Aldo Grasso, Corriere della sera 22/5/2009, 22 maggio 2009
NOMINE RAI, IL VERO POTERE NELLE MANI DEI PRODUTTORI ESTERNI
Le polemiche sulle nomine Rai, che hanno portato alla spaccatura del Cda, rischiano di nascondere il vero cambiamento che si sta attuando in Viale Mazzini. Da tempo la Rai è considerata un bottino per i vincitori cui spetta la fetta più corposa: fare le verginelle adesso è inutile e patetico. Bisognava interrogarsi prima sul ruolo del Servizio pubblico.
La Rai, con la nomina dei quattro vice direttori centrali, sta accorciando la catena di comando. Pieni poteri al direttore Mauro Masi, come ai tempi di Ettore Bernabei, e poteri divisionali ai vice: Comanducci ha la delega sulle Risorse umane, Leone sul Digitale terrestre, la Lei sulle Risorse artistiche e Marano sull’Offerta tv.
In questo nuovo modello organizzativo, che ha come obiettivo principale il ruolo diverso che la Rai dovrà giocare sul Digitale terrestre (allearsi con Mediaset per avversare la piattaforma satellitare di Sky?), il ruolo dei direttori dei tg e soprattutto dei direttori di rete diminuisce enormemente. A loro si richiede più fedeltà che competenza. Il caso sintomatico è rappresentato appunto dai direttori di rete: fare il giornalista e fare programmi non è la stessa cosa, anzi. Come ha già dimostrato la direzione di Del Noce. Nessuno mette in discussione la professionalità di Mauro Mazza ma un conto è fare un tg e un conto è allestire prodotti e palinsesti. E candidata alla direzione di rete di Raidue è Susanna Petruni, giornalista nota finora per la famosa dichiarazione trionfalistica sugli ascolti del terremoto.
probabile dunque, sul modello Mediaset, che ci sia una cabina di regia cui spetteranno tutte le decisioni strategiche e una seconda linea di esecutori. In questo quadro è inevitabile che un peso sempre più importante venga svolto dai produttori esterni, come Endemol, Ballandi, Magnolia e altri. Che poi è la linea attuata finora da Del Noce e Marano: se non sai fare i programmi è meglio affidarsi a chi li sa fare.
Questo significherà, probabilmente, depotenziare ulteriormente le linee produttive della Rai, attingere ai mercati internazionali, in vista anche di una più vasta offerta. I giochi sono fatti, serve ancora piangere sul latte versato?