Giuseppe Scaraffia, Panorama, 21 maggio 2009, 21 maggio 2009
GIUSEPPE SCARAFFIA PER PANORAMA 21 MAGGIO 2009
Donne fatali altro che veline Un libro reinterpreta il mistero femminile attraverso il ritratto di 20 irresistibili protagoniste dell’Ottocento. Da Sarah Bernhardt alla contessa di Castiglione, da Lou von Salome a Jeanne Duval. Esistono anche oggi donne dal fascino letale? E sono così diverse da quelle di ieri?
Ogni secolo ha le sue donne fatali o, se preferite, le donne fatali che si merita. Se la romanità ha avuto Cleopatra, Bisanzio ha avuto Teodora. Ma l’Ottocento, fertile terreno dei miti moderni, ne ha avuto una serie. Artificiale e naturale, frigida e libertina, tempestosa e annoiata, la femme fatale ossessionava l’immaginazione degli uomini. Il suo fascino irresistibile disturbava la classe al potere, tutta presa dalle esigenze del mercato. Nella letteratura tutti i grandi, da Charles Baudelaire ad August Strindberg, da Gabriele D’Annunzio a Prosper Mérimée, hanno cercato di raccontarla trasformandola in un mito che poi è dilagato nella pittura e nella musica.
Nella vita reale queste ammaliatrici furono donne di grande fascino fisico e intellettuale, dominate dal piacere di stupire e dall’esigenza di affermare la propria libertà. Furono attrici come Sarah Bernhardt, spie come Mata-Hari, patriote come Cristina di Belgioioso, intellettuali come Lou von Salome, muse come Alma Mahler. A 20 di queste sirene dell’Ottocento ho dedicato il mio Femme fatale (Vallecchi).
Certo allora frequentavano Friedrich Nietzsche e Sigmund Freud, Charles Baudelaire, Honoré de Balzac e Ardengo Soffici. Niente del genere tra le loro eredi: le femme fatale sopravvivono a tutto, anche ai capricci del mercato, ma la crisi economica esige l’autarchia anche nel campo della seduzione assoluta. Basta con gli assassini accavallamenti di gambe di Sharon Stone. Basta con Paris Hilton che impone ai pretendenti il baciapiedi.
Anche se le donne di oggi sanno fare convivere più identità diverse (a casa, sul lavoro e nell’amore), il gioco degli abbinamenti è facile. Chi potrebbe rappresentare la contessa di Castiglione meglio di Carla Bruni? Certo una volta gli imperatori non sposavano le femme fatale che li seducevano, ma almeno in questo un progresso c’è stato. Con la contessa Bruni condivide l’elevata origine sociale e una bellezza aristocratica, una grande spregiudicatezza e la disinvoltura amorosa.
Entrambe hanno fatto un disinvolto uso della nudità. Entrambe amano un colore contestato, il viola. La contessa ha accumulato centinaia di fotografie che la ritraggono vestita o nuda. Le foto di Bruni in déshabillé hanno invaso il mondo. Purtroppo mentre Castiglione era patriottica Bruni sembra incline alla clemenza per poco romantici terroristi.
«Carlà», come la chiamano i francesi, potrebbe condividere quello che Castiglione scrisse nel suo diario: «Ogni donna ha il dovere di essere bella, non per sé, ma per gli altri. Per sé, invece, deve essere ambiziosa, astuta e agguerrita».
Ha rischiato di essere fatale al fazioso Michele Santoro la bionda bellezza di Beatrice Borromeo. Anche lei come una principessa del passato, l’irresistibile Cristina di Belgioioso, sembra avere uno sciagurato amore per le cause estreme. Anche lei si sente vicina ai perseguitati, benché, a differenza di Belgioioso, non li frequenti. Certo, se Beatrice ha l’intelligenza, la tenacia e la cultura di Cristina di Belgioioso, fa di tutto per tenerle nascoste. Ma come la femme fatale dell’800, anche Borromeo ama gli abiti molto scollati e si muove con disinvoltura fra un amore e l’altro.
E chi, tra le grandi ammaliatrici, ci ricorda Afef Jnifen? Basta guardarla per pensare a Jeanne Duval, l’amata mulatta di Baudelaire. Entrambe hanno la grazia selvaggia che piaceva al poeta, il seno ben presente, il passo ondeggiante, il lampo provocante dei grandi occhi scuri e la dentatura bianchissima. Certo Afef non è capricciosa, traditrice e infingarda come la Venere nera di Baudelaire. Ma i versi di La capigliatura, nei Fiori del male, sono perfetti per entrambe: «O chioma che ti svolgi fino alla scollatura! O riccioli! O profumo carico d’indolenza! Estasi! per popolare stasera/ l’alcova oscura dei ricordi dormienti in questa capigliatura, io voglio sventolarla nell’aria come un fazzoletto!».
Altre, fra le seduttrici contemporanee, sembrano incarnare tanti aspetti della femme fatale. Asia Argento ne ha impersonata perfettamente una in un film francese, Une vieille maîtresse di Catherine Breillat. Le sue brune attrattive hanno l’indolente ardore e il minaccioso fascino delle sirene. Ma non possono minimamente essere paragonate a quelli di una scandalosa di genio come Sarah Bernhardt. Non dimentichiamo che, come diceva lo scrittore francese Antoine Blondin, «tutte le donne sono fatali. Si comincia col dovere loro la vita e finiscono per causare la nostra perdita».