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 2009  maggio 16 Sabato calendario

Riservatissimo, ha chiesto che i necrologi se­guissero il funerale, perché tut­to potesse avvenire in forma del tutto privata

Riservatissimo, ha chiesto che i necrologi se­guissero il funerale, perché tut­to potesse avvenire in forma del tutto privata. E così è stato. Seguendo peraltro lo stile di vi­ta che si era dato da sempre. Massimo Cordero di Monteze­molo, padre del presidente del­la Fiat, Luca, è morto mercoledì a Roma. Patriarca per l’età (89 anni) e perché era così chiama­to e riconosciuto dai tre figli, Luca, Mario e Daniele e dai nu­merosi nipoti e pronipoti che fi­no a qualche giorno fa sono an­dati a trovarlo. A riceverli sem­pre lei, Clotilde Neri, conosciu­ta a Bologna negli anni dell’Uni­versità e sposata 63 anni fa. E in fondo quel nome gli era sta­to attribuito anche perché rap­presentava per tutti un punto di riferimento, sempre presen­te e abitudinario, tanto da esser­si recato in ufficio fino allo scor­so dicembre. Laureato in scien­ze agrarie e specializzato in bo­nifica e riqualificazione ambien­tale, faceva un mestiere un po «lontano», sia rispetto a chi in famiglia lo ha preceduto («noi Montezemolo, oggi alla 25esi­ma generazione, siamo discen­denti di una stirpe di militari», ha sottolineato in un colloquio qualche tempo fa), sia rispetto ai suoi figli, tutti e tre laureati in legge («Luca perché non sa­peva cos’altro fare», ha detto sempre nello stesso colloquio, «mentre Marco ha fatto il nota­io, il mestiere che rende di più, e Daniele è diventato esperto di licensing», attività che al Pa­triarca è sempre rimasta un po’ oscura). Ai tre «ragazzi» però ha voluto trasmettere qualcosa del suo «fare» quando, mentre ancora studiavano, raccoman­dava loro la vicinanza alla terra e li mandava di mattino presto a «contare le pecore» delle aziende gestite dalla sua Agri­colnsulting, società con sede a Roma ma che opera in tutto il mondo, fino a svolgere consu­lenze per piani agrari per vari Stati, alcuni dei quali africani. Partigiano, condannato a morte dai fascisti, ai figli ha tra­smesso valori civili e passioni legate al mare (ha insegnato lo­ro ad andare a vela) e alla mon­tagna (si è arrampicato finché ha potuto). Restio ad assistere alle gare di formula uno, appas­sionato invece tenace e «soffe­rente » della juventus. Il caratte­re riservato, che non gli preclu­deva una vivace ironia nei rap­porti personali, ha contrasse­gnato anche la sua carriera. E’ stato componente il Consiglio superiore dell’Agricoltura pres­so il Ministero e l’Accademia Nazionale di Agricoltura, ha an­che ricoperto l’incarico di presi­dente dell’ordine degli agrono­mi dall’85 al ”92, ma era fatto co­sì: della nomina i figli hanno sa­puto non da lui («ma non è niente») bensì dalla radio o dal­la tv. Numerosi ieri i messaggi pubblici e le testimonianze. Il presidente del Senato Renato Schifani ha inviato un tele­gramma al presidente della Fiat sottolineando che suo pa­dre «ha saputo modernizzare l’agricoltura italiana mettendo a disposizione del Paese negli ultimi 50 anni la competenza tecnica e la grande esperien­za ». Messaggi sono poi arrivati da Roberto Maroni, ministro dell’Interno, dal presidente del­la Regione Emilia Romagna Va­sco Errani, e dal Consiglio del­l’Ordine dei dottori agronomi. Riconoscimenti per l’uomo schivo che di recente ha detto di sé: «Non sono vecchio, piut­tosto antico: un vantaggio per­ché vengo tenuto da conto».