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 2009  maggio 16 Sabato calendario

DIFESA, CON I CACCIA SI TORNA A VOLARE

Per le aziende della difesa è una buona notizia a metà. Lo sblocco della terza minitranche dell’Eurofighter dà sollievo all’industria aerospaziale europea. Una boccata d’ossigeno, per un valore stimato in circa 8 miliardi di euro, mentre si avvicina come uno spettro il taglio agli investimenti nella difesa. Fa da apripista il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, con il budget che sta per presentare.
Nello stesso tempo, però, con la decisione di dimezzare la commessa Efa rispetto al programma iniziale (112 aerei anziché 236), i governi dei quattro paesi fondatori del consorzio (Gran Bretagna, Germania, Spagna e Italia) hanno fatto capire ai costruttori che difficilmente compreranno altri caccia di questo tipo.Con la firma del nuovo contratto ”è attesa in giugno – gli ordini dei quattro paesi si fermeranno a 496, anziché i 620 preventivati. L’Italia comprerà 21 aerei della terza tranche anziché 46, per un totale di 96 caccia Typhoon, in luogo dei 121 previsti in origine.
Il ridimensionamento della commessa del controverso caccia, orgoglio dell’industria ma oggetto di critiche per i costi, è dovuto essenzialmente a problemi di bilancio. Ma ci sono anche critiche sull’adeguatezza di questa macchina da guerra. La scelta di comprare ulteriori Efa ha creato disappunto soprattutto nelle forze armate britanniche, che considerano l’Efa – secondo la stampa inglese ”un aereo obsoleto, una reliquia della guerra fredda. Questo caccia è stato progettato come intercettore per supremazia aerea, per battersi contro bombardieri o altri caccia. Una situazione che, almeno per le esigenze di difesa dell’Europa, oggi è superata. I caccia di ultima generazione, tra cui spicca il Jsf degli Stati Uniti (F-35), non ancora in servizio, hanno invece una più spiccata caratteristica di cacciabombardieri, per l’attacco al suolo.
Per l’Efa questa possibilità è molto limitata, malgrado l’evoluzione della terza tranche. Questo, insieme ai costi, rende più difficile esportare l’Efa fuori del perimetro dei paesi fondatori. Lo hanno comprato finora Austria (15) e Arabia Saudita (72), che in prevalenza ritirerà aerei già in uso alla Raf inglese.
Per l’Efa in Italia lavorano circa 10mila persone. «Per il nostro gruppo – ha detto Pier Francesco Guarguaglini, presidente di Finmeccanica,allaCamerail 1° aprile’acquisire ordini in Europa è abbastanza difficile. Le cose migliorano solamente quando abbiamo a che fare con programmi internazionali. I programmi più importanti sono l’Efa,il Tornado, gli elicotteri Nh90 e Aw-101, le fregate Fremm e Orizzonte, i siluri leggeri Mu90».
Oltre ai rivali classici, tra cui l’F-16, a complicare la vita dell’Efa c’è il nuovo supercaccia Jsf negli Stati Uniti. il maggior programma di aereo militare mai concepito, Lockheed Martin è capocommessa. L’Italia ha aderito, con lo stanziamento statale di 1.028 milioni di dollari nel 2002, alla fase di sviluppo. Il coinvolgimento delle imprese italiane nell’F-35 è stato però inferiore alle attese. La Lockheed non dà lavoro garantito, mette in concorrenza i fornitori secondo il principio del «best value» , cioè dell’offerta migliore. Ora si sta discutendo l’acquisto del velivolo per sostituire gli Amx, i Tornado e gli Av-8B dell’aeronautica dal 2014.
In aprile, il Parlamento ha dato parere favorevole al programma presentato dal governo per l’acquisto di 131 F-35. Il costo complessivo dal 2009 al 2026 è stimato dal governo in 16,6 miliardi di dollari (circa 12,9 miliardi di euro), a condizioni economiche 2008. Inoltre si spenderanno 775 milioni di dollari (605 milioni di euro) per la Faco, la linea finale di assemblaggio a Cameri (Novara). La copertura finanziaria di questi costi è da individuare.
