F. Fub., Corriere della sera 24/5/2009, 24 maggio 2009
«RISCHI DI NUOVE BOLLE SPECULATIVE» I TIMORI DI BANCHIERI E MINISTRI
Il confronto sulle vie d’uscita dalla crisi al centro dei seminari Aspen di Venezia
VENEZIA – Giulio Tremonti ama paragonare la crisi a un videogioco nel quale uno dopo l’altro spuntano sullo schermo mostri da abbattere. Nella metafora del ministro dell’Economia, l’ultimo di questi ha un aspetto familiare: somiglia tanto a una bolla. Innocua e anzi gradevole, fino al momento in cui esplode.
Proprio il sospetto di veder nascere una nuova «mini-bolla » speculativa sulle rovine del sisma finanziario dell’ultimo anno è affiorato nei due giorni di seminari dell’Aspen Institute Italia chiusi ieri a Venezia. Coperti dalle regole di anonimato del dibattito, ne hanno parlato vari banchieri d’affari e responsabili di politica economica. E fin dall’inizio è parso chiaro che più che di un’ipotesi si tratta di un rischio reale per molti i Paesi avanzati: Italia inclusa, visto che da marzo Piazza Affari è rimbalzata con anche più forza di Parigi o Francoforte, a loro volta salite di oltre il 20%. Hugo Dixon, il celebre analista inglese, vi legge l’effetto dei tassi ufficiali vicini allo zero e delle enormi iniezioni di denaro delle banche centrali: gli istituti privati si finanziano quasi gratis e riversano liquidità sulle Borse ridotte fino a poco fa a prezzi di saldo. Sarà per questo, ma Lorenzo Bini Smaghi della Bce ha finito per notare, tagliente, che nessuno si lamenta più delle minaccia di deflazione.
Il problema è che scorre molto di meno il credito alle imprese, quello che serve per investire e creare posti. Quello, anche, in nome del quale in teoria le banche centrali sono intervenute come mai prima da quando esistono. Pesa sì la caduta dell’export, che paralizza i produttori: il leader della Cgil Guglielmo Epifani, anche lui presente ieri ai seminari dell’Isola di San Clemente a Venezia, stima che un terzo delle imprese italiane non riesca più a vendere all’estero; a questo proposito, il presidente della Bocconi Mario Monti è preoccupato «per i rischi di ritorno del protezionismo». Conta però anche la cautela delle banche. Ieri Alessandro Profumo non ha cercato di abbellire il quadro: «Quasi un’impresa su quattro a cui forniamo credito è in perdita», ha detto.
Quanto a questo l’Italia di oggi è davvero pienamente europea. Philippe Maystadt, presidente della Bei, ha dato la cornice: nell’area euro quasi la metà delle banche è diventata più esosa nel prestare denaro. il bollettino di una recessione in corso
Fonte: Fondo monetario internazionale
nella quale, avverte il numero due del Fmi John Lipsky, «è ancora troppo presto per dire che i rischi sono alle spalle e che la riduzione del debito nel sistema finanziario è già finita. Non lo è affatto».
però il momento giusto per chiedersi come funzioneranno le grandi economie all’uscita dal tunnel, a partire dai Paesi esportatori oggi rimasti senza mercati. Epifani e l’ex premier Giuliano Amato pensano che ora l’Italia debba sostenere i consumi delle famiglie. Per Tremonti invece «la caduta del commercio internazionale non è così drammatica da obbligarci a ridisegnare la società».
D’ARCO
Su un punto invece tutti, italiani e non, ieri erano d’accordo: gli Stati sono rientrati nell’economia e ora non se ne andranno tanto facilmente. Non ci riuscirebbero neanche se volessero. Nota Bernardo Bortolotti della Fondazione Mattei che i proventi delle privatizzazioni in tutto il mondo dal ”70 a oggi «valgono meno degli interventi pubblici dell’ultimo anno». E che i governi vogliano mollare la presa, non è detto: «Non siamo solo in una recessione, siamo in una trasformazione – ha commentato l’ex capo del Fmi Rodrigo Rato – la logica del capitalismo è tornata in gioco».