Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  maggio 21 Giovedì calendario

FRANCA ROIATTI PER PANORAMA 21 MAGGIO 2009

Russia Prove di disgelo, o almeno di sbrinamento Il pragmatismo di Barack Obama e Dmitri Medvedev, che si incontreranno a luglio, fa intravedere una nuova stagione nei rapporti fra Washington, l’Europa e Mosca. Restano questioni spinose, come la difesa antimissile, il Caucaso, la Nato. E c’è chi avverte: attenzione, il Cremlino non ha cambiato stile, le aperture sono solo di facciata.
Gli ultimi avvenimenti, dall’esercitazione della Nato in Georgia, che ha fatto infuriare Mosca, alla parata militare di sabato 9 maggio sulla piazza Rossa, poderosa come mai prima, raccontano di una nuova ondata di gelo pronta a sconvolgere le già difficili relazioni tra la Russia e l’Occidente. Eppure c’è chi scommette che, al di là degli strappi dell’Alleanza atlantica e dei ruggiti del Cremlino, il ghiaccio abbia cominciato a sciogliersi. Complice soprattutto la mano tesa di Barack Obama. E una certa apertura del presidente russo Dmitri Medvedev, su alcune questioni interne, che ha fatto sussurrare a qualcuno l’arrivo di una «primavera moscovita» foriera di novità anche sul piano internazionale.
In questi ultimi mesi il successore di Vladimir Putin ha incontrato gli attivisti per i diritti umani al Cremlino, concesso un’intervista alla Novaja Gazeta, il quotidiano di Anna Politkoskaja, la giornalista uccisa per i suoi scomodi reportage sulla Cecenia. Ha approvato una legge che obbliga i dirigenti statali a rendere pubblica la dichiarazione dei redditi, anche dei familiari, e deciso di mettere mano a quella che di fatto bloccava qualsiasi attività delle ong. Gesti che alcuni giudicano sinceri, anche se frutto di una strategia concordata con Putin per far fronte ai devastanti effetti della recessione. Ma dei quali è difficile stabilire la portata.
«Operazione cosmetica» sentenzia in prima pagina la Frankfurter Allgemeine Zeitung. «Una trasformazione che porterà, pur in tempi lunghi, Medvedev a strappare totalmente la scena a Putin» preconizza Fedor Lukjanov, direttore della rivista Russia in Global Affairs, che riconosce al nuovo inquilino del Cremlino e a quello della Casa Bianca un pragmatismo di cui i predecessori mancavano.
Obama già nel primo incontro con il suo omologo russo, durante il vertice del G20 a Londra, ha cambiato tono aprendo quella che alcuni analisti e diplomatici chiamano «finestra di opportunità» nei rapporti russo-occidentali. Se sia destinata a restare per lo meno socchiusa si capirà presto. Il 18 maggio a Mosca partono i negoziati per siglare un nuovo trattato sulla riduzione delle armi atomiche. Il 21 e 22 a Khabarovsk (Siberia) si tiene il vertice euro-russo: sul tavolo il rinnovo dell’accordo di partenariato e la spinosa questione dell’energia.
«I rapporti tra Russia e Occidente hanno raggiunto il punto più basso dalla fine della guerra fredda. Ora non possono che migliorare» taglia corto Hans Joachim Spanger, esperto di Russia dell’Istituto di ricerca sulla pace di Francoforte autore del rapporto. «Molte aziende russe sono fortemente indebitate all’Ovest e per uscire dalla crisi economica globale l’unica strada è collaborare. Anche per questo è possibile un dialogo più costruttivo tra Russia e Occidente. Esistono ancora disaccordi, in certi casi profondi, ma da entrambe le parti c’è la volontà a evitare nuove guerre di parole».
Professare ottimismo, tuttavia, non è semplice. A fine aprile due diplomatici russi sono stati espulsi dalla Nato, con l’accusa di essere spie. Pochi giorni più tardi l’avvio delle esercitazioni dell’Alleanza in Georgia ha determinato la stizzita replica di Mosca. L’atteso vertice fra Patto atlantico e Russia, che avrebbe dovuto segnare una ripresa del dialogo dopo il conflitto nel Caucaso dello scorso agosto, è stato annullato. Medvedev ha definito le manovre Nato «una vistosa provocazione», il premier Putin ha rincarato affermando che è un ostacolo al «reset», il riavvio delle relazioni voluto da Washington.
