Michele Farina, Corriere della Sera 17/05/2009, 17 maggio 2009
L’India e i suoi paradossi, dalle caste all’high-tech «Un Paese di un milione di piccoli ammutinamenti » lo definì lo scrittore V
L’India e i suoi paradossi, dalle caste all’high-tech «Un Paese di un milione di piccoli ammutinamenti » lo definì lo scrittore V.S. Naipaul. E un Paese di aggiustamenti lenti, l’India che sembra avanzare a passo indolente sulla via della modernità mentre la Cina corre. Dalla politica all’economia, ecco nove flash su un «altro mondo» che forse (più della Cina) ci somiglia. Politici sporchi La «più grande democrazia del mondo» (714 milioni di elettori) «vanta» la classe politica più processata: su 543 parlamentari uscenti, 128 avevano procedimenti penali (84 per omicidio, 17 per rapina, 28 per estorsione: un parlamentare indagato per 17 omicidi). Dhirubhai Ambani, proprietario di una delle maggiori aziende del Paese, diede questo consiglio a Rupert Murdoch: «Se vuole concludere qualcosa, in India, deve incontrare tutte le persone sbagliate». Giustizia lenta Nel 2006 le cause arretrate ammontavano a 27 milioni. Per smaltirle con il ritmo attuale ci vorrebbero 3 secoli. Quasi 75 miliardi di dollari (circa il 10% del pil) è bloccato in cause legali. Economia in nero Meno del 7% degli indiani lavora nell’«economia formale »: 35 milioni su 470 milioni (21 milioni sono dipendenti pubblici). Solo poco più di un milione di indiani è impiegato nell’Information Technology con capitale Bangalore (dai software ai call center), lo 0,25% della forza lavoro (ma abbastanza per far nascere negli Usa il verbo «to bangalore »: «bangalorizzati» sono i posti di lavoro persi in patria a vantaggio di Paesi emergenti). Gli indiani impiegati nelle multinazionali (spesso visti come vittime in Occidente) costituiscono in realtà una minoranza privilegiata. Posto fisso Paese arcaico e high-tech: i cellulari (10.000 venduti all’ora) mandano in pensione gli estensori ambulanti di lettere come G.P Sawant, 61 anni, che nelle strade di Bombay ha vergato oltre 10 mila lettere. Tra gli ambulanti ancora resistono «i pulitori di orecchie» come Sheikh Mohammed, 25 anni (50 clienti, 50 centesimi di euro al giorno). Emancipazione femminile dai bar alla luna. Solo di recente la Corte Suprema ha cancellato la legge (britannica) del 1918 che proibiva alle donne di fare le bariste. Tremila giovani specializzate lavorano al Centro Spaziale che pochi mesi fa ha spedito una navicella tutta indiana sulla luna. Eppure per milioni di famiglie il sogno resta un posto fisso nell’amministrazione pubblica. Il mito del «burra sahib» (il grande capo ufficio), la realtà del fattorino ben pagato: stipendi che sono quasi il triplo dei parigrado nel settore privato. Analfabeti e laureati Il tasso di alfabetizzazione è fermo al 65% (contro il 90% della Cina). Il sistema universitario è imponente. L’India sforna un milione di ingegneri l’anno (in Europa e Usa non arrivano a 100 mila). Caste e clientele Metà della popolazione indiana appartiene alle caste inferiori. Metà dei posti pubblici è riservata alle tre classi più emarginate (compresi i dalit, gli intoccabili) attraverso la mediazione dei rispettivi partiti «di casta». Pochi posti assegnati per concorso. Edward Luce, autore dello straordinario «A dispetto degli Dei» (Bocconi editore) lo definisce «il più vasto sistema clientelare nel mondo democratico». Vaccini e bambini Metà dei vaccini distribuiti dall’Onu ai minori di tutto il mondo è prodotto (da poche centinaia di laureati) alla Serum Institute di Pune. L’India è ai primi posti nell’industria farmaceutica. Eppure spende appena lo 0,9% del pil per la sanità pubblica (la Cina il 2%). Per l’Unicef il 43% dei bambini sotto i 5 anni è denutrito (più in India che in Africa). Ci sono solo 760 dottori «veri » ogni 100.000 abitanti. I «ciarlatani » sono di più: solo a New Delhi i finti medici sono 40 mila. Il muro anti-immigrati Tremila chilometri di filo spinato per bloccare i migranti dal vicino Bangladesh (negli anni ”70 apprezzati come forza lavoro). E’ la marcia indietro indiana contro i clandestini. Contadini suicidi 150.000 negli ultimi dieci anni. L’angoscia di non poter sfamare la famiglia ha portato via anche un agricoltore-poeta. Shrikrishna Kalamb, 50 anni, si è impiccato a Murtijapur. Una sua poesia si intitola Vasare, vitelli: «Siamo vitellini, stupidi vitelli denutriti. Sudiamo, sudiamo nei campi. Coltiviamo perle, ma i nostri figli hanno sempre fame». Michele Farina