Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  maggio 22 Venerdì calendario

LA MIA VITA SULLA MORTE DI MIMI’" LA BERTE’ ACCUSA IL PADRE PADRONE


Finalmente l´ha raccontata la "sua" sconvolgente verità. La nuda, cruda e brutale verità che la insegue da una vita intera, il macigno che spiega, almeno in parte, il disagio, le follie, le ombre scure che hanno martoriato la sua esistenza e quella della sorella Mimì, meglio nota come Mia Martini, scomparsa in circostanze drammatiche il 12 maggio del 1995.
Questa inconfessabile verità Loredana Berté l´ha raccontata in una lunga intervista rilasciata alla rivista Musica leggera, in edicola la prossima settimana, di cui anticipiamo i passi più significativi. A cominciare dalla morte della sorella: «Ho saputo che Mimì era andata due giorni dal padre (a Cardano al campo, ndr), che non vedeva da 40 anni». Da notare che si riferisce "al padre" con agghiacciante distacco, come se non fosse anche il suo di padre, Giuseppe Radames Berté, stimato professore di latino e greco a Bagnara Calabra, dove sono nate lei e le tre sorelle. «Lui le ha dato un appartamento del c..., dove non c´era niente. C´era un materasso steso per terra e basta. Mimì si lamentava, diceva che quel posto faceva schifo e che non ci sarebbe rimasta. C´è stata in tutto tre giorni: uno da viva e due da morta, ma in quell´appartamento ce l´ha messa il padre, poteva tenersela lui... poi quando l´ho vista dentro la bara, era massacrata, piena di lividi».
Maurizio Becker, l´intervistatore della rivista, è incredulo, chiede spiegazioni, anche perché il referto ufficiale, redatto dopo l´autopsia, parlava di arresto cardiaco per overdose di stupefacenti. «Che ne so, magari Mimì si è fatta uno spinello, e lui è entrato e l´ha massacrata. Perché è sempre stato così: un padre padrone. A mia madre la prendeva a calci in c.., le dava il veleno».
Becker le fa notare l´enormità di queste affermazioni, ma la Berté è decisa, come mai aveva fatto prima, a dire tutto: « vero. Voglio vedere cosa mi fa. Cosa mi fa? Ma lo sai cos´ha fatto al funerale di Mimì? Renato (Zero, ndr) mi ha lasciata sola con lui, nella camera mortuaria. Io non lo vedevo da quando avevo 5 anni, e la prima cosa che le ho detto è stata: "Che le hai fatto? L´hai ammazzata!". E lui mi ha preso per i capelli. Renato mi ha dovuto portare a Roma, per 6 mesi ho fatto delle siringhe, perché in testa avevo dei buchi grandi così, dove mi mancavano i capelli che gli erano rimasti in mano. Dai cazzotti che mi ha dato io sono cascata nella bara di Mimì, che era aperta».
Più che un´intervista è uno sfogo, a lungo trattenuto. La Berté descrive il padre con toni furenti, un ritratto impietoso che in parte aveva già tratteggiato (in particolare in una vecchia puntata di Tempo reale di Santoro) ma mai con questa spietata dovizia di particolari. I racconti lasciano immaginare un´infanzia devastata dalla presenza di un padre violento, ai limiti della perversione. Ma questa volta Loredana è decisa a non lasciare nulla all´immaginazione. I racconti d´infanzia, se possibile, sono ancora più agghiaccianti: «Mimì aveva un sesto senso, aveva capito che quando in casa si sentiva Beethoven a tutto spiano, stavano per arrivare le botte. Allora scappava e mi portava via, mi portava davanti al mare. Alla sorella più grande, Leda, un giorno l´ha fatta volare dalla finestra solo perché aveva preso 6 in latino, e lui che era professore di latino e greco non poteva sopportarlo. Mimì allora, una volta che prese 4 in inglese, non ci pensò due volte e scappò di casa: porella, la ritrovarono tutta graffiata, in mezzo ai rovi di non so quale prato vicino Roma. L´unica ad averla scampata sono io. Mica ero scema. Ero piccola, ma le cose le vedevo: ad esempio che lui gonfiava di botte la mamma ogni volta che rimaneva incinta...». Un orrore senza fine, che lascia sbalorditi. Alla domanda di Becker sulla loro capacità di sopportazione e sul momento in cui hanno deciso di sottrarsi alle violenze paterne, la Berté è molto precisa: «Quando nostra madre aspettava il maschio. Lui la prese a calci nella pancia e io vidi il pavimento del bagno che aveva cambiato colore: aveva ammazzato l´unico figlio maschio. Allora ce ne siamo andate, io e Mimì. E così purtroppo quello è morto, non ce l´ha fatta».
C´è poco da commentare. Sono parole cariche di dolore, una ferita profonda, mai rimarginata, e che verosimilmente ha condizionato l´intera esistenza di Loredana. Tanto da far sbiadire il resto dell´intervista dove con sboccata e irriverente sfrontatezza racconta le sue avventure musicali, i suoi incontri con Renato Zero, con Mastroianni, col vecchio pioniere della discografia italiana Ladislao Sugar, con Lavezzi, Fossati e tanti altri. Episodi che alla luce del racconto della sua infanzia sembrano solo tappe di una disperata fuga dall´orrore.