Cinzia Sasso, la Repubblica 27/5/2009, 27 maggio 2009
DONNE CHE ODIANO LE DONNE
Eva contro Eva. Descritta da uno studio americano, riproposta da un volume appena ristampato, «Donna contro donna» dell´americana Chesler Phyllis, l´ultima frontiera del mobbing sta nella metà del cielo che da una parte lotta insieme per guadagnare un posto al sole nel mondo ancora governato dagli uomini.
Il 70% delle donne vessate dalle loro superiori
L´arma preferita è il pettegolezzo. "La solidarietà femminile? Una fandonia". La Melandri: rifarsi sul più debole è una legge immutabile
E dall´altra si fa una guerra feroce perché in quel posto non ci vada un´altra. Raccontata dal New York Times, l´ultima ricerca del Workplace Bullying Institute, ha messo in subbuglio il politically correct che sembrava dominare l´era Obama e ha risvegliato le coscienze delle femministe: studiando le molestie sul lavoro, dati alla mano, l´istituto di ricerca ha concluso che il 40% dei responsabili di mobbing sono donne, ma soprattutto ha scoperto che quando tocca a loro, le donne mobbizzano nel 70% dei casi altre donne. Eva contro Eva, appunto.
Ed ecco che è appena tornato nelle librerie d´America, ristampato sette anni dopo la burrascosa prima uscita, «Woman´s Inhumanity to Woman», che in italiano aveva un sottotitolo eloquente: «Rivalità, invidia e cattiverie nel mondo femminile». Un libro scritto da una femminista, che aveva provocato feroci polemiche proprio tra le femministe e che invece oggi, sulla Washington Post, viene accolto come una bella notizia: «Vedere le donne comportarsi come gli uomini non è né più né meno che riconoscere che le donne sono esseri umani». Che somiglia un po´ a quel che dice Lea Melandri, la testimone più lucida del movimento delle donne degli anni ”70: «Non mi meraviglia affatto, quella di rifarsi sul più debole è una legge fisica immutabile, capitata agli schiavi di tutto il mondo».
Che il mobbing sia una questione che ha molto a che fare con il genere è coscienza diffusa: Linda Laura Sabbadini, direttore dell´Istat, racconta di aver appena concluso un´indagine sui soprusi nel mondo del lavoro commissionata dal Ministero delle Pari Opportunità. L´intento, è evidente, era quello di capire se le donne siano vittime più degli uomini; la sorpresa, però, potrebbe stare proprio in questa sfaccettatura. Che del resto non è del tutto nuova. Antonio Vento, professore a La Sapienza di Roma, sta per mandare in libreria un saggio sul «mobbing sociale», cioè sui conflitti tra gruppi sociali simili, e ha dedicato un capitolo alle donne: «Prima - dice - si pensava che le donne venissero molestate dagli uomini; oggi appare chiaro che nelle aziende la conflittualità più pesante è tra donne perché si scatena una lotta di potere interna alla propria categoria».
E la solidarietà femminile, la sorellanza di fronte a un nemico comune? «Fandonie - risponde Daniela Cantisani, avvocato, che ha fondato l´Apem, Associazione periti ed esperti di mobbing - la maggioranza dei miei casi riguardano donne vittime di altre donne. Aggrediscono con il pettegolezzo, ingiurie, diffamazioni, utilizzano fatti della vita privata per screditare». E conclude: «Condividere lo stesso ufficio con una donna è spesso un inferno». Che L. T., psicologa che lavora al Comune di Milano, racconta solo oggi, dopo un periodo di analisi, senza che sgorghino le lacrime: «Io e lei eravamo amiche al punto che quando è nata mia figlia è venuta in ospedale a trovarmi; poi quando è diventata la mia capa, sono entrata in un tunnel. Faceva errori e li scaricava su di me; si comportava come un kapò, bisognava obbedire e tacere. Sono stati tredici anni di persecuzione, non dormivo più, non riuscivo a mangiare, sono stata costretta a chiedere il trasferimento».
«La maternità - afferma Harolh Ege, che a Bologna ha fondato Prima, associazione nata per dare un aiuto professionale alle vittime del mobbing - è il caso più tipico: quando una donna si permette di avere un figlio, dopo deve pagarla. Soprattutto se il suo capo è una donna che di figli non ne ha avuti». Non si stupisce dei dati nemmeno Susanna Camusso, segretaria della Cgil: «La logica è quella della guerra tra poveri, è chiaro che è più facile mobbizzare posizione deboli che posizioni forti». Dall´America Catalyst, l´istituto non profit che si batte per superare le differenze di genere, prova se non ad assolvere, a giustificare «le cattive»: «Le donne sbagliano qualsiasi cosa facciano: se lo stile di leadership è corretto sono considerate troppo deboli, se copiano gli uomini sono giudicate troppo dure». La strada per trovare «le magiche chiavi del potere», insomma, è ancora lunga.