Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  maggio 22 Venerdì calendario

IL CASO RANIERI UN PRECEDENTE PERICOLOSSIMO


Da torinese e da analista politico, prima che da tifoso della Juve, provo a analizzare l’«affare Ranieri» e trarne una morale.

L’esonero dell’allenatore a due giornate dalla fine del campionato è stato un nonsenso. Logico, perché non risolve nulla.

Societario, perché crea un precedente devastante sia per l’immagine sia gestionale. Lo stile Juve – che era poi quello della Fiat: i dipendenti stiano al loro posto; i quadri inferiori ubbidiscano a quelli superiori – era questo: non si consultano i giocatori sul da farsi e, tanto meno, si dà loro ragione.

Che la «vecchia guardia», con l’eccezione di Buffon – che ha davanti a sé ancora alcuni anni di attività – e di Nedved (che smetterà di giocare), difendesse il proprio ruolo era nell’ordine delle cose. Non lo è stata l’insubordinazione nei confronti dell’allenatore sul quale ha scaricato le frustrazioni per il proprio declino. Se un errore ha commesso Ranieri è di aver avallato una campagna acquisti sbagliata. Ai padroni bisogna saper dire «no»; è illusorio aspettarsi da loro apprezzamento, e riconoscenza, per i «sì» detti per condiscendenza. La dirigenza è caduta nello stesso errore. Prima, caricando l’allenatore di un eccesso di aspettative, per giustificare davanti all’azionista la campagna acquisti; poi, abbandonandolo, per incompetenza, alle ritorsioni dello spogliatoio; infine, per debolezza e per assecondare l’azionista e i giocatori, sollevandolo dall’incarico. Farà la fine di Ranieri, compensata con la lauta liquidazione che ora nega all’allenatore.

Ora, se ne deve assumere un altro. Ma il suo arrivo presume una strategia. Ne abbozzo una, per gioco, e solo a titolo esemplificativo.

Conte? Gasperini? Bene. Ma senza l’equivoco Lippi sulla testa. Si mandi negli Stati Uniti Del Piero a guadagnarsi gli ultimi spiccioli di carriera e a imparare l’inglese; lo si richiami a fare il vicepresidente esecutivo – furbo e duro com’è, se ben «vigilato», può essere il nuovo Boniperti – con Andrea Agnelli presidente onorario (sanando così un equivoco tecnico’ l’ombra del declinante Pinturicchio su chiunque ne sia il potenziale successore – e uno societario, dopo la faida famigliare per la successione di Gianni e di Umberto). Si vendano Zebina, Tiago, Poulsen, Trezeguet, Camoranesi (?) per far cassa; si comperino, oltre a Diego, un paio di elementi giovani ma già collaudati – un terzino destro/centrale (Zapata dell’Udinese?) e uno davanti alla difesa (Romaric del Siviglia?) per consentire a Diego di giocare dietro le punte – si facciano tornare Criscito e Palladino dal prestito al Genoa e si punti sui giovani del vivaio. Se la Juve c’è ancora, batta un colpo.