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 2009  maggio 23 Sabato calendario

« STATA SOLO UN’INCOMPRENSIONE»


Le critiche, così come l’attenzione da parte dei lettori, sono sempre utili per un giornale. E Giovanni Maria Vian, direttore responsabile de L’Osservatore Romano, lo sa bene. Certo a volte i toni possono essere limati, così come è opportuno poter rispondere con calma e precisione ad accuse che possono nascere da incomprensioni e distanza. In una conversazione con liberal, il direttore Vian - galantuomo di straordinaria cultura - risponde al teologo americano Michael Novak, che ritiene "troppo distante" il giornale del Papa dai fedeli e dall’episcopato statunitense.



Direttore, come risponde alle accuse che vogliono il suo giornale lontano dai cattolici americani?



Sono lieto di poter riprendere, sia pure a distanza, il colloquio con Michael Novak, che è stato così gentile da venire a trovarmi dopo il mio insediamento come direttore de L’Osservatore Romano. Così come sono lieto che il giornale sia osservato con tanta attenzione, un segno sempre positivo per un organo di informazione. E sarei felice anche di continuare questo rapporto amichevole. Mi domando tuttavia, dal tono dell’intervento di Novak, se davvero abbia potuto seguire il modo in cui L’Osservatore sta informando sugli Stati Uniti e sulle questioni etiche che vi si agitano, che sono di primaria importanza, o se non dipenda da notizie di agenzia brevi e non di rado strumentali. Il giornale vaticano ha sempre riservato una grandissima attenzione per questo grande Paese e per la sua Chiesa cattolica, molto vivace e per tanti motivi importantissima nel cattolicesimo mondiale. Novak dice che il giornale "dimostra poca conoscenza del contesto americano": certo, lui conosce l’America meglio di noi, che qui al quotidiano siamo tutti italiani, però lo stesso Novak sembra non essere al corrente di come L’Osservatore Romano informi con regolarità sulle prese di posizione dell’episcopato statunitense, addirittura dei singoli vescovi. Come nell’edizione di ieri, dove nelle informazioni religiose internazionali diamo conto delle critiche dell’arcivescovo di Denver proprio sulle questioni dell’aborto. Addirittura, alla fine, Novak conclude con delle frasi molto forti. Dice che L’Osservatore è vicino agli abortisti e lontano dai fedeli americani: toni che francamente mi sembrano esagerati. Fa un po’ sorridere pensare che il giornale del Papa sia diventato filo-abortista: come ho più volte ricordato - anche su liberal, e proprio a commento di un articolo di Novak [v. liberal del 27 febbraio, la questione etica e l’aborto negli Stati Uniti ndr] - la Chiesa cattolica è da sempre fermamente contraria all’aborto. Non soltanto per motivi religiosi, ma anche per motivi umani: il rispetto dovuto a ogni forma di vita, dal suo inizio naturale alla usa fine, è infatti una legge iscritta nel cuore di ogni persona. Presentare il giornale del Papa come tiepido o poco attento su questi temi fa proprio sorridere.



Possiamo parlare quindi di un’incomprensione?



Credo di sì. Novak parla della nostra poca conoscenza del mondo americano, che io attribuisco alla distanza. Ma preoccupa che il giornale vaticano venga utilizzato per dividere i cattolici: se si vuole presentare uno scenario in cui L’Osservatore Romano è lontano dalle posizione dei vescovi statunitensi, si tratta di una strumentalizzazione che non ha alcun fondamento reale. evidente che siamo a fianco dei vescovi americani, così come siamo a fianco di quelli di ogni parte del mondo. Abitualmente riportiamo le prese di posizioni delle Conferenze episcopali. L’ultimo esempio è sempre nel numero di ieri, a proposito del terribile caso degli abusi sessuali avvenuti in Irlanda dal 1930 al 1990: abbiamo un servizio che riprende le affermazioni del Primate di Irlanda, cardinale Brady, e dell’arcivescovo di Dublino. Allo stesso modo siamo con i vescovi statunitensi, come del resto è ovvio che sia.