Secondo il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto «il programma Jsf non è in contrasto con Efa ma è complementare». Ma il problema più serio è la scarsità di risorse. Se i soldi vengono spesi da una parte non vanno dall’altra. E i militari preferiscono l’F-35 all’Efa.
Finmeccanica e le altre imprese italiane chiedono a Lockheed uno spazio maggiore nella produzione e nell’accesso alle informazioni, reclamando un appoggio dal Governo. In questo scenario c’è stato un botta e risposta tra Guarguaglini e il vertice della Difesa. Il presidente di Finmeccanica, in un’audizione in commissione Difesa a Montecitorio il primo aprile, parlando dell’incremento dei costi dell’elicottero del presidente degli Usa, l’Eh101 di AgustaWestland, ha spiegato che questo è dovuto alle richieste di modifica fatte dai militari Usa. «Si può dire, dunque, che è fuori costo, ma è successo lo stesso con il Jsf: all’inizio costava 30 milioni di dollari, ora costa 125 milioni di dollari», ha detto Guarguaglini.
«Intendo precisare quanto riferito da Guarguaglini», ha detto Crosetto alla stessa commissione il 7 aprile. «Nell’evoluzione del modello la stima del costo unitario del Jsf, detta Unit recurring Flyaway (Urf), è passata da circa 37 milioni di dollari a circa 50 milioni, a condizioni economiche 2002. Probabilmente Guarguaglini ha paragonato – ha aggiunto il sottosegretario – la stima iniziale del costo Urf, che include solo il velivolo e i sistemi di bordo, al costo di procurement
che include anche gli equipaggiamenti non ricorrenti, gli ancillary equipment, i dati tecnici e le pubblicazioni, i servizi della ditta, gli equipaggiamenti di supporto, l’addestramento industriale e i pezzi di ricambio iniziali. Si tratta pertanto di un raffronto che, a mio avviso, non risulta corretto».
L’industria della difesa deve adeguarsi alle nuove esigenze belliche, con nuovi prodotti. I conflitti in Afghanistan e Iraq dimostrano che servono aerei ed elicotteri da trasporto più rapidi a decollare e in condizioni di maggior sicurezza. Occorrono strumenti di comunicazione più efficaci, per la "digitalizzazione" del campo di battaglia.
Serve un maggior impiego di aerei da ricognizione senza pilota. L’Italia ha recentemente comprato altri Predator della General Atomics. C’è una riscoperta di armamenti e mezzi terrestri, soprattutto veicoli più agili e meglio protetti per trasporto truppe. Il Pentagono sta per lanciare una gara per nuovi mezzi a ruote blindati. Le truppe italiane in Afghanistan stanno beneficiando dell’efficacia del Lince, prodotto da Fiat-Iveco.
L’agenzia europea della Difesa sta per richiedere alle industrie proposte per un sistema completo europeo di addestramento di piloti militari. «La prossima pubblicazione della Request of information dell’Agenzia europea della difesa per il sistema di addestramento rappresenta un passaggio fondamentale per dare all’Europa una capacità comune di formazione in campo aeronautico », rileva Michele Nones, direttore dell’area sicurezza e difesadello Iai.« un valore aggiunto fondamentale per un’Europa comune della difesa e rappresenta – aggiunge Nones – un’occasione strategica per fare del nostro M-346, che l’aeronautica militare sta per comprare, la macchina avanzata comune per l’intera Europa». Tra i prodotti italiani di punta c’è il lanciatore di piccoli satelliti Vega, realizzato da Avio (70%) e Agenzia spaziale (30%) attraverso Elv. Il primo lancio sarà nel 2010. Orazio Ragni, amministratore delegato di Avio, spiega il passo avanti: «Stiamo passando ad essere dei sistemisti, gli architetti industriali del nuovo lanciatore Vega. Gli unici in Europa finora erano i francesi di Eads Astrium».