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 2009  maggio 14 Giovedì calendario

LA VITTORIA DI ROMA


Gli ultimi dubbi sono caduti. I lombardi che vorranno andare in America e in Cina non potranno più partire dal loro «aeroporto di casa».
E anche per recarsi in molte destinazioni europee dovranno «cambiare» a Fiumicino, o, se preferiscono, a Francoforte, Parigi, Londra. Come fanno da anni i piemontesi, i liguri, i veneti, gli emiliani che hanno visto tagliare i collegamenti in partenza dai loro scali aerei verso molte destinazioni importanti.
Optando per Fiumicino, l’Alitalia (e possiamo dire l’Italia, perché sarebbe difficile pensare che una decisione simile non sia stata presa senza un previo assenso governativo di massima) ha comunque compiuto una scelta difficilissima. Si trattava di individuare il male minore, in termini di conto economico e di perdita di traffico, un percorso obbligato dal punto di vista economico ma sicuramente non scontato dal punto di vista politico: quella di presentarsi sullo scenario del trasporto aereo mondiale con un unico grande hub, ossia aeroporto centrale di riferimento. Due hub, Malpensa e Fiumicino, l’Alitalia non se li poteva proprio permettere, come non se li può permettere nessun’altra compagnia delle sue dimensioni e la scelta è stata, tutto sommato, logica: si è optato per lo scalo più grande, anche se così si perderanno molti passeggeri (che comunque fino ad ora sono quasi sempre stati trasportati in perdita).
Il messaggio va però molto al di là delle logiche aziendali. L’Italia ha superato una paralisi decisionale che l’ha fermata per molti anni e ha ribadito di voler giocare sullo scacchiere dei trasporti internazionali come sistema economico organicamente unito e non con sottosistemi semiautonomi che difficilmente possono raggiungere l’economicità. La centralità della Pianura Padana nell’ambito euro-mediterraneo, da molti sostenuta con argomenti non banali, fa un passo indietro: Roma sta legando a sé Milano anche con la linea ferroviaria ad alta velocità e ribadisce così il proprio ruolo centrale.
In questo decisionismo, Roma si è rivelata piuttosto «milanese» mentre Milano si è scoperta «romana». Nel corso degli ultimi mesi, infatti, Roma si è, nel complesso, dimostrata «imprenditoriale», i poteri locali si sono evidentemente dati da fare perché si arrivasse alla decisione annunciata ieri da Alitalia, e in questo senso va interpretato anche l’accordo parallelo di Alitalia con Aeroporti di Roma. Milano, al contrario, ha sostanzialmente atteso gli eventi; forse ha sperato che i ministri lombardi dessero una mano o che la Lega ponesse dietro Malpensa il suo considerevole peso politico, facendo della sua valorizzazione un elemento di irrinunciabilità.
Probabilmente, però, la Lega ha orizzonti diversi. Per Milano ci sono i fondi Expo, più in generale sul piatto c’è il decreto sicurezza con il suo tempestoso passaggio parlamentare, e dietro l’angolo il federalismo. Non occorre essere degli incalliti dietrologi per immaginare la possibilità e la ragionevolezza, dal punto di vista degli strateghi del partito di Bossi, di uno scambio politico, anche se tale scambio non risulterà molto gradito ai numerosi elettori del Carroccio che vivono in provincia di Varese e che comunque vedono prossima l’istituzione delle «ronde» di cui hanno fatto una priorità. Non si può in ogni caso non provare un certo senso di delusione per non aver visto maggiori energie di imprenditori settentrionali dedicate al tentativo di creare una credibile compagnia aerea incentrata su Malpensa - come sembra voler fare Lufthansa con la consociata Lufthansa Italia - mentre proprio Alitalia ha ricevuto dal Nord un consistente apporto di capitale.
La sconfitta di Malpensa, per molti versi prevista, rilancia la possibilità che l’Italia Settentrionale provi ad organizzarsi con una rete di piccoli e medi aeroporti, il che ridimensionerebbe ulteriormente lo scalo milanese; e sicuramente lascia l’amaro in bocca a molti di coloro che fecero fallire l’offerta di Air France che, a suo tempo, con l’appoggio del governo Prodi, avrebbe probabilmente garantito a Malpensa un futuro meno incerto di quello che deve affrontare oggi.