Daniela Roveda, ཿIl Sole-24 Ore 16/5/2009;, 16 maggio 2009
RIO BRAVO CHIUSO PER LA CRISI
Quel che non han potuto le muraglie, gli spiegamenti di polizia, i radar e i sensori, le pattuglie di vigilantes, ha potuto la recessione: l’immigrazione dal Messico negli Stati Uniti è crollata di pari passo con la crisi economica.
Le statistiche ufficiali del censo messicano rivelano che l’emigrazione (la stragrande maggioranza diretta verso gli Usa) è scesa del 25% rispetto all’anno precedente già nell’agosto del 2008, all’apice della crisi subprime. Ma sono i dati ufficiosi raccolti alla frontiera a confermare un trend inequivocabile: il numero di arresti di clandestini catturati in flagrante è precipitato. Se non c’è lavoro, non c’è incentivo a emigrare.
Non tutti sono d’accordo con questa interpretazione. Il demografo Steven Camarota del Center for Immigration Studies sostiene che è stato il rafforzamento dei controlli al confine ad arginare il flusso di illegali; la recessione si è limitata a dare un contributo al trend. Camarota dà credito all’amministrazione Bush per aver stanziato fondi pubblici per costruire muraglie nei principali punti di passaggio tra il Messico e la California, il Texas e l’Arizona, per adottare nuove tecnologie, moltiplicare i controlli nelle fabbriche sospettate di impiegare lavoratori illegali, far salire del 17% in un anno le guardie di frontiera a un piccolo esercito di 17.500.
Molti esperti di immigrazione restano convinti invece che non ci sono controlli che tengano quando c’è la volontà e il bisogno di trovare lavoro. Uno studio dell’University of California di San Diego basato su interviste fatte all’inizio di quest’anno a cittadini messicani residenti in California rivela per esempio che tutti sono riusciti prima o poi a evadere i controlli e passare la frontiera. A volte ci vogliono tre o quattro tentativi: la polizia che arresta i clandestini non ha altra scelta che riportarli oltre confine, e sperare di arrestarli una seconda o terza volta se ritentano.
Se non ritentano, è perché non hanno i soldi per pagare un altro "coyote", le guide che aiutano i clandestini a orientarsi nei deserti e sulle montagne dove è più facile evadere la sorveglianza delle pattuglie. Un passaggio costa dai 3mila ai 5mila dollari, una cifra che molti messicani colpiti dalla recessione nel loro paese non possono più permettersi. E non possono permettersi nemmeno di arrivare in America e non trovare lavoro. La recessione americana ha colpito infatti in maggior misura i settori che tradizionalmente impiegano la manodopera messicana: l’edilizia, i ristoranti, le imprese di pulizia.
Il numero di immigranti illegali, messicani e non, è quindi probabilmente sceso negli Stati Uniti l’anno scorso. Ma resta ugualmente pari ad almeno 11,5 milioni, 2,7 dei quali residenti in California, un numero elevatissimo e destinato a riprendere a crescere appena l’economia inizierà la risalita. E ciò sottolinea l’urgenzadi una riforma dell’immigrazione che includa la possibilità di acquisire la residenza legale o la cittadinanza per chi vive illegalmente negli Stati Uniti. Il presidente Barack Obama dovrebbe pronunciarsi sull’argomento in un discorso atteso per le prossime settimane.