Claudio Sabelli Fioretti intervista Alessandra Mussolini, Se ci fosse ancora lui, Aliberti editore, 2009, 123 pagine, 12 euro., 17 maggio 2009
Claudio Sabelli Fioretti intervista Alessandra Mussolini, Se ci fosse ancora lui, Aliberti editore, 2009, 123 pagine, 12 euro
Claudio Sabelli Fioretti intervista Alessandra Mussolini, Se ci fosse ancora lui, Aliberti editore, 2009, 123 pagine, 12 euro. Sogni. La notte in cui Benito Mussolini apparve in sonno alla moglie Rachele per dirle: «Alessandra è la mia nipote prediletta». La Ducia. Come la soprannomina Michele Serra. Lupe. «Il nonno lo difendo come una lupa». Galline. Nonna Rachele, che aveva solo galline nere («Secondo me per motivi politici. Le aveva geneticamente modificate»). Stalking. La sua opinione su Claretta Petacci. «Hai presente il film Attrazione Fatale? Successe la stessa cosa. Quello fu un caso di stalking. Oggi la Petacci finirebbe sotto processo. Aveva quattordici anni, si era fissata che doveva incontrarlo. Lei lo massacrò mio nonno. Lo pedinava, gli faceva appostamenti, gli telefonava ogni dieci minuti. Gli faceva scenate di gelosia, gli scriveva lettere. Il nonno subì. Era un rapporto patologico». Distrazioni. Figlia di genitori separati (da quando lei aveva quattro anni), del padre ricorda che scappava sempre. «Era distratto. Mi chiedeva continuamente che classe facevo. Soffrii moltissimo quando nacque un’altra figlia, Rachele, da un altro matrimonio». Tinture. Quando venne a sapere di essere tradita dal marito con una bionda, sua mamma si tinse i capelli. «Lo fece per non soffrire. Se lei vedeva i capelli biondi sulla giacca di papà, pensava che potevano essere i suoi». Chignon. Non è mai stata una secchiona a scuola (quella volta che si tolse di bocca la gomma da masticare e l’appiccicò sullo chignon della compagna seduta davanti perché non la faceva copiare). Da Filosofia passò a Medicina perché tutti le dicevano che con quel cognome non poteva dare esami. Dependance. Quando, con sua sorella, andava a trovare zia Sophia a Los Angeles, Carlo Ponti era un continuo non toccare questo non toccare quello. Le facevano dormire in una dependance. «Avevamo paura dei coyote che ululavano di notte. Loro due, belli e tranquilli, chiusi nella villa. E noi due nella dependance, terrorizzate». Honda. Entrata nel mondo dello spettacolo, non fu aiutata dalla zia star e dallo zio produttore. Fu salvata da una pubblicità della Honda. «Tre mesi in Giappone, avevo ventun anni, guadagnai un sacco di soldi, ottanta milioni. Ci comprammo una casa». Cult. Ha inciso anche un disco. «L’hanno battuto all’asta a Londra. un cult». Play boy. A diciannove anni posò per un servizio su ”Playboy”. Cachet quindici milioni. Cognome. Tredici film in tutto, il problema maggiore era sempre il cognome. «Tutti volevano cambiarmelo. Risi voleva chiamarmi Alessandra Zero. Scola voleva proprio eliminarlo. Voleva chiamarmi solo Alessandra». Matrimonio. Sposata con Mauro Floriani, che «ha fatto la parte di padre, di marito, di tutto». Si sposarono a Predappio, un 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma. «Fu una scelta familiare». Ai figli, tre, ha dato anche il suo cognome. Punti. «Io voglio il matrimonio a punti. Come la patente. Col matrimonio si dà sempre tutto per scontato. Una volta che tu sei sposato, nel bene o nel male, non c’è critica, non c’è discernimento. Ti sposi e ti danno cento punti. Il tradimento vale poco, meno cinque punti, non ce ne frega niente. Però se picchi tua moglie, ti tolgono trenta punti. Se vai dal gioielliere e le regali una collana, più dieci. Se torni a casa prima e guardi i bambini, più venti. Quando finiscono i punti te ne vai a casa». Quanti punti sono rimasti a tuo marito? «Una trentina». Spinte. Prima di entrare in politica votava per il Psi. Decisiva la spinta del padre, che la presentò a Fini. «Fu un successo. Feci una campagna elettorale senza mezzi. Mi aiutò mia mamma che andava in giro da tutte le parti e mio papà che mi preparava qualche discorso». Perché sei piaciuta? «Perché ero politicamente scorretta» Targhette. La prima volta che entrò in Parlamento e al suo posto trovò la targhetta col nome del marito. «Feci il diavolo a quattro e misero Mussolini». Mussoliniana. «Ho sempre detto: ”Sono mussoliniana più che fascista”. Io sono nata