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 2009  maggio 28 Giovedì calendario

GIANLUCA DI FEO PER L’ESPRESSO 28 MAGGIO 2009

Le felpe nere di casa Pound Si ispirano al poeta americano. Si definiscono i fascisti del terzo Millennio. Vivono fra antichi valori, tradizioni e culto della violenza. E da Roma fanno proseliti in tutta Italia. Un libro li ha fotografati e seguiti per per oltre un anno


Ezra Pound è il più nobile e il più ambiguo degli intellettuali amati dalla destra. Il valore delle sue poesie è universalmente riconosciuto e fa passare in secondo piano il suo ruolo alla corte di Mussolini fino agli ultimi giorni di Salò, in una militanza mai abiurata.
Opere e omissioni, in un misto volutamente mimetico: proprio questa è la chiave per entrare dentro Casa Pound, la realtà della destra estrema che da Roma si sta radicando in tutta Italia. Mobilitazione sociale e buoni propositi che convivono con ideali mai morti e con un’esplicita attitudine allo scontro fisico.
Eccoli, i giovani fascisti del nuovo millennio, ritratti per la prima volta nella loro quotidianità. I volti delle ragazzine che cercano un’identità nell’impegno politico che una sinistra in decomposizione non offre più. Le schiere paramilitari dei camerati che sembrano usciti da un campo hobbit degli anni Sessanta.
Le foto di Alessandro Cosmelli penetrano nel cuore di questo movimento, portando alla luce l’anima che raramente viene mostrata in pubblico.
La vitalità profonda, ma anche l’urlo violento dei combattimenti a colpi di cinghia e la disciplina marziale delle loro adunanze. Senza più maschere, dal tunnel sotto Monte Mario trasformato in base e dalle nebbie delle colline a nord di Roma i legionari in felpa nera si schierano in una parata fuori dal tempo. Parallelamente leader e gregari si raccontano nel testo di Marco Mathieu, che ne evidenzia ambiguità e contraddizioni, creando il secondo binario di un progetto d’inchiesta che ha pochi precedenti in Italia. ?OltreNero?, questo il titolo del volume edito da Contrasto che sarà in libreria.
Il lavoro è la sintesi di un doppio reportage durato oltre un anno proprio per catturare questo magma che dalla Capitale continua a espandersi nei licei e nelle università della Penisola, occupando con attività concrete spazi sociali abbandonati dalla sinistra: le periferie, i senzacasa, i nuovi poveri, gli anziani. Le prime tre foto del libro sono come le tappe di un percorso di costruzione dell’immagine del movimento. C’è una maschera tetra, che potrebbe apparire carnevalesca: non ispira diffidenza, al massimo ha il sapore dell’antica goliardia universitaria.
Ci sono poi i dirigenti con giacche e cravatte indossate in modo improbabile, da festa paesana: la rinuncia a un volto politico tradizionale, a quella presentabilità parlamentare che ha caratterizzato tutta la destra da Fiuggi in poi. E pensare che molti di loro erano ?camerati? di Gianni Alemanno nella stessa sezione del Fronte della Gioventù.
Infine le ragazze con il saluto romano, che cantano a squarciagola ridendo durante una manifestazione contro gli immigrati: potrebbe sembrare un cinegiornale Luce del 1939, con in sottofondo le note di ?Giovinezza, primavera di bellezza?. Invece è il 2009 nel centro di Roma. E basta voltare pagina per guardare in faccia il vero volto del movimento: nei ranghi serrati di una centuria schierata per addestrarsi allo scontro. Ancora una volta tornano in mente le parole dell’inno fascista: ? Son rinati i figli tuoi, con la fede nell’ideale, il valore dei tuoi guerrieri, la virtù dei pionieri?. Loro sono pionieri di qualcosa che avanza. Il Blocco studentesco, emanazione di Casa Pound nelle scuole superiori e negli atenei, fa proselitismo ovunque. A piazza Navona a ottobre hanno dimostrato di sapere essere guerrieri. «Gli scontri fisici sono da evitare, ma non inorridiamo di fronte alla violenza.
