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 2009  maggio 26 Martedì calendario

«Beh, non è del tutto vero che l’Italia sia ri­masta fuori dai premi di Can­nes: c’è un’attrice che ha ’vin­to’ la Palma d’oro con il film di Haneke: sono io

«Beh, non è del tutto vero che l’Italia sia ri­masta fuori dai premi di Can­nes: c’è un’attrice che ha ’vin­to’ la Palma d’oro con il film di Haneke: sono io...»: Sara Schivazappa lo dice così, sen­za spocchia e con un filo di ti­midezza nella voce, telefonan­do in redazione pochi minuti dopo la cerimonia di premia­zione del festival. «Per favore, potreste segnalarlo?». Una ve­loce verifica per scoprire che non sia lo scherzo di qualche buontempone e il gioco è fat­to. Romana di quasi 34 anni, una carriera da quasi-perfetta sconosciuta alle spalle fatta di qualche spot, tv (un episodio dei «Cesaroni») e un po’ di buon teatro; praticamente al suo primo film ha mes­so in curriculum un peso massimo: grazie alla pic­cola parte in Il nastro bianco – è la bambina­ia italiana di una fami­glia di un villaggio della campagna prussiana nel 1913 e le sue battute si contano sulle dita di una mano – può vantarsi di aver vinto uno dei più im­portanti premi cinematografi­ci del mondo. Come ha fatto? « stato co­me in un film di Frank Capra. Ho partecipato a un casting internazionale a Roma. Non sapevo nemmeno per quale film fosse. Una settimana do­po mi chiamano per fare un secondo provino, questa vol­ta però sulla parte, con le bat­tute. Ovviamente mi dicono che è per Haneke, ovviamen­te io sono terrorizzata. Ma evi­dentemente vado alla grande, perché una decina di giorni dopo richiamano per comuni­carmi che il maestro austria­co mi ha scelto. E dire che al­l’inizio cercava una donna molto più anziana e dalle for­me abbondanti, una vera ’Frau’ ...». Da lì è tutto in discesa. O quasi. In agosto Sara va nella campagna del nord della Ger­mania, vicino ad Amburgo, per girare le sue scene. Una settimana di riprese, con l’in­cubo Haneke da affrontare di persona: «Mi avevano detto di stare attenta, che era un or­co. Per niente vero. un gran­dissimo professionista, quasi maniacale nella cura di ogni singolo ciak. Ma è anche uno che si alza dal tavolo dove sta pranzando per darti il benve­nuto sul set e dirti che è un piacere conoscerti... Lo so, sembro la protagonista di una favola, e forse lo sono davvero. Però si è lavorato du­rissimo: Haneke è stato capa­ce di rifare dodici volte l’usci­ta di scena di una donna in bi­cicletta perché non era soddi­sfatto della pedalata». Per continuare con la fa­vola, Schivazappa raccon­ta i rapporti con il resto del cast («Ottimi, d’al­tronde erano un po’ co­me me, giovani attori di teatro, sconosciuti al ci­nema. Non se la ’tirava’ nessuno»). Nessun pro­blema nemmeno con la lin­gua: Sara parla benissimo in­glese e francese e con Haneke ha usato la lingua di Molière. E ora, cosa farà? «Doppiag­gio, poi teatro con la messin­scena di Chi ha paura di Virgi­nia Wolf? e un sogno nel cas­setto: trovare ancora porte che si aprono così, come è successo con Haneke. Senza santi in paradiso...».