«La reazione russa è stata isterica» conviene Mark Medish, ex consigliere di Bill Clinton, analista al Carnegie endowment for international peace. «Però il tempismo delle esercitazioni Nato è tutt’altro che ottimale. Affermare, come scusa, che erano programmate da tempo significa escludere che si possa usare l’intelligenza per riprogrammare gli appuntamenti».
Insomma, la «provocazione» poteva essere evitata. Non solo, «spesso i singoli episodi sono giudicati con eccessivo allarmismo» commenta Maurizio Massari, capo del servizio stampa della Farnesina, portavoce del ministro e autore del libro Russia, democrazia europea o potenza globale? (editore Guerini e associati). «La Russia non ha alcun interesse a rinnegare la cooperazione intrapresa con l’Occidente. Vuole, legittimamente, essere accettata come grande potenza. E gli Usa sembrano disposti a riconoscerne l’importanza. Mosca deve comportarsi responsabilmente, ma l’Ue deve trovare un modo efficace per integrare la Russia, anche sul piano della sicurezza. Lotta al traffico di droga, armi e radicalismo islamico sono problemi comuni».
L’invito è dunque a non farsi distrarre dai carri armati sfoggiati il 9 maggio sulla piazza Rossa, per festeggiare la vittoria sul nazismo e lanciare un monito ai paesi intenzionati a «imbarcarsi in avventure militari», messaggio chiaro per il presidente georgiano Mikhail Saakashvili.
«L’adesione di Georgia e Ucraina alla Nato è stata posticipata indefinitamente» osserva Spanger «non credo che gli Usa siano così irresponsabili da premere ancora su questo tasto. Ciò non toglie che la Russia sia preoccupata dall’avvicinamento degli stati ex sovietici all’Europa».
Non è un caso che il nuovo partenariato orientale, accordo tra Ue e Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina, sia stato fortemente voluto dai governi conservatori di Svezia e Polonia, due paesi che hanno con Mosca un rapporto complicato. «L’Ue ha detto che l’iniziativa non è contro di noi, vogliamo credere a queste assicurazioni» ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, buttando acqua sul fuoco, dopo aver mostrato nervosismo per il tentativo dell’Unione di allargare la propria sfera d’influenza fino al «cortile» di Mosca.
Il nazionalismo, la propensione, dimostrata nei mesi scorsi, ad affermare muscolarmente la propria idea sugli equilibri internazionali continuano a fornire cartucce alla schiera di quanti non credono a un cambiamento nei rapporto Est-Ovest: «Le relazioni fra Russia e Ue sono difficili e peggioreranno» sentenzia Lukjanov «mancano totalmente la fiducia e la comprensione delle reciproche aspirazioni. Con Washington l’atmosfera è più distesa. E Mosca è indispensabile per la risoluzione di problemi molto più prioritari per la Casa Bianca, quali Afghanistan e Iran».
Analisi condivisa da Sandra Dias Fernandes, analista al Center for European policy studies di Bruxelles: «Non illudiamoci, al vertice del 21 maggio tra Ue e Russia non si faranno sostanziali passi avanti. Le parti sono divise su tutte le questioni principali: dall’energia alla sicurezza. E finché Mosca non accede alla Wto, non si riuscirà neppure a creare un’area di libero scambio con l’Europa. La Russia è volubile e fare concessioni non serve, se non ad alzare la posta in gioco».
Sul tappeto resta la questione del sistema di difesa antimissile, che George W. Bush aveva voluto in Polonia e Repubblica Ceca: Obama non l’ha ancora menzionato, Putin vuole discuterne nel pacchetto disarmo, che accadrà? Spanger ritiene che Obama non possa fare marcia indietro. In questo caso non gli rimane che sfoderare il suo talento diplomatico quando a luglio sarà al Cremlino, sperando di convincere il pragmatico Medvedev.