L’impatto mediatico degli scontri di piazza Navona è stato negativo anche al nostro interno, un po’ di ragazzi si sono allontanati dal Blocco su pressione delle famiglie, ma credo che il nostro merito sia stato far avvicinare a noi giovanissimi non ancora schierati: per noi è finito il tempo del ghetto. Ora siamo presenti a Roma nord, zona tradizionalmente borghese, ma anche a sud, nelle periferie». Piazza Navona è stato il momento di svolta, la prova di forza.
Nelle testimonianze quell’assalto viene evocato di continuo: «I compagni continuano a insistere sull’antifascismo, ma i ragazzi sotto i 18 anni non sono cresciuti con il mito di Carlo Giuliani: quelli che fanno la prima superiore oggi, al tempo di Genova avevano sette anni, sono venuti su con Dawson Creek in televisione e Beppe Grillo come negazione della politica. Ma sono innocenti, quei ragazzi: la protesta contro la Gelmini, per esempio, non era politica né faziosa, solo un modo per dire ?esistiamo anche noi e ci siamo?.
Quella protesta ci apparteneva, ci stavamo dentro fin dall’inizio, poi si sa com’è finita: io sono quello in camicia, al centro del gruppo, in piazza Navona». E ancora: «Ormai vivo a Casa Pound, perché la militanza ti porta a fare orari che non torni a casa per cena e quando hai genitori antifascisti, come nel mio caso, è difficile spiegargli che non sei un pazzo che vuol tornare al manganello e all’olio di ricino.
Soprattutto dopo gli scontri in piazza Navona, nell’autunno 2008. Lì è stato un casino: la mia faccia era su tutti i giornali, in televisione, addirittura mi hanno accusato di essere un infiltrato. Il risultato è che da allora sono fuori casa».
Gianluca Iannone, il capo di Casa Pound, ha alle spalle il poster che ricorda Acca Larentia, l’uccisione di due militanti di destra che nel 1978 segnò il momento più cruento della violenza politica a Roma. Un’immagine molto simile al carosello dei Black Block che nel 2001 inaugurò la battaglia di Genova: «No, non è così», replica: «Le giacche dei ragazzi sono mimetiche per simboleggiare lo stato di guerra, quella guerra di cui Acca Larentia per noi è un simbolo permanente.
Indossano i passamontagna a rappresentare l’impersonalità dell’azione. E il tamburo, l’Hitler Jugend. No, noi a Genova per manifestare contro il G8 non c’eravamo. Lo scontro, con le guardie come con i compagni, non è la nostra priorità». La violenza però si respira ovunque. Nelle scelte dei luoghi, nei gesti, nella preparazione al confronto fisico: anche durante i concerti delle loro band il pubblico simula combattimenti.
E tutto è fascismo. Alcuni lo vivono con slogan nostalgici: «Per noi Mussolini è ancora un punto di riferimento, un esempio. Noi oggi siamo la prova dell’attualità di quel periodo storico e politico. La dimostrazione che il fascismo esiste ancora». Altri invece cercano di declinarlo in modo più moderno e mimetico: «Bisogna cambiare il linguaggio, dalla croce celtica siamo arrivati alla tartaruga simbolo di Casa Pound, ma c’è l’urgenza di svecchiare il neo fascismo e il linguaggio è manifesto, è azione, è tutto. Marinetti ce l’ha insegnato».
Loro si sentono vincenti, convinti di non avere più rivali a destra: «Casa Pound è la chiesa di tutte le eresie, perché vogliamo che si torni a immaginare il fascismo come un grande movimento culturale. La Fiamma Tricolore? Sono degli scarti, ormai. Forza Nuova? Un inganno: usano la simbologia della destra radicale per attirare i ragazzi, per noi sono come il Ku Klux Klan. Non abbiamo nulla a che spartire con loro, come con Militia, l’organizzazione di Maurizio Boccacci».
Ma molti dei camerati si fanno meno problemi, non cercano elaborazioni ideologiche. Spiega Pandoro, 35 anni: «Essere fascista per me significa tante cose. Forse è una dottrina, un modo di essere, ma la cosa più bella per me finora è stato l’incontro con Gianluca Iannone : lui è come un fratello maggiore, c’è sempre. Casa Pound per me è tutto. Ecco, ora riesco a risponderti: il fascismo oggi è Casa Pound».
A proposito: ma in Italia la ricostituzione del partito fascista non era vietata?