Mussolini. Non ho bisogno di essere fascista. Non devo dimostrare niente… Io mi chiamo Mussolini e posso permettermi di dire anche cose di sinistra». Imborghesiti. «Mio nonno non era di destra. Suo padre Alessandro era anarchico. Lui non è nato dalla destra liberale, anzi, all’inizio l’ha combattuta. Le sue radici contadine lo hanno fortemente caratterizzato. Mi hanno dato una sua lettera del 1933 in cui dice: ”Andate nei quartieri proletari, non indossate abiti di lusso, non andate nei locali mondani”. Praticamente Brunetta. Non era borghese. Lo è diventato dopo […] Il fascismo lui lo ha creato ed è finito con lui. Era mussoliniano, non fascista. Come me». Se fosse ancora vivo. «Non starebbe certo con i conservatori. Starebbe con chi fa le riforme. Se la destra le fa, starebbe con la destra. Se la destra non le fa, starebbe dall’altra parte. Lui aveva il dono dell’ubiquità. La sua nascita di sinistra gli poteva consentire di fare battaglie trasversali. Starebbe con gli americani. Con Sbarak Obama». Famiglia. «Io lo difeso a prescindere da, difendo le radici, difendo la mia famiglia, perché è la famiglia. Per tutti gli altri è un personaggio storico, per me è il nonno, il nonno che non ho conosciuto». Buzzurri. «In Italia prima del fascismo eravamo dei buzzurri. Pensa alla figura dell’uomo, del maschio. Prima era quasi femmineo. Con l’avvento di mio nonno, con questo fatto del torace nudo…». Alleanze. «Il nonno non era razzista. Risulta dai diari, da quello che mi raccontava nonna Rachele, dalle esperienze che lui ha avuto con le donne, dalle sue amicizie. Purtroppo c’è stata quella alleanza con la Germania». Quand’è che hai smesso di essere eletta in quanto Mussolini? «Già dalla seconda elezione. Le mie battaglie, la mia personalità… se non ti fai valere, duri poco. Anche se ti chiami Mussolini». Mai. «Nel 1992 Gianfranco Funari mi fece un’intervista per la Rai. Mi disse: ”Tu, con il tuo cognome, non diventerai mai ministro”. Ci ha azzeccato». Carriera. «Credo che avrei fatto più carriera a sinistra. Sarei stata un ottimo ministro delle Pari opportunità di un governo di sinistra». Battaglie. «Spesso ho rapporti migliori con le opposizioni. Le battaglie sociali le ho fatte sempre con i miei avversari politici». Quali altri partiti ti hanno fatto la corte? «Volendo potevo andare con tutti». Dimmi una cosa di centrodestra. «Bisogna fornire la Bibbia a tutte le scuole». Dimmi una cosa di centrosinistra. «Un bambino che arriva in Italia diventa automaticamente nostro figlio. Deve essere seguito e tutelato». Trattative. Alle elezioni politiche del 2006 Berlusconi le suggerì di non trattare personalmente la sua candidatura: «Voleva tutelarmi. Ma se non fossi andata io sarebbe andata anche peggio. Vedevi questi corridoi pieni di candidati stravolti, candidati in bilico tutti saponati, e candidati sicuri che si fumavano la sigaretta dopo il travaglio. Io ero l’unica donna lì che stava a girare e combattere. Porte che si aprivano e che si chiudevano. Sono andata là anche di domenica per paura che mi facessero scivolare ulteriormente». Abito. Sul feeling con Berlusconi. «Io capisco quando è stanco. Poi dal look capisco anche quando è giusto o sbagliato intervenire. Quando è in tuta si può fare, si può forzare la mano. Quando è in tiro, elegante, è meglio lasciar perdere». Doni. «Berlusconi è un dono di Dio. Gli altri sono il castigo di Dio […] Amo Berlusconi. uno che ti ascolta. Umanamente è incredibile. Lui saluta, ti parla. Quando papà stava morendo mi chiamava ogni giorno per sapere come stava». Sapone. Quando Berlusconi dice che lei ha le gambe più belle del Parlamento, le fa piacere. «Però poi lo devi far dimenticare e andare avanti. Magari se lo deve ricordare di nuovo quando ci sono le elezioni. Perché deve cacciare i posti. Posti non saponati». Fissazioni. Similitudini tra Mussoni e Berlusconi. «Tutti e due fissatelli per le donne». Berlusconi vuole il 51 per cento. C’è un po’ atmosfera da partito unico. «Non è un partito unico. un partito di unici. All’interno ci sono varie personalità. Al massimo è una diarchia. Fini ogni tanto si mette di traverso. E mi rende felice». Tu parli di politica coi figli? «Sono ancora piccoli però hanno già la percezione che Berlusconi va bene. Lo guardano quando è in televisione». E quando c’è