Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  maggio 21 Giovedì calendario

GERRY SCOTTI: IL MIO DIVORZIO COME SECONDO PECCATO ORIGINALE


Caro direttore, sono un uomo divorziato. E nella mia posizione di cattolico progressista attendevo che la Chiesa si pronunciasse sul tema dei sacramenti per chi ha un matrimonio alle spalle.

Ti garantisco che questa sorta di secondo peccato originale che il divorziato deve sentirsi addosso è un peso. E se frequenti una comunità, arrivi a vergognarti nel fare la comunione. In quelle più piccole, addirittura, vieni additato, e non è bello.

Per mille motivi, anche di riservatezza, non sono così presente in chiesa come mi piacerebbe. Ma lo faccio tutte le volte che ne sento un bisogno profondo, intimo, davanti al quale non mi fermo. Da poco mi è successo a un funerale e a una cresima, che non mi riguardavano direttamente: prendendo l’eucarestia, però, volevo far capire che partecipavo profondamente.

Di questo mio tormento ho parlato con diversi preti, più amici che consulenti spirituali, e loro, conoscendomi, sapendo qual è la mia storia di cristiano, mi hanno dispensato dal sentire la sofferenza.

Devo confessarti, direttore, che non mi ero sposato in chiesa la prima volta, ma in Comune, per rispettare le esigenze della mia ex moglie. E adesso con la mia compagna voglio ponderare bene l’idea del matrimonio in chiesa. Soprattutto per rispetto ai figli delle nostre unioni precedenti, che vanno tutelati e protetti. Il prete e la comunità possono essere benevoli verso di me, ma cosa diranno i nostri figli? E poi se ho sbagliato una volta e il buon Dio mi ha perdonato, non posso rischiare di sbagliare ancora.

Non ho mai voluto parlare dei miei fatti privati. Se adesso ho scelto di intervenire è perché questo tema mi sta davvero a cuore. Perché l’apertura nei confronti dei divorziati auspicata dal cardinale Martini mi sembra fondamentale. Arrivare a questo è un traguardo fino a pochi anni fa inimmaginabile. E non oso andare più avanti, a una sorta di benedizione sulle unioni di fatto, perché capisco che è un concetto troppo moderno. Ma accogliere nella Chiesa quanti come me hanno sbagliato è un vero atto di carità cristiana.