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 2009  maggio 21 Giovedì calendario

IL CRONISTA DA MARCIAPIEDE NELLA STANZA DEI BOTTONI


Il giornalista meno ufficiale d’Italia sul trono del tg più paludato. Augusto Minzolini al Tg1, dalla carta stampata alla tv, da inviato a direttore, da libero battitore a capitano: una scommessa, ma con la certezza che al timone del più importante tg italiano arriva un giornalista inusuale, un cronista dal cui cognome si è coniato un neologismo: minzolinismo. Ossia, come spiega il vocabolario, una «forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle affermazioni raccolte». La passione della notizia origliata, rubata ai potenti italiani nelle loro riunioni segrete come ai congressi, o per strada: il retroscena. E se qualcuno smentisce, ”Minzo” ci passa sopra con disinvolta sicurezza: «Confermo quello che ho scritto».
Tutti conoscono la tecnica ma continuano a cascare nella sua rete pregandolo sempre allo stesso modo: «Mi raccomando quello che ti dico non lo scrivere», quando neanche un bambino gli rivelerebbe mai un segreto. Stesso trattamento con tutti, anche con Berlusconi. Quando nel 2000 il Cavaliere si recluse alle Bermuda per dimagrire e prepararsi al ritorno in campo è l’unico inviato a violare la privacy di quella villa. Riesce a farsi invitare all’aperitivo con l’ospite che si scusa: «Queste due settimane mi voglio tirar fuori da tutto. Mi sono negato a tutti, e non voglio far torto a nessuno. Eppoi non voglio parlare di politica». Solo una chiacchiera. Ma alla fine quella paginata su La Stampa è piena di anticipazioni e retroscena con una frase di chiusura che è in puro stile Minzolini: «E’ stato di parola, ha sorvolato sul tema Italia ma nei monasteri, si sa, anche le mura parlano».
E tra i corridoi della redazione romana della Stampa la frase è un tormentone. Come il giocoso «te lo dico con franchezza... me so rotto» con cui tronca una conversazione. O la battaglia col caporedattore per qualche riga in più, o per mandare il pezzo oltre il tempo imposto dalle rotative e poter aggiungere l’ultimo particolare. E qualcuno oggi ci scherza: «Chissà se il Tg1 andrà in onda alle 20.15...».
Non è facile parlare di una persona con cui si è condiviso tanto per tanti anni, ma certo non è indulgenza ripetere che il nuovo direttore del Tg1 è stato un grande cronista parlamentare, che ha avuto come maestro Guido Quaranta, retroscenista storico dell’Espresso, dominato dall’ansia di arrivare prima sulla notizia, dare il «buco» ai colleghi. E ne ha dati tanti, da quando nella prima Repubblica aveva scoperto che salendo sulla tazza del bagno nella sede del Psi di via del Corso si potevano origliare le riunioni della direzione. Craxi fece murare la toilette. Mentre dai democristiani, dietro una tenda pesante, venne scoperto perché spuntavano le sue scarpe. Inglesi, ovviamente, come gran parte dei pezzi del suo abbigliamento a cui tiene moltissimo.
Amante della forma fisica (che cura ogni giorno in palestra) e degli abiti ben tagliati, con qualche dettaglio da gagà come i pantaloni a tubo, strettissimi, o gli spolverini con il colletto di fustagno.
Certamente è stato fra i primi a capire che quando Berlusconi annunciò la scesa in campo faceva sul serio e, soprattutto, gli italiani lo avrebbero preso molto sul serio. Da quel momento non ha mollato l’osso, anche quando «emigrò» come corrispondente negli Stati Uniti e continuò a battere sul suo computer scoop sulla politica interna rubati ai politici arrivati oltre oceano in viaggio di affari e di piacere.
Tanti gli aneddoti che possono spiegare il nuovo direttore del Tg1, come quando nel ”97, a notte fonda, era ancora ad aspettare fuori casa Letta il risultato di una cena tra leader del Polo e dell’Ulivo. «Mi chiamò come sempre agitatissimo - ricorda Enrico Zanetti, per anni anima della segreteria di redazione - perché gli era finita la batteria. Corsi da lui con una nuova». E tutti poterono sapere del «patto della crostata». Chissà se Massimo D’Alema ricorda quando, arrabbiatissimo, disse a Minzolini: «La verità è che su di te un sacco di giornalisti hanno fatto fortuna e sono diventati direttori, mentre tu sei sempre qui a pestare il marciapiede». Ora la carriera l’ha fatta anche lui, che negli ultimi anni non ha mai mollato la marcatura a uomo del Cavaliere. Adesso si dice felice, ma forse a Saxa Rubra gli mancherà davvero il marciapiede.