Massimo Gaggi, Corriere della sera 21/5/2009, 21 maggio 2009
SCHWARZENEGGER AFFONDA SULLE TASSE
«Schwarzenegger era un attore di film d’azione. Dopo questa sconfitta può prepararsi a un film del genere apocalittico» dice il politologo John Pitney. E Barbara O’Connor, direttrice dell’Istituto di studi politici della California State University di Sacramento, prevede per la California e il suo governatore un’estate «lunga e bollente».
«Vedremo – continua la O’Connor – cose brutali, gli elettori che hanno bocciato le misure per contenere il deficit si accorgeranno che il cielo sta cadendo davvero».
Col voto di martedì i cittadini della West Coast hanno respinto ad ampia maggioranza gli interventi fiscali (un’addizionale dell’1% sull’imposta di consumo, un aumento della tassa di circolazione e un incremento dello 0,25% dell’Irpef californiana) coi quali il governatore e il Parlamento dello Stato avevano deciso di colmare un deficit di bilancio di ben 21 miliardi di dollari. L’unica «proposition» approvata è quella che vieta ogni aumento retributivo per parlamentari e pubblici amministratori quando il bilancio è in passivo (ieri sono stati ridotti del 18% gli stipendi dei funzionari dello Stato con cariche elettive). I commentatori preparano il necrologio politico di Schwarzenegger le cui riforme erano già state bocciate quattro anni fa dai californiani. Allora «Terminator» aveva recuperato «aprendo» ai democratici e nel 2006 era stato rieletto. Ora, a meno di due anni dal termine del mandato, la sua carriera politica sembra compromessa.
Gioiscono gli ultraconservatori antistatalisti del Tea Party, che si richiamano alla «rivolta del tè» (Boston 1773) con la quale i coloni americani si ribellarono all’invadenza fiscale del governo britannico: la prima scintilla che portò, tre anni dopo, all’indipendenza degli Stati Uniti. I conservatori antitasse (Tea sta anche per «Taxed Enough Already», già tassati abbastanza) sperano che il voto di martedì alimenti una rivolta nazionale contro l’interventismo di Obama in economia.
Un «remake», insomma, della «Proposition 13»: il voto contro i nuovi tributi che trent’anni fa aprì a Ronald Reagan la strada per la Casa Bianca. L’alba di una lunga stagione di «deregulation » e di retorica dello Stato «minimo».
Costretto da mesi alla semioscurità, anche una parte del partito repubblicano – a partire dal nuovo presidente Michael Steele – ha cercato di cavalcare il nuovo movimento. Una vera acrobazia politica, visto che il voto dell’altra notte è interpretabile come una manifestazione di malessere nei confronti dell’intera classe politica e visto che in California i repubblicani sono, ancor più dei democratici, nel mirino della protesta. Il partito conservatore, infatti, aveva appoggiato e finanziato il comitato referendario di Schwarzenegger (pur sempre un repubblicano), favorevole a tutti gli interventi fiscali sottoposti al giudizio degli elettori. Ma aveva poi capovolto la sua posizione – dal sì al no su tutti i referendum – quando i suoi dirigenti avevano cominciato ad essere maltrattati nei «talk show» televisivi, sempre più dominati da «anchor men» populisti.
E’ stata una brutta stagione per la California, segnata da una crisi economica, bancaria, immobiliare e occupazionale più grave di quella che affligge il resto del Paese. Ora siamo alla resa dei conti: alle prese con un deficit colossale da colmare entro luglio,
Assente Nel giorno del referendum, Schwarzenegger non era in California. Era ospite di Obama a Washington (Afp) il governo dello Stato sarà costretto a tagliare spese essenziali, a licenziare migliaia di dipendenti pubblici (soprattutto insegnanti) e a rimettere in strada molti criminali.
Già ieri – prima ancora che Schwarzenegger rientrasse da Washington dove era andato a celebrare la nuova politica di Obama per le auto a basso consumo – in California è iniziata la protesta delle categorie a rischio licenziamento.
Difficile che si ripeta un fenomeno come Proposition 13: trent’anni fa non c’era recessione e la ribellione aveva un obiettivo chiaro: il forte aumento dei tributi sulla casa. Stavolta tutto è molto più confuso: gli interventi fiscali sono numerosi, ma hanno tutti un’entità limitata. C’è malumore per come il deficit è stato colmato, ma i fautori dello «Stato minimo», ora che il Paese è in recessione, non sembrano in grado di prendere il sopravvento.
Laboratorio, suo malgrado, di una politica generalizzata di tagli da contrapporre al classico «tassa e spendi», la California rischia davvero di finire in un vicolo cieco. Stando ai sondaggi, la gente vorrebbe salvare scuola, sanità, pensioni, servizi pubblici e assistenza, tagliando solo le spese per le carceri e per i parchi. Ma la Corte federale ha già imposto allo Stato di spendere di più anche per i penitenziari, che sono superaffollati e in condizioni di abbandono. Se non riceverà aiuti straordinari da Obama, Schwarzenegger sarà costretto a colpire il pubblico impiego, a chiudere molte scuole, a liberare 19 mila detenuti. Per questo gli analisti parlano di estate bollente per la California.