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 2009  maggio 16 Sabato calendario

Lettere a Sergio Romano - BUSH: LA VITA PRIVATA DI UN PRESIDENTE A RIPOSO A cento giorni dall’insediamento del presidente Obama, sembra che l’ex inquilino della Casa Bianca il presidente George W

Lettere a Sergio Romano - BUSH: LA VITA PRIVATA DI UN PRESIDENTE A RIPOSO A cento giorni dall’insediamento del presidente Obama, sembra che l’ex inquilino della Casa Bianca il presidente George W. Bush si sia dissolto, solo poche notizie e talvolta curiose. Mi permetta una sola domanda: lei crede che l’opera di G. W. Bush potrà essere mai rivalutata dalla storia, e perché, oppure sarà considerato, come sembra essere, uno dei presidenti più sfortunati che gli Usa abbiano mai avuto. Angelo Bacchetta Caro Bacchetta, Credo che le occupazio­ni di George W. Bush siano molto simili a quelle di quasi tutti i suoi predecessori dopo la fine del loro mandato. La tradizione civile degli Stati Uniti vuole che il presidente uscente si comporti come una regina madre: rispettata, onorata, ma priva di qualsiasi influen­za sugli affari del regno. Sup­pongo che stia scrivendo le sue memorie e programman­do la grande biblioteca in cui saranno depositati i do­cumenti della sua presiden­za. Bush non sembra avere le ambizioni di Clinton e Car­ter, decisi a occupare uno spazio nella vita pubblica americana. Preferisce il Texas a Washington e il suo ranch alla Casa Bianca. Sa che i suoi otto anni alla gui­da degli Stati Uniti sono ma­teria di continue controver­sie e non sembra che abbia l’intenzione di passare il re­sto della sua vita combatten­do in trincea contro i suoi critici. Nei toni dimessi e di­screti delle sue risposte ai giornalisti, durante l’ultima conferenza stampa, ho intra­visto una certa umiltà. La sua ostentata fede reli­giosa, negli anni in cui era al­la Casa Bianca, mi è parsa un pericolo per la laicità dello Stato, ma non ho mai pensa­to che Bush fosse un impo­store e un opportunista. La fede potrebbe aiutarlo a sop­portare pazientemente il co­ro di critiche che continue­ranno a levarsi contro la sua gestione della politica estera e finanziaria. Non è questa, invece, la linea del suo vice­presidente. Dick Cheney ha deciso a dare battaglia con­tro i suoi critici e appare spesso in televisione per di­fendere la linea adottata dal­la Casa Bianca, anche nel trat­tamento dei prigionieri poli­tici. Ma Cheney può permet­tersi comportamenti che sa­rebbero poco decorosi per un ex presidente. Alla sua domanda – se Bush possa godere fra qual­che anno di una migliore va­lutazione – rispondo che non ne sarei sorpreso. Per due ragioni. In primo luogo perché è statisticamente im­possibile che un uomo di Sta­to non abbia fatto, durante otto anni al potere, qualcosa di buono. In secondo luogo perché le opinioni pubbli­che e gli intellettuali si stan­cano, prima o dopo, delle ve­rità consolidate e tendono a rimetterle in discussioni. Per amore di contraddizione e di novità arriva sempre qualcuno che si propone di dimostrare come persino gli statisti più giustamente criti­cati abbiano avuto meriti di cui occorre tenere conto. Spero tuttavia che nessuno parli di un presidente «sfor­tunato ». La parola si addice a coloro che furono travolti da circostanze incontrollabi­li. Gli errori di Bush, invece, furono sempre il risultato di freddi calcoli e meditate stra­tegie.