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 2009  maggio 21 Giovedì calendario

MINZO, LO SQUALO DEL RETROSCENA DAL TRANSATLANTICO ALLA TV DEL CAVALIERE


Scoprì la cena segreta a casa Letta durante la quale nacque il patto della crostata
Tanti articoli dietro le quinte sul premier e le perfide definizioni: trombettiere del Re

Augusto Minzolini è uno dei pochi giornalisti ad aver dato il nome a uno stile, il «minzolinismo», così descritto dagli «Annali del lessico contemporaneo italiano» del 1996: «Forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte». La definizione è tuttavia ingenerosa, perché il nuovo direttore del Tg1 è stato per un ventennio il principe del retroscena politico, il più astuto dei predatori del Transatlantico, il più veloce dei rapaci della notizia.
Fu lui, per dire, a dare un «buco» a tutti, rivelando nel 1997 sul suo giornale («La Stampa») che era stato siglato l´accordo per eleggere D´Alema alla presidenza della Bicamerale. E fu sempre lui, una sera di quattro mesi dopo, inseguendo col suo scooter la scorta di Cesare Salvi, a scoprire la segretissima cena a casa di Gianni Letta nella quale Berlusconi, Fini, D´Alema e Marini firmarono il «patto della crostata» sulla riforma della Costituzione.
Episodi di una lunga carriera, cominciata a vent´anni come praticante dell´agenzia Asca, continuata poi a «Panorama» e culminata negli anni della «Stampa». Il suo maestro e mentore è stato Guido Quaranta, in quegli anni una delle firme più graffianti dell´«Espresso». «Una volta - ricorda oggi Quaranta - scoprimmo che in una sala di Montecitorio c´era un vertice segreto della Dc. Mettemmo dei camici bianchi ed entrammo nella sala fingendo di essere degli inservienti che dovevano pulire i mobili. Dopo un po´, purtroppo, ci scoprirono e ci cacciarono...».
La coppia divorziò quando Minzolini passò alla «Stampa», ma Quaranta gli è rimasto amico, arrivando a dire di lui: «E´ l´unico squalo in mezzo a tanti tonni». Uno squalo, uno che va a caccia delle prede invece di farsi catturare nella tonnara della sala stampa. Uno che beccava Craxi nel ristorantino accanto al Raphael, e mentre quello gli rubava le polpette lui gli rubava i commenti su De Mita. Uno che era capace di aspettare per ore davanti alla casa di D´Alema, o di appostarsi sul divano del barbiere di Montecitorio, aspettando di beccare il politico nell´unico momento in cui era vulnerabile.
La sua disarmante simpatia è stata spesso la sua arma decisiva. Lusingata dai suoi sorrisi, la preda si lascia andare, e quando se ne rende conto è già nella trappola. Clamorosa fu la sua intervista a Luciano Violante, il 22 marzo 1994, in cui si parlava di un´inchiesta che coinvolgeva il boss Santapaola e il fratello di Marcello Dell´Utri, Alberto. Costretto a dimettersi da presidente dell´Antimafia per il putiferio che ne seguì, Violante però smentì e chiese 100 milioni di risarcimento. Due anni dopo il processo fu chiuso da una dichiarazione in cui Minzolini affermava che «l´intervista era frutto di impressioni soggettive determinate da un malinteso».
Il suo lato debole è la vanità, che non è fatta solo delle particine nei primi film di Nanni Moretti («Io sono un autarchico» e «Ecce Bombo»), degli abiti di Prada e degli impermeabili di Louis Vuitton, ma anche della convinzione di poter trattare da pari a pari con il potente che gli piace di più. Capitò con Craxi, è ricapitato con Berlusconi. «Se c´è un leader che sa calibrare le mosse, è Silvio Berlusconi», scriveva il 20 marzo. E concludeva: «Su una cosa il Cavaliere è imbattibile: sa pesare meglio degli altri i voti». Al centesimo retroscena sul premier, i colleghi più maligni hanno cominciato a coniare per lui definizioni perfide: «Il trombettiere del Re», «il cantastorie del Cavaliere», «il portavoce supplente». Quando l´ha saputo, Minzolini s´è arrabbiato moltissimo. Però oggi si ritrova sotto la lente d´ingrandimento, alla guida del Tg1. «Io dico che anche lì continuerà a essere uno squalo» giura Quaranta. Se abbia ragione o no, lo vedremo presto.