Roberto Da Rin, ཿIl Sole-24 Ore 16/5/2009;, 16 maggio 2009
BOLIVIA, UN TUNNEL FINO AL PACIFICO
Un tunnel lungo 150 chilometri, scavato in territorio boliviano, sbucherebbe direttamente nell’Oceano Pacifico, in un’isola artificiale costruita con i detriti delle perforazioni. Sarebbe questa la soluzione praticabile per l’ottenimento di quello sbocco sul mare di cui la Bolivia cerca di riappropriarsi dopo aver perso la Guerra del Pacifico con il Cile, nel 1833.
Il progetto, non c’è che dire, e molto immaginifico: peccato sia una burla. Tre architetti cileni, Humberto Eliash, Carlos Martner e Fernando Castillo Velasco, professionisti di valore, soprattutto nel farsi pubblicità, sono riusciti nell’improbabile intento d’essere ripresi, niente meno che dal Financial Times. A dispetto dello sdegno espresso 4 giorni fa da Tito Hoz de Vila, presidente della Commissione Esteri del Senato: « un insulto pensare a un’ipotesi del genere, si tratta di una banale burla».
Che uno dei paesi più poveri del mondo, la Bolivia appunto, trovi le risorse per un’opera faraonica, un tunnel lungo 45 volte di più del grande incompiuto, il Ponte sullo Stretto di Messina, è di per sé una suggestione giorna-listicamente improbabile da appoggiare. Impossibile se si valuta la fattibilità della creazione di un’isola artificiale di sovranità tri-nazionale, Bolivia, Cile, Perù. Ancora più irrealistico pensare alla realizzazione politica del piano: il fantomatico tunnel passerebbe sotto un territorio conteso tra Cile e Perù. Tra i due paesi si trascina un’annosa disputa arrivata sul tavolo della Corte di giustizia internazionale dell’Aja. La querelle internazionale sarebbe quindi allargata a tre paesi, i nodi da sciogliere infiniti. I peruviani non sarebbero mai disposti a dare il "sì" al tunnel e poi, secondo il progetto, l’isola artificiale sorgerebbe in uno spicchio di mare divenuto "tri-nazionale", di Bolivia, Cile e Perù. Ma che il Perú, ça va sans dire, considera suo.