario regionale, quello nazionale, quello che ha fatto parte della Giunta, quello che si è dato da fare nelle precedenti elezioni, insomma gli attivisti, quelli che contano nella corrente o gli amici di quelli che contano. Non ci sono elezioni primarie, non ci sono consultazioni (se non formali): è una designazione. Proprio come in Parlamento. Quali le conseguenze di questo sistema? Due, drammatiche per la credibilità della magistratura. La prima: si creano carriere privilegiate. I «correntisti» passano da un incarico all’altro: incarichi di vertice nell’Anm, Csm, organismi internazionali, alla peggio posti in sedi comode e ambite. La seconda: a ogni nomina di capi di ufficio le correnti si scatenano. Far nominare il proprio aderente è imperativo: si tratta di dimostrare la propria forza in modo da indurre tanti altri magistrati ad arruolarsi. Si crea così un circolo perverso: i magistrati aderiscono alla corrente sperando in un appoggio nei momenti chiave della loro carriera (anche in quelli disciplinari); ed essa si fortifica quanto più dimostra di appoggiarli con successo.
Così, quasi sempre, l’effettiva capacità professionale dei magistrati è valutata certamente quando nessun aspirante è «correntizio»; o quando il «correntizio» è di capacità professionale indiscussa. Negli altri casi la logica «correntizia» in genere prevale. La prova sta negli annullamenti delle decisioni del Csm fatti dal Tar. Perché è ovvio che nomine fondate su logiche «correntizie» difficilmente possono rispettare i criteri imposti dalla legge; e il Tar ha detto che in alcuni casi il Csm ha violato la legge. Adesso il sorteggio. Non è il massimo, ci sono anche profili costituzionali da salvaguardare (i magistrati del Csm vanno «eletti»). Però si deve pur arginare la deriva provocata dalle correnti, spezzare questo vincolo perverso che orienta le decisioni del Csm in modo clientelare. E poi il sorteggio non è così irragionevole come i «correntizi» lo dipingono. Ogni giudice, ogni giorno, prende decisioni importanti, spesso vitali: infligge ergastoli, affida i bambini a questo o a quel coniuge, stabilisce se un’azienda deve o non deve fallire. E vi sembra che quello stesso giudice, se sorteggiato per il Csm, non possa decidere chi deve fare il presidente del Tribunale di Roncofritto o il procuratore della Repubblica di Poggio Belsito?