Veltroni? «Preferiscono Berlusconi. un personaggio che colpisce i bambini». Partitone. «Cambiare il contenitore ma non i contenuti. Io nel partitone continuo a mettere i contenuti che voglio. Mi sento liberissima anche nel Pdl». Fini. «Che ci debbo fare? Fini è la mia malattia». Adesso almeno non litigano più. Ma al massimo si scrivono. «Ci mandiamo dei fogliettini, dei messaggini. Come i ragazzini innamorati». La spazzatura a Napoli. Di chi era la colpa? «E di chi vuoi che sia la colpa? da venti anni che ci sono quelli del centrosinistra a Napoli». Fischi. Quella volta che in aula scoppiò una rissa, perché dai banchi della Dc urlavano piazzale Loreto, e lei fece silenzio con un fischio alla pecorara. «Un successone. La sera me lo fecero ripetere in televisione». Durezza. «Di duro Bossi c’ha solo il cervello». Salmoni. Si è sempre definita un salmone. «Ma anche i salmoni alla fine si danno una calmata. C’è un limite a tutto. Ci vuole un minimo di buon senso politico. Ho sempre fatto tutto da sola. Quando dico che sono un salmone intendo dire che non mai avuto un mentore, uno che mi aiutasse. Altri hanno la strada spianata». Sintesi. Ospite alla trasmissione Milano Italia, condotta da Gianni Riotta, rivolgendosi ad Antonio Bassolino: «Ah Bassoli’, hai fatto crolla’ la lira». «Mi avevano detto di fare un discorso di economia. E io ho fatto la sintesi. Quando parlo io, quando uso il mio linguaggio, le idee passano, arrivano». Bombe. Aveva accettato di essere intervistata per la trasmissione americana Sixty minutes, quando il giornalista cominciò col chiederle se non si vergognasse del suo cognome e via dicendo. «Non ascoltava nemmeno le mie risposte e continuava ad insultarmi. A un certo punto mi sono stufata, gli ho strappato il microfono di mano e ho cominciato a fare un macello. ”Parlate di democrazia proprio voi che avete buttato la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki?”. Urlavo e gliene dicevo di tutti i colori» (l’intervista andò in onda con successo). Pecore. Quella volta che portò due pecore nere davanti al cavallo della Rai. «Per dire: ”Voi considerate il popolo come un gregge» (ce l’aveva con la legge per la par condicio alle ultime europee, che «mirava alla distruzione de piccoli partiti»). Appunti. Ospite a Porta a Porta insieme a Pina Picierno, non ne poteva più di vederla parlare leggendo i fogliettini che teneva sulle ginocchia. «Glieli strappai e li buttai. ”Di’ le cose che pensi non quelle che ti hanno scritto». Guerrafondaie. A Porta a Porta, quando Mussolini si sedette in grembo a Livia Turco. Tra gli ospiti, Anselma Dell’Olio (moglie di Giuliano Ferrara), sosteneva la necessità di attaccare Iraq, Iran, Siria, e sentendosi per questo dare dalla Mussolini della guerrafondaia, replicò: «Come? Proprio tu col tuo cognome?». «Io mi alzai: vicino alla guerrafondaia non volevo starci. Andai dall’altra parte e chiesi ospitalità alla Turco, che mi accolse amorevolmente». Calci. Quando diede un calcio a Katia Berillo durante la trasmissione Porta a Porta. «Fu il primato di audience nella storia della televisione italiana. Settantacinque per cento, record di tutti i tempi, da quando è nata. Quando successe io chiamai Violante, all’epoca presidente della Camera, e lui fece una lettera di censura al suo ministro. Proprio correttissimo». Nel salotto di Vespa ti comporti sempre male. «Posso farlo. mio zio! il figlio del Duce!». Narici. «La caratteristica somatica tipica della nostra famiglia sono le narici, e il punto d’incontro tra la base del naso e il labbro superiore. Abbiamo questa parte corta. Esattamente come Bruno Vespa». Extension. Non si dimenticherà mai di quella volta che Daniela Santanchè, in occasione della visita di Giovanni Paolo II a Montecitorio, pur di farsi riprendere dalle telecamere, le rubò il posto in prima fila. La Mussolina, al settimo mese di gravidanza, per tutta risposta le tirò l’extension. « stata una mancanza di sensibilità talmente grave che ormai la Santanchè mi fa ridere quando parla di donne, bambini, di infanzia. Per me lei è finita, ha chiuso, una croce sopra». Daniela Santanchè difende le donne musulmane… «Ma che deve difende’? Deve difende’ se stessa!». Brusii. Quando, insieme a colleghe anche di sinistra, si presentò in Senato per protestare per la legge 40 sulla procreazione