Marco Cobianchi, Panorama, 21 maggio 2009, 21 maggio 2009
MARCO COBIANCHI PER PANORAMA 21 MAGGIO 2009
Draghi contro la banca delle Coop Molto severo il rapporto degli ispettori di Via Nazionale sulla gestione della Unipol Banca: troppi derivati, troppi investimenti in immobili. La risposta di Bologna: una maxi ricapitalizzazione da 200 milioni, più 375 in obbligazioni, e il rinnovo del management. Basterà per rassicurare il governatore?
Perdite sui derivati, troppi crediti al settore immobiliare, bilanci poco trasparenti, management inadeguato e non abbastanza professionale, troppa manualità e pochi computer nella gestione ordinaria della banca: ci sono rilievi di ogni tipo nel rapporto che gli ispettori della vigilanza della Banca d’Italia hanno redatto dopo avere visitato l’Unipol Banca (oggi Ugf Banca) alla fine del 2008.
Il rapporto, che Panorama ha potuto leggere, è stato consegnato ai dirigenti bolognesi e mostra un quadro sorprendente dell’istituto presieduto da Pierluigi Stefanini, presidente anche della controllante Ugf (che fa capo alla Lega delle cooperative), il cui amministratore delegato è Carlo Salvatori.
A fronte dei rilievi la Ugf Banca ha comunque già assunto alcune iniziative. La più importante, risulta a Panorama, è un maxiaumento di capitale da 200 milioni (il doppio di quanto previsto in un primo momento) e un prestito obbligazionario da 375 milioni in modo da rafforzare l’istituto. «In ogni caso supereremo il livello di solidità patrimoniale richiesto dalla Banca d’Italia» afferma il neodirettore generale Luciano Colombini.
La Banca d’Italia, nel rapporto firmato dal direttore generale Fabrizio Saccomanni, si riferisce «al recente passato» (cioè dopo la gestione di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, terminata nel gennaio 2006) e spiega che «la situazione complessiva della Unipol Banca ha mostrato negli ultimi anni elementi di crescente criticità specie con riferimento al comparto dei derivati e al perseguimento di una politica di rapida crescita dimensionale attuata in assenza di idonei presidi organizzativi e di controllo nonché di un’adeguata pianificazione strategica».
Il rapporto riferisce che sono emersi «rilevanti disfunzioni nell’organizzazione amministrativo-contabile e nel sistema dei controlli interni»; «elementi di debolezza con riferimento agli equilibri patrimoniali, alla situazione di liquidità e alla qualità del credito».
E questo è solo l’inizio. I «profili di accentuata anomalia» che caratterizzano «l’operatività in derivati Otc (cioè non scambiati su mercati regolamentati, ndr) con la clientela (...) si è svolta in assenza di adeguati indirizzi, procedure e controlli. Ciò ha esposto la banca a rilevanti rischi di controparte, reputazionali e legali, non sottoposti ad attenta valutazione degli organi aziendali neanche a seguito dei rilievi mossi dal precedente accertamento ispettivo del 2004. A fronte dell’improvvisa emersione, nell’ottobre del 2007, di una consistente esposizione della clientela – da cui sono scaturite contestazioni e denunce all’autorità giudiziaria – la banca non ha assunto iniziative volte al contenimento del rischio e al graduale rientro delle esposizioni».
La risposta della banca? Accantonamenti per 219 milioni di euro, chiusura, nel corso del 2008, di tutti i contratti con la clientela e la decisione di spesare le perdite in derivati nel bilancio dell’anno scorso, che si è chiuso con una perdita di 88 milioni rispetto a un utile netto di 36,7 milioni del 2007.
Oltre che per i derivati alla Unipol Banca viene rimproverato l’esagerato impegno negli immobili: «La polarizzazione delle erogazioni di importo cospicuo a beneficio del comparto immobiliare (…) ha aumentato il grado di concentrazione del portafoglio. La forte e poco selettiva crescita degli impieghi perseguita nel recente passato si sta traducendo in un progressivo aumento delle partite anomale, non sempre appostate a voce propria, e delle perdite», contribuendo a creare «tensioni di liquidità». Frase che deriva da un’attenta analisi dei bilanci passati dell’istituto da parte degli ispettori di Via Nazionale.
pur vero che «il patrimonio di vigilanza è risultato adeguato». Però non sembra sufficiente a rispondere alla «possibile emersione di ulteriori perdite sia sui crediti di più recente erogazione sia nell’ambito dell’operatività in derivati». Da qui la decisione della banca di varare una ripatrimonializzazione di 575 milioni.
A questo punto Bankitalia chiede di mettersi al lavoro per rimuovere le «accentuate anomalie» che sono state riscontrate dagli ispettori. Per prima cosa, dice il documento, occorre una «riconfigurazione dell’assetto organizzativo e procedurale nonché un adeguato rafforzamento delle competenze professionali a tutti i livelli» e una «rifondazione del sistema dei controlli interni». Tanto è vero che, ricorda il direttore generale Colombini, da dicembre a oggi sono stati sostituiti 10 alti dirigenti della banca, ed egli stesso è arrivato a Bologna poco più di 5 mesi fa.
Gli uomini di Draghi chiedevano anche entro il 30 aprile «un nuovo piano industriale», sottolineando «l’esigenza che nel nuovo resoconto la determinazione del capitale interno complessivo sia coerente con gli obiettivi e i livelli di rischio». In attesa che il piano venga approvato dagli uomini di Draghi, alla Unipol Banca viene vietato di «effettuare nuove operazioni in derivati finanziari, a esclusione di quelli stipulati in conto proprio con finalità di copertura, nonché il divieto di assumere ulteriori iniziative di ampliamento della rete territoriale», che oggi conta 292 filiali.
«La ristrutturazione della banca è iniziata molto prima del rapporto della vigilanza» puntualizza Colombini «soprattutto su impulso dell’amministratore delegato della holding, Salvatori, che già all’inizio del 2008 aveva rilevato una situazione critica della banca» che, spiega, ha anche deciso una «maggiore selettività degli impieghi».
Ora la palla è nel campo dell’istituto di Via Nazionale. Occorrerà vedere se il governatore Mario Draghi si riterrà soddisfatto delle azioni intraprese e se deciderà di «scongelare» l’operatività di un istituto che, fra derivati e immobili, ha pericolosamente rischiato di essere trascinato verso il fondo.