Giacomo Galeazzi, la Stampa 26/05/2009, 26 maggio 2009
«LA CHIESA NON SI ASPETTA NULLA DA UN PECCATORE»
Da uno che, anche secondo il nuovo codice canonico, è pur sempre un ”peccatore manifesto e impenitente”, la Chiesa non può e non deve attendersi un comportamento edificante». Lo scrittore Vittorio Messori, cattolico ortodosso e unico autore al mondo ad aver pubblicato libri con gli ultimi due pontefici, non si tira indietro dal valutare gli «effetti ecclesiali» del caso Noemi.
Il decreto su Eluana, lo stop alle coppie di fatto (Didore) e alla revisione della legge sull’aborto. Secondo Cossiga, Berlusconi ha fatto molto per la Chiesa che ”preferisce uno sciupafemmine collaborativo ad un devoto monogamo contestatore”. Quindi, ”Ecclesia casta et meretrix”, come diceva Sant’Ambrogio?
«Guardi che quell’ossimoro è un falso, compare una sola volta in tutta la patristica e il cardinale Biffi, grande studioso di Sant’Ambrogio, si imbufalisce quando gli si attribuisce il senso che dà Cossiga. Il problema non si può liquidare così. I peccati di un politico riguardano il suo confessore. La Chiesa è dispensatrice di sacramenti ma è anche un’istituzione che deve confrontarsi con una realtà che non è composta da stinchi di santo».
E quindi?
«In quanto rappresentanti dell’istituzione ecclesiale, il segretario di Stato e il presidente Cei non hanno ruolo di direzione spirituale. Secondo il codice di diritto canonico, Berlusconi è un divorziato risposato, perciò un peccatore manifesto. La Chiesa non può chiedere virtù particolari ad una persona che già di per sé non è in regola con la prospettiva cattolica. E non c’entra che i rapporti Chiesa-governo siano tra i migliori del dopoguerra».
Oltre all’imbarazzo delle gerarchie ecclesiastiche, lo scandalo inciderà sul voto cattolico?
«Non più di tanto. C’è una dicotomia, un’ipocrisia. Berlusconi non è pentito, non vive certamente come fratello e sorella con la seconda moglie, dunque si è posto fuori dalle regole della Chiesa, però Bertone e Bagnasco non hanno facoltà di giudizio sulle vicende private di un governante con cui trattano. La Chiesa ha firmato concordati con Napoleone, Hitler, Mussolini, non proprio cristiani esemplari».
Nel Vangelo è scritto che ”è necessario che gli scandali avvvengano, ma guai ai responsabili”...
«Se la Chiesa giudicasse i vizi privati non potrebbe collaborare come fa con politici dalla vita privata censurabile e condannabile. Il problema è se Berlusconi poi va dal Papa e dice di rappresentare i cattolici. Atteggiamenti di questo genere riguardano la sua privata ipocrisia. Esiste una questione di misura nelle cose. Se Berlusconi bussa alla porta del confessore, il suo caso è esaminato e la Chiesa dà a Dio quel che è di Dio. Come istituzione la Chiesa può chiedere una maggiore coerenza discretamente, in via riservata ad una forza politica che dice di rappresentare i valori cattolici. Però non pubblicamente, altrimenti crea reazioni politiche a catena e incorre nel clericalismo.
Era diverso nella Prima Repubblica?
«Gronchi era tra i fondatori della Dc con De Gasperi eppure non aveva per virtù il ferreo rispetto della fedeltà coniugale e almeno due influenti ministri democristiani furono gay praticanti. Con quel mangiapreti di Craxi la Chiesa ha firmato una revisione del Concordato a proprio favore, eppure attorno a lui non mancavano di certo le veline. Cosa avrebbe dovuto fare? Bloccare la trattativa perché l’interlocutore istituzionale nella vita privata faceva il puttaniere? E si può risalire fino al giovane socialista anarchico Mussolini che addirittura sul palco di un comizio sfidò Dio dandogli cinque minuti per dimostrare la sua esistenza fulminandolo. Eppure nel ”29 è stato il firmatario dei patti Lateranensi, uno degli eventi decisivi per la Chiesa dei nostri tempi».