assistita, i senatori le investirono dandole delle puttane: « inutile che veniate qua a protestare… non vedete l’ora di farvi scopare…» («Non verbalizzarono. Scrissero: ”brusii”»). Prostituzione. «Io sono per la regolamentazione, per creare dei quartieri, per il pagamento delle tasse, per i controlli sanitari obbligatori, per la pensione». Icaro. «La Brambilla ha avuto un grosso aiuto da Berlusconi. Un grosso lancio. In un certo momento sembrava perfino un’investitura da vice. Ma ha volato troppo alto e come Icaro si è bruciata le ali». Libertà. «Libertà è quando tu hai la possibilità di esprimere in piena coscienza il tuo pensiero. Libertà è qualcosa che devi costruire ogni giorno. Non c’è mai libertà abbastanza. Oggi c’è sicuramente meno libertà di domani». Bandiere. Quando si presentò al Parlamento europeo e avvolse Borghezio con la bandiera italiana. «Lui aveva attaccato il presidente della Repubblica. Non poteva farlo. In quel momento rappresentava l’Italia». Inno. A un certo punto, sostenendo che si dovevano iniziare le sedute in aula con l’inno nazionale, lo scaricò sul cellulare e lo mise vicino al microfono. «Presiedeva Fini. E mi tolse la parola. Figurati! Fini, sempre Fini!». Impronte. Quando presero le impronte ai deputati nella prospettiva di cambiare sistema di votazione alla Camera. « tutta una commedia. […] A ogni impronta è stato assegnato un punteggio. Quelle chiare prendevano otto, nove o dieci. Quelle confuse prendevano l’insufficienza. Io ho incontrato alcuni della Lega disperati. Un leghista l’ho visto abbattuto tutto il giorno e alla fine gli ho chiesto: ”Che c’è?”, ”Eh, sono andato a prendere le impronte”, ”Embè?”, ”C’ho due!”. Sembrava che gli avessero dato dell’impotente». Solidarietà. « necessaria una solidarietà anche forzata tra le donne […] Quando stai perdendo la pazienza e ti verrebbe da dire: ”Madonna, a questa adesso gliene dico di tutti i colori”, devi fermarti e dire: ”No, è una donna”». Pivetti. «Voleva dare a tutti i costi di sé un’immagine che non era la sua. E diventava grottesca. Voleva sembrare maschile. Noi donne per essere forti non dobbiamo maschilizzarci, se no è finita». Casini. «Cattolico, aveva una fidanzata pur essendo sposato con un’altra. Per di più ha divorziato. inutile che Casini parli di famiglia. Parla bene e razzola male». Stella Mas. «Il vero voltagabbana doc, come la mozzarella, è Mastella. la pietra di paragone […] Mastella ha cambiato talmente tante volte partito che adesso cambierà pure cognome, Stella Mas. Così non darà nell’occhio». Telecomandati. Disse : «Bondi è telecomandato come Ambra». «Ma adesso è migliorato. diverso. Non è più quello che era». Affacciatine. «Lo sai che non mi posso mai affacciare ai balconi quando ci sono le manifestazioni popolari? Quando vinse Alemanno io volevo fare un’affacciatina, ma me l’hanno impedito. Capirai. Aveva vinto Alemanno. Se mi affacciavo io al balcone, era finita». Saluti. Giura di non avere mai fatto il saluto romano. Salvo una volta, in posa per una foto, da piccola, ma costretta. «Non ho bisogno delle forme, delle esteriorità. Sono cose che mi appartengono. Le ho ereditate. Io non ho neanche avuto una militanza ideologica […] La mia ideologia era familiare, non culturale o politica». Anzi, fa il saluto romano quando la provocano facendole il pugno chiuso. A prescindere. Tra Bossi e Fini butterebbe dalla torre Fini. «Fini è come i gatti, ha sette vite. Lo butto senza starci a pensare. Lo butto a priori. A prescindere». Revisioni. Tra Di Pietro e Travaglio butterebbe dalla torre il secondo. «Non è niente. fine a se stesso. Almeno Di Pietro ha un senso […] Se Di Pietro rivedesse alcune sue posizioni… se si ripulisce… Di Pietro è di destra». Come giudichi lo stato di salute del Pd? «Purtroppo è come quando ti regalano un uovo di Pasqua e lo dimentichi al sole. Rimane solo l’involucro con una massa informe e appiccicaticcia dentro». Chi non ti piace a destra? «Ormai a destra mi piacciono tutti. Ho fatto il lavaggio del cervello, la lobotomia, mi devono piacere tutti». Cripte. «Non concepisco l’idea di morire. una cosa assurda. Ho veramente paura di vivere quel momento. E poi ho l’ansia che mi mettano dentro la cripta dei Mussolini, a Predappio, soffocata, laggiù sotto terra. Io preferirei una sepoltura all’aria aperta».