Elisabetta Rosaspina, Corriere della sera 15/5/2009, 15 maggio 2009
CENSURO’ I FISCHI ALL’INNO: VIA IL DIRETTORE TV
I cori dei tifosi catalani e baschi diventano un caso nazionale in Spagna
MADRID – Alle 20.45 di ieri sera, ora di punta dell’ascolto dei notiziari, la prima rete pubblica spagnola ha fatto ammenda, piena e incondizionata, e ha offerto su un vassoio la testa del capo della sezione sportiva, responsabile di un errore qualificato dall’annunciatrice di straordinaria «gravità»: non aver trasmesso in diretta e integralmente, la notte prima, l’inno nazionale spagnolo, o quel poco che se ne poteva sentire alla tivù, sotto la raffica di fischi della tifoseria basca e catalana, allo stadio Mestalla di Valencia. Ai primi, irriguardosi sibili, la regia aveva già girato lo sguardo e l’udito dei dodici milioni di telespettatori, collegandosi con lo stadio di Bilbao e le strade semideserte di Barcellona. Al pubblico a casa è stato così evitato il sorriso impietrito di re Juan Carlos e della regina Sofia, nella tribuna d’onore. Dove, secondo testimoni prossimi ai monarchi, la protesta indipendentista non era stata percepita poi in modo così sonoro.
Durante il primo tempo della finale tra Atletico Bilbao e Barcellona per la Coppa del Re, comunque, deve essere scoppiato il finimondo nella sede madrilena di TVE, la tivù di Stato, per quella che, ieri sera, la stessa annunciatrice ha definito una imperdonabile violazione «delle regole della casa». Nell’intervallo del match, l’inno è stato trasmesso in differita, ma ripulito dai fischi, come se fossero solo molesti rumori di fondo, e accompagnato dalle immagini di tifosi che cantavano con la mano sul cuore. Quasi peggio.
L’«audioshop» è stato equiparato a una censura e, per rimediare all’errore definito prima «tecnico» e poi «umano », le scene e i suoni originali sono stati mandati in onda, il giorno dopo, fino alla noia, accompagnate dalle scuse presentate, in una conferenza stampa, dal direttore generale, Javier Pons, dai commenti della vice presidente del governo, Maria Teresa Fernandez de la Vega, del capo dell’ opposizione, Mariano Rajoy, della ministra dell’Industria, Cristina Garmendia, dei capi gruppi e portavoce dei partiti. Un caso nazionale.
Anche se i rappresentanti del governo socialista minimizzavano e il presidente del Partito Popolare si diceva certo che sugli spalti prevalesse la devozione al sovrano e all’ inno della stragrande maggioranza, al capo dei servizi sportivi, Julian Reyes (che, combinazione, in spagnolo è il plurale di re) non è rimasto altro che offrire di buon’ora le sue mortificate dimissioni. Senza che ciò bastasse a risparmiargli l’onta della destituzione, platealmente ribadita in tutti i notiziari radiofonici e televisivi.
I fischi all’inno nazionale spagnolo erano prevedibili ed erano stati previsti. Nello stadio di Mestalla, 55 mila posti tutti esauriti, i tifosi baschi e catalani – o perlomeno le ali dure indipendentiste – si sono coalizzati all’ingresso dei sovrani in tribuna. Secondo il direttore della rete, Pons, l’ordine di scuderia era di riprendere e trasmettere tutta la cerimonia, qualunque cosa fosse successa. Invece la regia ha prontamente staccato dal palcoscenico sportivo di Valencia per fare rapide incursioni tra i tifosi baschi dell’ Atletico Bilbao e nella capitale catalana. Ieri mattina la Coppa del Re era a Barcellona (vincente per 4 a 1) e TVE, alle corde.