Varie, 15 maggio 2009
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Beck Heinz
• Friedrichshafen (Germania) 3 novembre 1963. Chef. Del ristorante ”La Pergola”, all’ultimo piano dell’Hotel Cavalieri Hilton di Roma a Monte Mario • «[...] tre stelle Michelin. Uno dei pochi, tra quelli famosi, che non considera lesa maestà la richiesta di un pizzico di sale extra da parte del cliente: ”Non penso che i miei piatti siano perfetti. E se il gusto di chi mangia è diverso dal mio non mi offendo, ma lo accontento. Innamorarsi di un’idea e considerarla perfetta conduce alla fine”. [...] amore per l’Italia (’il mio piatto preferito è la pasta”) e per un’italiana, la moglie Teresa, palermitana ”che della cucina mi ha fatto scoprire il sentimento” e che ricambia tanta devozione aspettandolo sveglia tutte le notti, per cenare insieme (’mai prima delle due del mattino, cucina lei ed è bravissima”). [...] ”il lavoro comincia quando scelgo gli ingredienti che mi serviranno più tardi. [...] ho imparato a conoscere la cucina tradizionale italiana e a reinventarla con leggerezza [...] in cucina anche l’operazione più semplice determina la salubrità del piatto. E io voglio servire pietanze sane”. Per farlo, Beck ha studiato la chimica e la fisica e, anche se non arriva a scelte estreme come il suo collega Ferran Adrià, è portatore sano di cucina molecolare: ”In realtà si è sempre fatto, non è vero che la cucina molecolare è una novità. La differenza è che prima si innescavano processi chimici senza saperlo. Oggi sarebbe sciocco non avvalersi delle conoscenze che abbiamo acquisito e, perché no, della tecnologia”. Dettagli che hanno fatto la sua fortuna, certo. Ma pur sempre aspetti tecnici della professione. [...] ”Avere il ristorante pieno tutte le sere fa piacere, è ovvio. E sono felice ogni volta che un critico apprezza il mio lavoro. Ma il mio obiettivo principali è trasmettere un sentimento: ai clienti, che vorrei si alzassero da tavola felici, certi di aver fatto una nuova esperienza che ha coinvolto tutti i sensi. E alla mia brigata di cucina: io non scelgo mai i ragazzi sulla base del curriculum, ma cerco di capire se hanno il mio stesso sentire. Solo così potremo lavorare tutti insieme [...] Un nuovo piatto non nasce all’improvviso: prima c’è l’idea, poi c’è la messa in opera e infine una realizzazione che può essere sempre migliorata [...] volevo fare il pittore, ma mio padre era contrario. Non ho rimpianti, anche se mi dispiace non sapere come sarebbe andata a finire [...] Ho un fratello gemello che aveva scelto la scuola da chef, l’ho seguito”. E lui, è diventato uno chef? ”No”» (’Il Venerdì” 8/5/2009).