Francesco Merlo, la Repubblica 19/05/2009, 19 maggio 2009
Detesto le folle, diceva qualcuno, perché so troppo bene quanto stupido e ignobile vi divento dentro
Detesto le folle, diceva qualcuno, perché so troppo bene quanto stupido e ignobile vi divento dentro. «Due anni fa - racconta Oliviero Toscani sono stato ospite di un barca di ricchi a Porto Cervo. Mi impressionava la grande folla di poveracci sul molo che già al mattino si radunavano per guardare, e fotografare, la piccola folla dei riccastri che si esponevano compiaciuti sulle barche». Ecco un bell´esempio di rotocalco, diciamo così, "spontaneo". Sin dalla sua nascita infatti il rotocalco divenne sì il linguaggio centrale della modernità, ma al tempo stesso l´immondezzaio plebeo della democrazia: quindici puntate sulla vita sessuale dei presidenti Usa; il libertinaggio a Saint Tropez, bikini e twist, ninfette e voglia matta. Anche la femme fatale cedette il posto alla donna uscita «da un rotocalco / per la réclame del borotalco» come cantava Buscaglione. Ma rotocalco è anche la macabra foto di Mitterrand morto, e rotocalco sono i reporter di Paris Match che arrivano per primi sul luogo del disastro aereo: pagine e pagine di corpi straziati e un drammatico processo per vilipendio di cadavere. Rotocalco è la vita delle dive e delle teste coronate offerta alla gente che se ne ciba in maniera cannibalesca perché alla gente piace mangiare la gente e farsi mangiare dalla gente. Contro i rotocalchi, Brigitte Bardot, «perennemente estenuata» disse Vadim, fece alzare sulla spiaggia un muro di due metri e tentò tre volte il suicidio. «Fotografare quanto più si può e vivere - scrisse Italo Calvino - nel modo più fotografabile possibile, considerare fotografabile ogni momento della propria vita». Da quando, negli anni Cinquanta, la calcografia su rotativa consentì le alte tirature dei periodici illustrati c´è sempre un fotoreporter acquattato nell´ombra, pronto a smontare tutto quello che tocca, la cultura, lo spettacolo, il divismo, la disciplina del varietà, il giornalismo, il peso e la profondità dell´anima: per il rotocalco la vita è solo e sempre fumetto o tragedia. E il rotocalco plasmò l´antropologia dei "paparazzi" felliniani. In poco tempo diventano ? racconta Ferdinando Scianna ? «un po´ cialtroni e un po´ ladri, commandos che non si fermano davanti a nulla pur di portare indietro la preda fotografica, sia essa il nuovo amante della principessa, il figlio di Provenzano o la stuprata fuori dal tribunale. Guai a pensare, a porsi domande, ad avere scrupoli». Il rotocalco infatti lavora sulle cose sporche, non solo tresche, tradimenti e gravidanze sospette. E usando cannocchiali, zoom, minicineprese e cimici, il paparazzo si abitua all´immondizia umana e diviene lascivo e sadico, ma anche avido e contabile, attento al portafoglio della vittima. Fino a Fabrizio Corona e ai suoi ricatti e sino ai giudici moralisti che periodicamente vogliono penetrare nel mondo dei rotocalchi con la certezza che il principio regolatore di quell´universo sia il commercio dei piaceri e delle carriere. Sono inchieste che in genere finiscono male per tutti, in primo luogo per la Giustizia. Alcuni anni fa un pm rinchiuse il Merolone in galera e mise Gigi Sabani alla gogna. Poi sposò l´ex fidanzata dell´imputato, la testimone, e finì anche lui nei rotocalchi passando come un palombaro in mezzo alle volgarità della folla, alla pesante allegria collettiva, ai microfoni della morbosità nazionale. Allo stesso modo nessuno può negare che Fabrizio Corona fosse un signor nessuno prima che un giudice di Potenza, finito anche lui sui rotocalchi, lo mettesse in galera e ne trasmutasse l´essenza: da boss dei fotografi da rotocalco a boss dei fotografati da rotocalco, da paparazzo a paparazzato, una truculenza molto cara a una parte, anche intellettuale, degli italiani, sempre innamorati delle malandrinerie laureate dai rotocalchi, che ormai sono, in politica, scuole di eccellenza: Sarkozy deve moltissimo a Paris Match del quale, nel 2006, pretese e ottenne la testa del direttore che aveva osato pubblicare in copertina la foto, peraltro candida, di Cécilia con l´amante a New York. Da allora Paris Match ringiovanisce Sarkozy e nel 2007 persino gli grattò dai fianchi le maniglie dell´amore. Nulla in confronto a Berlusconi che ogni mattina impagina l´Italia e ha trasformato la sua biografia in un romanzo nazionalpopolare che i rotocalchi, quasi tutti direttamente o indirettamente sotto suo dominio, da anni pubblicano e ripubblicano. "Fotogenia elettorale" la chiamò Roland Barthes nella celebre pagina delle sue ?Mytologies´ (1957), ma non aveva appunto visto le foto di Berlusconi, immagini autorizzate solo se truccate, foto di una meravigliosa famiglia in realtà sfasciata, pose "colte di sorpresa" che anziché dargli l´aria dell´avanzo di galera come capita a tutti noi, lo ringiovaniscono, gli spianano le rughe e le zampe di gallina... I rotocalchi lustrano una vita illustrata che Berlusconi non ha mai vissuto, trasformano disturbi e ossessioni in capacità seduttiva; le sue stanchezze vengono celebrate come vittorie. Barthes non poteva sapere che il rotocalco - a quei tempi solo di carta e non ancora televisivo - sarebbe diventato scienza della mistificazione, ben al di là della messa in scena che già inquietava Jean Paul Sartre nella prefazione (1954) alle foto cinesi ? «vere perché poco cinesi» ? di Cartier Bresson. Anche a me è capitato di assistere al lavoro di un rotocalco della tv francese: il regista cercava nelle campagne siciliane giovani che avessero l´aria più siciliana degli altri e, sia pure a fatica, finì col trovarli. Dunque faceva loro assumere atteggiamenti tipicamente siciliani e ovviamente li circondava di sicilianerie... Ingenuità rispetto ai nostri rotocalchi di Stato i cui scoop migliori sono quelli non pubblicati, mentre gli scoop pubblicati sono ormai gorghi inestricabili di vero, falso, vero falsificato e falso autentico, ma sempre al servizio del potere.