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 2009  maggio 17 Domenica calendario

Leonardo, 10 anni, e Nicolò, 6 anni, sono stati prelevati da una scuola di Milano La madre e i due figli «rubati» prigionieri per legge in Germania Lo Jugendamt impedisce ai minori nati sul suolo tedesco di lasciare il Paese Martedì prossimo, Giuseppe e Teresa Orlando, di Acerra, entreranno al Tribu­nale di Brema, aula 246

Leonardo, 10 anni, e Nicolò, 6 anni, sono stati prelevati da una scuola di Milano La madre e i due figli «rubati» prigionieri per legge in Germania Lo Jugendamt impedisce ai minori nati sul suolo tedesco di lasciare il Paese Martedì prossimo, Giuseppe e Teresa Orlando, di Acerra, entreranno al Tribu­nale di Brema, aula 246. Chiederanno l’autoriz­zazione per tornare ad avere contatti con i nipo­ti, Giuseppe e Pia Sophie, che non vedono da tre anni. Loro figlio, Antonio, il padre dei bambi­ni, li aspetterà fuori: nemmeno lui vede Giusep­pe e Sophie dalla primavera 2006. un altro di quei drammi crudeli e complicati che di solito scivolano nelle piccole cronache: rotture tra ma­rito e moglie, separazioni, ripicche, tribunali che qualche volta alzano un muro tra un genito­re e i figli. Nei giorni scorsi, però, la vicenda di Leonar­do, dieci anni, e Nicolò, sei – prelevati l’8 mag­gio dai carabinieri in una scuola milanese e spe­diti immediatamente in Germania – e della lo­ro mamma Marinella Colombo, ha aperto una finestra su una realtà poco conosciuta e strana. Strana perché la Germania è un modello di civil­tà. Ha però un problema. Lo Jugendamt – l’or­ganizzazione tedesca che è servizio sociale a fa­vore dei giovani, ma anche consulente e parte in causa nelle aule dei tribunali, avvocato e in certi casi persino ufficiale giudiziario – tende ad anteporre l’essere tedesco dei bambini al lo­ro vero bene. Con esiti che possono essere deva­stanti. In settimana la Farnesina annuncerà la creazione di una task force per vigilare sulla sot­trazione internazionale dei minori. Marinella Colombo, milanese, e Jörg Tobias Ritter, di Monaco, si conoscono a metà Anni ”90, in Eritrea. Marinella, che oggi ha 47 anni, è laureata in lingue e a quel tempo traduceva in simultanea dal francese film africani. Si innamo­rano, si frequentano e nel 1997 si sposano. Lei lascia l’attività milanese – era diventata respon­sabile della filiale di un’impresa di accessori per l’abbigliamento – e si trasferisce vicino a Mo­naco, a Unterhaching, dove Ritter, oggi 46 anni, ha un’impresa di trasporti, traslochi e affitto di furgoni. Nell’estate 1998 nasce Leonardo, nel 2002 Nicolò. Tra marito e moglie, però, le cose non vanno per il meglio. Differenze culturali, di mentalità. «Oggi non mi stupisce il comportamento del mio ex marito, totalmente allineato alla volontà dello Jugendamt di non fare uscire dalla Germa­nia nessun bambino nato sul suolo tedesco – dice la signora ”. Anche lui è un figlio dello Ju­gendamt, di questo sistema che ha come obietti­vo la patria, non importa quali siano i bisogni, i desideri, il bene di un bambino. Suo fratello ci ha lavorato, da dipendente, e la moglie di que­sto fratello, che non ho mai conosciuto, è stata coinvolta in una vicenda di figli che l’ha anche portata in ospedale psichiatrico». Molti tentativi di stare insieme ma, alla fine del 2006, arriva la separazione. Per i figli viene stabilita la residenza presso la madre, a Taufkir­chen, due passi da Unterhaching. A inizio 2008, alla signora Colombo viene chiesto di trasferirsi a Milano dalla multinazionale per la quale lavo­ra: inizia le procedure legali per spostarsi con Leonardo e Nicolò. Si impegna per iscritto a por­tare a sue spese i figli una volta al mese a Mona­co, dal padre, e a consentirgli di vederli quando vuole. Già poco dopo la separazione, un tribuna­le bavarese aveva nominato due curatori dei fi­gli, funzionari