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 2009  maggio 14 Giovedì calendario

MARIO SECHI PER PANORAMA 14 MAGGIO 2009

Divorzio, ma non dagli elettori Da Clinton a Sarkozy, a Schröder, da Fini a Casini: a destra come a sinistra la fine di un matrimonio non è mai la fine della carriera politica. Anzi.
’Il potere logora chi non ce l’ha”, motto del divo Giulio (Andreotti) che in tempi di soap politica si può declinare in un più pop ”il divorzio logora chi non ce l’ha”. Silvio e Veronica è un format che replica altri programmi di crac familiare già andati in onda sugli schermi della politica. Sciolti i patti e rotti i piatti, pagati gli avvocati, dissolti i matrimoni e divisi i patrimoni, i leader continuano a fare politica meglio di prima e con più consenso di prima.
Silvio e Veronica sono la versione ”reloaded” di altre saghe, crisi coniugali vicine e lontane. Pier Ferdinando e Roberta, Gianfranco e Daniela in Italia, Bill e Hillary in America, Nicolas e Cécilia in Francia, Gerhard e altra quattro frau impalmate e poi lasciate in Germania. Una lunga teoria di amori e dissapori, marce nuziali e cerimone degli addii.
Se dunque Silvio Berlusconi e Veronica Lario rompono, se eruttano le divisioni, il pubblico è preparato, l’elettore vaccinato. Pier Ferdinando Casini è diventato presidente della Camera con un amore alle spalle sbocciato nel 1982 con Roberta Lubich, figlia del cardiologo Turno Lubich, ex moglie dell’industriale del caffè Francesco Segafredo. Un matrimonio in chiesa alle spalle e un altro in comune con Azzurra, figlia di Francesco Gaetano Caltagirone, tycoon dell’immobiliare e dell’editoria. Le fortune politiche del leader dell’Udc, per saggezza italiana, non sono mai state una faccenda di cuore, la sua carriera è proseguita con due famiglie e quattro figli: Maria Carolina e Benedetta, Caterina e Francesco. Casini è un politico cattolico e un padre di famiglia liberal, i manifesti della sua campagna per le elezioni europee ne sono un esempio. Pier Ferdinando in compagnia dei figli nati dal suo matrimonio con Azzurra e uno slogan che riporta alla normalità della vita perfino le saette che s’incrociano in queste ore fra Arcore e Macherio: ”Un divorziato cattolico”.
Passato e presente di Casini si fanno rivendicazione politica in quello slogan, ricordano che il divorzio è una dimensione a tratti ultra ma col tempo assolutamente terrena dell’esperienza di un uomo e una donna, è il gioco delle coppie che può durare per sempre o spezzarsi. Come Gianfranco Fini e Daniela Di Sotto, 25 anni insieme, icone della destra italiana, storia d’amore e politica: si conobbero nel 1971 in una sezione del Msi (’La prima cosa che mi ha colpito di lui è stato il lungo e brutto cappottone di pelle, e il suo strano modo di parlare. Lo chiamavano Tortellino, era appena arrivato da Bologna”) e sembravano inossidabili. Poi la loro traiettoria si è divisa e l’avvocato Giulia Bongiorno il 16 giugno 2007 comunicò che ”percorsi di vita differenti hanno determinato un progressivo allontanamento che, se non ha minimamente intaccato i sentimenti di stima e affetto reciproci, rende tuttavia impossibile continuare il rapporto coniugale con la serenità e lo spirito di condivisione necessari”. Fine dell’unione a destra, comparsa sulla scena pochi mesi dopo di un’altra lei, Elisabetta Tulliani, un po’ showgirl, un po’ avvocato, bella donna.
Il 2 dicembre 2007 Fini diventa padre per la seconda volta, nasce Carolina e gli italiano scoprono che il leader di An ”è un papà moderno” che aiuta la sua nuova compagna. I due vengono paparazzati e gossippati, Fini bellamente e giustamente se ne infischia, tira dritto, cambia pannolini di notte e fa il presidente della Camera dei deputati di giorno.
