Alessandra Cristofani, La stampa 12/5/2009, 12 maggio 2009
RIVOLTA CONTRO LA CHIESA-CUBO DI FUKSAS
Per ora la celebrazione eucaristica nel maxi-cubo di via del Roccolo, poche centinaia di metri dal nuovo ospedale, viene limitata a una volta la settimana, la domenica. E dire che il ciclopico poligono di cemento armato che, coi suoi 26 metri d’altezza, si staglia imponente sopra i tetti della pianura folignate, cuore del cuore dell’Umbria, è stato inaugurato da quasi un mese.
La chiesa, definita una scatola di scarpe, un dado o più benevolmente un magazzino, porta la firma dell’architetto di fama internazionale Massimiliano Fuksas. Voluto dalla Conferenza Episcopale, l’edificio di culto, fin da quando era un progetto, ha scatenato feroci polemiche. A contestare l’incoerenza rispetto all’ambiente circostante sono stati i residenti del quartiere, prima periferia cittadina, che a svegliarsi, la mattina, con l’ombra gigantesca di un cubo che grava sulle loro abitazioni, proprio non ci stanno. Che la casa di Dio debba somigliare a un silos, loro non ci credono. «Sembra un capannone costruito per il terremoto: ci ricorda quei tempi bui» E a niente è servita la rassicurazione del vescovo di Foligno, monsignor Gualtiero Sigismondi, che si è addirittura dichiarato «rapito dalla luce», sostenendo che «il fedele, quando entra, è portato a guardare verso l’alto». Già, l’alto. Con la maiuscola e con la minuscola. Verso Dio e verso quel calcestruzzo armato a vista, il «béton brut» dei francesi, che si allunga nel cielo per una trentina di metri o quasi. Decisamente più poetica la definizione dell’opera delle riviste specializzate che le imprimono lo status di un «monolite criptico chiuso all’intorno, quasi inaccessibile, astratto». Accanto alla chiesa si erge una specie di lungo container che ospita sacrestia, locali del ministero pastorale e casa canonica, connesso con la cappella feriale ed anch’esso sospeso di un metro e mezzo da terra. A salutare i fedeli proprio davanti alla rampa d’ingresso, in cemento anch’essa, una stele a forma di croce alta oltre tredici metri.
I più polemici giurano invece che la chiesa folignate somiglia più alla Kaaba, tempio islamico della Pietra Nera, meta dei pellegrinaggi alla Mecca, che a un luogo della cristianità. Fuksas, dal canto suo, difende con convinzione la sua opera, dichiarando perfino di essersi convertito grazie a papa Benedetto XVI in omaggio al quale ha realizzato una chiesa verticale, in linea con la liturgia della messa secondo il rito tridentino. Il cubo di Fuksas, indigesto ai profani, non va giù nemmeno agli addetti ai lavori. Se per Vittorio Sgarbi la chiesa-cubo non è altro che uno scatolone color grafite, anche per la compagine di artisti e architetti locali l’opera non ha meriti. Raffaele Ariante, pittore assisiate, scrive perfino una lettera aperta al presule folignate, chiedendogli di «attraversare, insieme, la navata che non c’è, e raggiungere, ancora una volta insieme, l’abisde, inesistente anch’esso». Poco o niente indulgente nemmeno l’architetto Carlo Rampioni che ironizza sulla natura del terreno umbro nel quale «semini architettura e nascono cubi». Polemica aanche sui costi: tre milioni di euro, più seicentomila per gli arredi.