Anna Meldolesi, Il Riformista 26/05/2009, 26 maggio 2009
José Saramago, per sua stessa ammissione, non sa niente di virus influenzali. Ma la "gripe suína" tira e anche il Nobel per la letteratura ha voluto dire la sua
José Saramago, per sua stessa ammissione, non sa niente di virus influenzali. Ma la "gripe suína" tira e anche il Nobel per la letteratura ha voluto dire la sua. Ha scelto una fonte, pessima, e l’ha copiata integralmente. Quindi è stato costretto a scusarsi. Ma il bello deve ancora arrivare: Repubblica non se n’è accorta e ci ha riproposto pari pari il testo incriminato sulla prima pagina di ieri. Titolo: "Quando le pandemie sono figlie del business". Firmato José Saramago. Si tratta di una filippica contro l’allevamento industriale, di genere petriniano, condita con citazioni scientifiche opportunamente selezionate per puntellare la tesi. Una volta scoperto il copia-incolla l’incipit suona come una confessione: «Non conosco niente sull’argomento e l’esperienza diretta di aver convissuto durante l’infanzia con i maiali non mi serve a niente. Quella era più che altro una famiglia ibrida di umani e animali. Ma leggo con attenzione i giornali, ascolto e vedo i reportage della radio e della televisione, e alcune provvidenziali letture mi hanno aiutato a capire meglio i particolari delle cause all’origine dell’annunciata pandemia». La premessa è disarmante ed è anche l’unica parte originale del testo, che era stato postato in due puntate sul blog di Saramago il 29 e il 30 aprile prima di essere riproposto con quasi un mese di ritardo dal giornale italiano. E le successive tremila e passa battute da dove vengono? Lo scrittore portoghese le ha prese di peso da un’unica fonte non dichiarata: un articolo di Mike Davis pubblicato il 27 aprile dal Guardian. Le scuse di Saramago per la mancata citazione sono arrivate il 7 maggio, con una nota aggiunta in coda al primo post che, chissà come, è sfuggita a Repubblica. Ma almeno valeva la pena di calpestare il diritto d’autore? Cosa ha scritto di tanto interessante Davis, da convincere Saramago a copiarlo e Repubblica a ripubblicarlo? Davis insegna storia a Irvine e si autodefinisce un marxista-ambientalista. convinto che per comprendere le origini dell’incombente pandemia influenzale si debba partire dalla «catastrofe planetaria dell’allevamento industrializzato ed ecologicamente irresponsabile» oltre che dalla «morsa applicata dalle grandi multinazionali farmaceutiche». Le stesse che Ettori Livini, in un altro pezzo uscito ieri su Repubblica, chiama con disprezzo "Virus Spa". Per dimostrare la sua tesi, comunque, Davis alias Saramago cita un articolo pubblicato sei anni fa da Science sulla rapida evoluzione dei ceppi dell’influenza suina in Nord America. Questo articolo riconosce che l’alta concentrazione di capi tipica dell’allevamento industriale fornisce ai virus influenzali grandi chance dal punto di vista evolutivo, ma aggiunge anche considerazioni che per un marxista-ambientalista è comodo tacere. Gran parte degli animali degli allevamenti industriali infatti vengono vaccinati contro l’influenza. Questo può favorire i virus mutanti, ma nel complesso i benefici per l’uomo sono di gran lunga superiori rispetto agli effetti indesiderati. «Riducendo la presenza complessiva dei virus nei maiali - spiega il virologo Richard Webby - diminuiscono le probabilità di trasmissione interspecifica», ovvero dagli animali a noi. sempre Science a spiegare che l’alternativa delle piccole fattorie è tutt’altro che idilliaca. I maiali allevati all’aperto, infatti, sono esposti agli escrementi degli uccelli migratori, che possono contenere virus pericolosi. Davis e il suo copista però preferiscono descrivere inquietanti complotti da parte delle «corporazioni dell’allevamento» per insabbiare le colpe dell’agricoltura industrializzata. Se leggessero davvero Science, saprebbero che al momento non esistono prove che il contagio con H1N1 sia partito dall’allevamento di Veracruz. Apprenderebbero anche che non si può escludere che il virus si sia originato in Asia. Gli unici a pretendere di aver capito tutto, insomma, sono proprio quelli che ammettono di non sapere nulla.