Stefano Folli, Il Sole 24 Ore 16/05/2009, 16 maggio 2009
DIETRO GLI ATTACCHI ALLA STAMPA C’ LA SOLITUDINE DEL PREMIER
Le ultime settimane hanno messo in luce una parziale novità: la solitudine di Silvio Berlusconi. Una solitudine politica che nessun sondaggio d’opinione, per quanto confortante, riesce a lenire. L’aspetto curioso è che questa condizione si è delineata all’indomani di un momento trionfale, come è stato il congresso da cui è nato il Popolo della Libertà. Senza contare le giornate drammatiche del terremoto dell’Aquila, quando l’impegno del presidente del Consiglio e dei suoi collaboratori ha spinto in alto tutti gli indici di gradimento.
Poi qualcosa si è incrinato. Lo riconosce persino un giornale amico, ma non privo di senso critico, come Il Foglio: «La luna di miele tra Silvio Berlusconi e il paese è finita» scriveva ieri. Pur aggiungendo: «In compenso, l’opposizione non sembra arrivata nemmeno al primo appuntamento». Ma questa mancanza di alternativa, dovuta alla debolezza e peggio alla confusione in cui arranca il Pd, non cancella l’impressione che qualcosa è cambiato nel rapporto di tipo carismatico fra Berlusconi e gli italiani.
Può darsi, anzi è probabile, che i risvolti pratici siano per ora irrisori. Le elezioni europee e amministrative si annunciano come un buon successo, forse ottimo, per le liste di centro-destra. Tuttavia il leader appare nervoso e inquieto come mai in passato. Soprattutto appare solo. Il modo in cui ha replicato a Repubblica è emblematico.
Il giornale, come è noto, ha riassunto in dieci domande gli interrogativi che molti si sono posti intorno al «caso Letizia», la famiglia di Casoria presso cui il premier si è recato a festeggiare il compleanno della diciottenne Noemi, figlia di un uomo del posto che gli è amico da lunga data.
I quesiti sono insidiosi, ma rientrano nella prassi della libertà di stampa e nei doveri di un giornale che non intende fare sconti al politico più potente del paese. Logica voleva che Berlusconi rispondesse con stile. Magari eludendo con astuzia i punti scomodi, ma accettando la sfida della trasparenza cui era chiamato da uno dei più autorevoli quotidiani nazionali. Viceversa il premier ha diffuso a caldo un comunicato stizzito in cui si parlava di «odio» e di «invidia» nei suoi confronti. Ieri, in una conferenza stampa dedicata ad altri temi, ha rifiutato di rispondere ai giornalisti che lo sollecitavano. Purtroppo non si tratta di una prova di forza, ma di debolezza. Per meglio dire, si tratta di un errore che rischia di avere conseguenze imprevedibili. Perché non è normale che un presidente del Consiglio in carica attacchi i giornali sgraditi e rifiuti di chiarire una vicenda controversa che lo riguarda.
Anche questo dà l’idea di un personaggio solo e irrequieto. Poche voci si sono levate in sua difesa dopo il «caso Letizia» e la crisi matrimoniale che ne è seguita. L’ambiguità alimentata fin dall’inizio (affare privato, affare pubblico?) non ha fatto che peggiorare la situazione e anche sul piano politico Berlusconi ha raccolto scarsa o nulla solidarietà dai suoi alleati. Bossi lo ha criticato subito, molti altri hanno taciuto. Nel frattempo l’orologio della politica ha scandito altri passaggi: la vittoria della Lega sull’immigrazione, i pesanti rilievi del capo dello Stato sui rischi di xenofobia, le critiche dell’Onu, i problemi della ricostruzione in Abruzzo. E adesso i dati del Pil in caduta verticale. A Palazzo Grazioli il premier si consola con i sondaggi elettorali. Ma è il primo a sapere che occorre un colpo d’ala, pena il declino.