Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  maggio 27 Mercoledì calendario

La nuova figura del disoccupato: 35-54 anni, del Centro-Nord - Uomo, età com­presa fra i 35 e i 54 anni, resi­dente al Centro-Nord, diplo­mato, ex lavoratore stabile nel settore dell’industria, ca­po famiglia e quindi con più di una bocca da sfamare

La nuova figura del disoccupato: 35-54 anni, del Centro-Nord - Uomo, età com­presa fra i 35 e i 54 anni, resi­dente al Centro-Nord, diplo­mato, ex lavoratore stabile nel settore dell’industria, ca­po famiglia e quindi con più di una bocca da sfamare. Il «nuovo disoccupato» ha anco­ra più paura di quello vec­chio. Perché non appartiene alla categoria dei sempre de­boli come i precari, le donne, o i giovani del Sud. No, pensa­va di avercela fatta il «nuovo disoccupato», di essersi rita­gliato un angolino tranquillo nella giungla del capitalismo: vive nella parte più ricca del Paese, è nel pieno dell’età la­vorativa, ha pure conquistato un contratto a tempo indeter­minato. E invece eccolo qui, di nuovo a cercar un posto quando l’età non aiuta e il Pil ancora meno. Effetto della cri­si, secondo il Rapporto 2008 dell’Istat che scatta la stessa fotografia da angolazioni di­verse. Quasi sempre con lo stesso, preoccupante, risulta­to. Nel 2008 la crescita dei di­soccupati (186 mila persone in più) ha superato quella de­gli occupati, più 183 mila. Non succedeva dal 1995. Il nu­mero delle famiglie che non ha nemmeno un occupato ha sfondato la soglia del mezzo milione, passando da 464 mi­la a 531 mila. Di famiglie ce ne sono altre 617 mila che vi­vono con un solo reddito part time, più o meno 700 euro al mese. Ma per capire davvero cosa sta succedendo bisogna scen­dere più in profondità. Sale il numero dei disoccupati ma, soprattutto, cambia il motivo della disoccupazione. Rispet­to all’anno precedente sono sì aumentati (più 13,8%) i lavo­ratori rimasti a spasso per il mancato rinnovo di un con­tratto a termine. Ma la cresci­ta è molto più consistente (più 32%) per chi aveva un contratto a tempo indetermi­nato ed è stato licenziato. Co­me risultato il tasso d’occupa­zione nella categoria padri, spesso gli unici a portare a ca­sa lo stipendio, è sceso dal­l’ 83,3 all’82,7 per cento. E an­che chi un lavoro ce l’ha anco­ra sta peggio di prima: sem­pre fra i padri aumentano i contratti part time (+17 mila) e crollano quelli a tempo inde­terminato, meno 107 mila. Va meglio per le madri, con un tasso d’occupazione infinita­mente più basso ma in legge­ro recupero, dal 49,5 al 50,4%, e solo grazie all’aumento del part time. La disoccupazione sale anche tra gli stranieri che vivono regolarmente nel no­stro Paese: i senza lavoro so­no 162 mila, il 10% del totale contro il 6,1% del 2005. Nuvoloni che oscurano un cielo già tendente al brutto. I dati sulla situazione economi­ca delle famiglie erano stati raccolti dall’Istat alla fine del 2007, cioè prima dell’arrivo della crisi. Già allora una fami­glia italiana su cinque era in difficoltà: il 10,4 per cento non era in grado di affrontare una spesa imprevista di 700 euro, il 5,5% si era trovato al­meno una volta senza soldi per comprare da mangiare o per pagare il medico. Mentre il 6,3 per cento aveva difficol­tà a pagare le bollette, arrivan­do a rinunciare persino al ri­scaldamento di casa. Almeno prima della crisi, invece, il re­sto delle famiglie italiane se la passava non male: il 36,3% in condizioni di «relativo benes­sere », il 41,5% con «livelli ine­sistenti o minimi di disagio economico». Come ogni anno, i dati Istat diventano terreno di scontro per la politica. «La crescita del­la disoccupazione, del disagio sociale, della povertà: a fronte di questo grande fenomeno – dice Massimo D’Alema per il Pd – abbiamo un presiden­te del Consiglio che nega la re­altà della crisi e non fa nulla». Gli risponde il ministro del Welfare Maurizio Sacconi: «Bi­sogna sostenere soprattutto chi ha responsabilità familiari e aiutare chi, uscendo dal rap­porto di lavoro, potrebbe non trovarne un altro vista l’età. E questa è una delle priorità che ci siamo dati».