Martin Wolf, ཿIl Sole-24 Ore 21/5/2009;, 21 maggio 2009
NASCE L’ERA DEL CAPITALISMO DAI CENTO FIORI
La crisi che stiamo vivendo è uno spartiacque? Da una parte la globalizzazione trainata dal mercato, il capitalismo finanziario e il predominio dell’Occidente, e dall’altra il protezionismo, la regolamentazione e il predominio dell’Asia?
Oppure gli storici giungeranno alla conclusione che si è trattato di un evento provocato da pochi scriteriati, di scarsa importanza? Io prevedo che sarà un po’ l’una e un po’ l’altra cosa. Non è una Grande Depressione, grazie alla ferrea determinazione con cui hanno reagito gli Stati, e non è nemmeno il 1989 del capitalismo.
Andiamo a vedere cosa sappiamo e cosa no sull’impatto della crisi sull’economia, la finanza, il capitalismo, lo Stato, la globalizzazione e la geopolitica. Per quanto riguarda l’economia, sappiamo già cinque cose importanti.
Primo: quando gli Stati Uniti si beccano la polmonite, tutti quanti si ammalano. Secondo: questa è la crisi economica più grave dagli anni 30. Terzo: la crisi è globale, con effetti particolarmente gravi sui Paesi specializzati nell’esportazione di prodotti lavorati o che fanno affidamento su importazioni nette di capitali. Quarto: i responsabili politici hanno messo in campo contro questa crisi misure di stimolo monetarie e di bilancio e interventi di salvataggio finanziari senza precedenti. Infine, tutti questi sforzi alcuni risultati li hanno prodotti: la fiducia sta tornando e il ciclo di sostituzione delle scorte dovrebbe apportare un certo sollievo. Come ha sottolineato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, l’economia globale è «vicina al punto di svolta »,intendendo che la discesa dell’economia sta rallentando. prevedibile anche che saranno gli Stati Uniti a guidare la ripresa. Gli Usa sono tornati a essere il Paese più keynesiano del mondo in-dustrializzato. Ed è prevedibile anche che la Cina, con il suo imponente piano di rilancio, risulterà l’economia di maggior successo di tutto il pianeta.
Sfortunatamente, ci sono almeno tre cose che non possiamo sapere. Gli eccezionali livelli d’indebitamento e la caduta del patrimonio netto genereranno nelle famiglie, prima abituate a spendere molto per i consumi, un marcato incremento del desiderio di risparmio, ma in quale misura? Fino a quando si riuscirà ad andare avanti con questi deficit di bilancio prima che i mercati chiedano una compensazione maggiore per il rischio? Le Banche centrali riusciranno a trovare una via d’uscita non inflazionistica dalle politiche non convenzionali?
Nel campo della finanza, la fiducia sta tornando, con gli spread tra attività sicure e attività a rischio che stanno scendendo a livelli meno anomali, e con un (modesto) recupero dei mercati. L’amministrazione statunitense ha accertato che il suo sistema bancario è in condizioni di salute ragionevoli. Ma la situazione patrimoniale del settore finanziario è esplosa negli ultimi decenni e la solvibilità dei debitori è seriamente menomata.