Sullo scranno più alto di Montecitorio la storia è un ciclo dell’eterno ritorno. Il presidente Iotti era agli occhi degli italiani di destra e di sinistra ”la Nilde” e basta, non l’ex amante di Palmiro Togliatti. La chiesa del Pci non parlava mai di quella relazione (fu un colpo di fulmine in un ascensore di Montecitorio) chiusa a tripla mandata dal partito al sesto piano di Botteghe oscure; venne allo scoperto dopo l’attentato al Migliore, nel 1948, quando il leader era già sposato. Il servizio d’ordine del Pci fermò Iotti in ospedale, lei voleva stare vicino all’amato, un’umiliazione. Fu Luigi Longo a urlare: ”Ma è la compagna di Togliati!”.
Il destino si diverte, perché fu proprio Longo a lasciare, con un comunicato all’Unità, l’irascibilissima moglie Teresa Noce, la quale voleva addirittura discutere della loro separazione nella direzione del partito. Anni di realismo socialista applicato agli affari di cuore.
Anni invece esuberanti gli Ottanta. Gli italiani non giudicarono mai Bettino Craxi per le sue non poche sortite fra le lenzuola, semmai c’era chi si sintonizzava sul canale della tv privata Gbr per vedere chi fosse quella Anja Pieroni che per Bettino aveva rotto il fidanzamento con Roberto Gancia.
Le parabole dei leader politici, quelli di razza, ”bucano” i nuvoloni creati dalle amanti improvvise e improvvisate. Il divorzio, la crisi matrimoniale li rendono più umani. Prendete Bill Clinton, un grande presidente degli Stati Uniti, un uomo tutto sax e non poco sex. Nello Studio Ovale passava per caso una di nome Monica Lewinsky, lasciò qualche traccia.
Una vecchia gloria del giornalismo americano, l’ex inviato di Newsweek Arnaud de Borchgrave, tempo fa raccontò a chi scrive: ”Mai e poi mai avrei pensato di vedere dei colleghi andare a caccia di tracce di sperma sulla giacca del presidente degli Stati Uniti”. Bill superò la prova dei reporter americani in versione Csi e ci riuscì grazie anche alla tempra della moglie Hillary, sempre al suo fianco. Il resto è storia dei giorni nostri: Clinton è un’icona democratica per sempre e guadagna milioni di dollari facendo il conferenziere, la signora Rodham è segretario di Stato Usa. Scoppiano, ma di successo.
Direte che quelle sono americanate, eppur si muove qualcosa di simile nella politica europea. Gerhard Schröder ha continuato la sua carriera di sciupafemmine in quattro puntate (Eva, Anne, Hiltrud e ora Doris) e tra un matrimonio e un divorzio ha trovato il tempo di fare il cancelliere tedesco e il leader di parito guadagnandosi due nomignoli: ”Audi Man” (quattro cerchi) e ”Signore degli anelli”. L’asse franco-tedesco si conferma anche nel settore tempestoso degli amori. Nicola Sarkozy e Cécilia Marìa Isabel Ciganer-Albéniz Lei con un nome che è già un’ouverture, un matrimonio cancellato all’ultimo momento, un altro celebrato dal sindaco di Neuilly (tal Nicolas Sarkozy: a volta ritornano); lui il presidente incrocio della razionalità francese e dell’imprevedibilità ungherese già reduce di un divorzio… Come poteva finire? Scappatelle, fughe, riconciliazioni, libertinaggio e volantinaggio insieme in campagna elettorale, viaggio negli Stati Uniti e lei, altera e austera, che diserta il pranzo nella tenuta del presidente americano George W. Bush nel Maine. Patatrac. Il 18 ottobre 2007 si lasciano per sempre. Lei sposa a New York il businessman Richard Attias, lui va a una festa del pubblicitario Jacques Séguéla e trova amore e consolazione in Carla Bruni, oggi il tocco essenziale di glamour della diplomazia sarkoziana.
Robetta rispetto a quel ”vorrei essere il tuo Tampax” rivolto da Carlo d’Inghilterra a Camilla Parker-Bowles quando il principe era ancora sposato con Diana Spencer. Cose regali.
Scorrono i titoli di coda, il Cav a Porta a Porta ha fatto il record di ascolti, uno spettatore su tre incollato al video, nei sondaggi non si sposta un voto. Perché se il divorzio diventa un reality, se il sistema dei media si lecca i baffi, se il buco della serratura è la dimensione epica del dibattito, se il voyeurismo impera, lo spettatore fa zapping, sorride sornione come il Groucho Marx che diceva ”il matrimonio è la causa principale del divorzio”, ma alla fine vota senza telecomando e ben lontano dal mediatico di dietro, davanti, sopra sotto e sottosopra della politica.