Gianluca Agata, Il Riformista 26/05/2009, 26 maggio 2009
SPORT E SPONSOR, SE MANCA LA CREATIVITA’
Creatività. la parola d’ordine sulla quale lo sport italiano deve investire per aumentare il suo appeal nei confronti delle aziende, grandi e piccole che siano. Quarant’anni fa il ciclista Antonio Maspes, in diretta televisiva, inventò un surplace di 23 minuti sulla pista del velodromo Vigorelli di Milano per far inquadrare il marchio Ignis stampato sul parquet e sulla sua maglia, ricevendo in cambio dell’eccezionale visibilità un premio di un milione di lire. Se il genio di Maspes oggi fosse al servizio del Milan, dell’Inter, piuttosto che dell’Olimpia Milano o del Treviso di rugby e volley, sarebbe pagato a peso d’oro perché è quello di cui le società sportive italiane hanno tremendamente bisogno e non se ne rendono conto.
La carenza di progettualità e creatività nelle società italiane è uno dei risultati ai quali è giunta la ricerca "Sponsor tra passato e futuro - Tendenze, novità e certezze nelle sponsorizzazioni sportive in Italia" realizzato dallo Studio Ghiretti specialista in marketing e comunicazione applicati allo sport. Centotrentotto le società sportive prese in esame, tutte quelle delle prime due serie di calcio, basket, rugby e volley. La ricerca ha individuato e analizzato le tre tendenze principali in atto nel mondo delle sponsorizzazioni sportive: il frazionamento nel numero di sponsor, il cambiamento del settore merceologico, la localizzazione nella scelta della società sponsorizzata. «Oggi - spiega Roberto Ghiretti, presidente dello Studio - le aziende che sponsorizzano sono sempre più numerose ma anche sempre più localizzate, legate al territorio di appartenenza. Lo sport è un ottimo strumento per il radicamento territoriale delle aziende. Una volta grossi gruppi del nord affiancavano squadre di luoghi molto lontani, ora non è più così. In quest’ottica il futuro è sempre più legato alla passione, chiaramente molto localizzata».
La tesi è suffragata dai dati: il 75% delle aziende che sponsorizzano oggi appartengono alla stessa provincia della società sponsorizzata. Venti anni fa era pari al 60.2%. Si sale al 78% per il volley e addirittura all’85% per il rugby. Nel calcio solo il 29% di aziende sono nazionali. Altra tendenza è quella del frazionamento, vale a dire che per mantenere la stessa cifra globale di introiti, con la crisi attuale si devono necessariamente aumentare le aziende partner. La media sulle 138 società è di 35,2 marchi ciascuna. Ciò che sta cambiando abbastanza rapidamente sono le tipologie di sponsor. Se si confrontano le stagioni 81/82 e 88/89 con quelle 98/99 e 08/09, si rileva che il comparto banche e assicurazioni, oggi con una sponsorizzazione su cinque, ha di fatto sostituito i beni di largo consumo che detenevano la leadership. Scomparsi gli elettrodomestici, il food&beverage è in discesa lenta e costante mentre le banche e gli assicurativi stanno riempiendo caselle lasciate libere da altri settori. Ma la crisi economica di questo comparto porterà inevitabilmente a una contrazione delle percentuali lasciando spazio a sponsor storici e molto più localizzati.
Ciò che manca totalmente, fa notare il direttore del centro studi, Fabio Poli, è una strategia di marketing. Le società calcistiche, come del resto le Leghe, sono poco attente a questa voce e non sviluppano il ramo di proposte ad personam rispetto alle aziende. Vale a dire che se un Maometto in crisi (leggi aziende) non va più alla montagna, neanche la montagna cerca Maometto, cullandosi sui tanti soldi garantiti dai diritti tv, e perdendo fette di mercato a vantaggio di cinema, mostre e prodotti culturali in genere. Un esempio? Fare della Lancia Delta una protagonista di Angeli e Demoni è il classico esempio di creatività studiata ad hoc per un’azienda e inserita in un prodotto quale un film. Nel calcio accade sì, ma solo all’estero. E così all’Amsterdam Arena si spende solo con una moneta coniata dall’Ajax, lo stade Francais di rugby vende maglie ispirate a Andy Warhol, quello di calcio personalizza i seggiolini allo stadio e in Germania utilizzano i cartelloni pubblicitari con i led piuttosto che i vecchi rotor. In Italia i dirigenti sono più assorbiti dalle polemiche sugli arbitri che dalla creatività. Ma se prendessero esempio dal vecchio Maspes e dall’assunto di Poli che "lo sport è un emozione capace di creare relazioni" allora scoprirebbero un’autentica miniera d’oro.