legati allo Jugendamt, di fatto ter­zi genitori incaricati di assicurare il bene dei bambini. un periodo che Marinella Colombo descrive come di intensa pressione: i bambini vengono spesso interrogati dai curatori, quan­do sono con il padre viene loro vietato di telefo­nare alla madre, «li terrorizzano al punto da far­gli odiare tutto ciò che è tedesco». Nel giugno 2008, la richiesta di trasferimento a Milano viene respinta. Le pressioni aumenta­no – sostiene la madre – in alcuni momenti anche in modo rocambolesco, come quando vie­ne emesso un mandato di cattura per la madre mentre i figli sono in vacanza con il padre. «Mi convinco che stanno costruendo un caso contro di me, come fa sempre lo Jugendamt in queste circostanze, che non avrebbero fatto uscire i bambini dalla Germania e poi avrebbero cercato di togliermi l’affido, come hanno fatto in moltis­simi casi di genitori non tedeschi». Lo scorso 14 settembre, dunque, prende Leonardo e Nicolò e li porta a Milano. Dieci giorni dopo parte un mandato di cattura internazionale. Il 27 ottobre la signora si costituisce (viene rilasciata con l’ob­bligo di firma). I bambini, intanto, iniziano la scuola. Ma solo fino al 2 dicembre. Quel giorno, infatti, il Tribunale dei minori di Milano acco­glie la richiesta arrivata dalla Germania di rimpa­trio di Leonardo e Nicolò, «senza darmi la possi­bilità di difendermi, sulla base di documenti non veritieri e non verificati dai giudici italiani», dice Colombo. Li nasconde, latitanti. Il tribunale di Milano, nel frattempo, non accoglie la richie­sta di estradizione in Germania della madre. A inizio aprile, comincia il dramma finale. Gli avvocati di Ritter e Colombo raggiungono un accordo sulla base del quale i bambini posso­no tornare a scuola, il padre rinuncia al rimpa­trio e in compenso la madre si impegna a fare riprendere i contatti tra lui e i bambini. «L’accor­do – dice la signora – viene spedito all’autori­tà centrale del ministero di Grazia e giustizia, dottoressa Valeria Procaccini, e da lì alla pari au­torità in Germania, a Bonn. Anche al Tribunale dei minori milanese, che ha concordato, è stato detto dal ministero di non procedere al rimpa­trio », precisa la madre. L’8 maggio, venerdì, Ma­rinella va a scuola a prendere i figli, vede le fac­ce sconvolte delle maestre e capisce: i bambi­ni non sono più a scuo­la, tornano in Germania. Il Tribu­nale dei Minori di Milano ha accolto una richiesta arrivata all’improvviso dagli avvo­cati di Ritter. «Senza nemmeno avvertirmi». Un tranello. «Ora non li vedrò più – dice ”. In Italia non solo non sono stata difesa, mi hanno preso in giro. Eravamo probabilmente vicini a una crisi diplomatica e l’Italia ha voluto evitare un contra­sto con la Germania, non importa che in questo modo abbia rovinato la vita dei miei figli, la mia, quella di mia madre». Già, in questi dram­mi ci sono anche i nonni. «Mia mamma ci mise un paio d’anni ad accettare il mio matrimonio – racconta Marinella ”. Da piccola, sul finire della guerra, a Carugate, era stata messa al mu­ro dai militari tedeschi che minacciavano di uc­cidere donne e bambini se non si fossero pre­sentati i giovani italiani che si nascondevano per non essere reclutati. Si presentarono e due miei zii furono mandati in campo di concentra­mento. Dopo un po’, però, mia mamma ha ac­cettato il matrimonio, si è liberata da ogni pre­giudizio. Fino a quando, in un tribunale tede­sco, ha visto i modi dello Jugendamt». Non è questa, naturalmente, la Germania che conosciamo oggi. Ma la questione Jugendamt c’è, ed è piccola solo perché rimane di solito chiusa nella disperazione di qualche casa. Ma è grande per Marinella Colombo, per i suoi figli e anche per i nonni Orlando: con il cuore che bat­te forte, andranno in tribunale, martedì, a Bre­ma, «città anseatica» e aperta al mondo. Danilo Taino 17 maggio 2009