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 2009  maggio 12 Martedì calendario

TONINO L’ACCHIAPPA-CERVELLI


Dalla Mitteleuropa al Molise, da Kleist al lavoro dei campi, dal tavolo del caffè San Marco a Trieste al tressette a Montenero di Bisaccia. Claudio Magris annuncia che voterà per Antonio Di Pietro alle europee.
Acuto e leggero, Gianni Vattimo un po’ s’entusiasma un po’ si schermisce: «Anche Magris sta con noi? Ma è meraviglioso! Non vorrei che adesso esagerassimo, che diventassimo troppo il partito degli intellettuali, poi la gente non ci vota più...». Già, il partito degli intellettuali. Chi l’avrebbe detto anche solo cinque anni fa che il grande esodo dell’intellighenzia dal post-Pci, il partito di intellettuali e popolo, accelerasse così? Umberto Eco ormai è scettico sul Pd, Roberto Saviano ne prende le distanze, ora Magris comunica che, pur non essendo iscritto «a nessun raggruppamento politico, ho deciso stavolta di votare per l’Italia dei Valori che mi sembra un’opposizione al contempo moderata, aliena da ogni estremismo, e ferma». Tra l’altro, un’epigrafe sulle tante accuse di girotondismo, populismo, rozzezza persino grammaticale che di solito vengono rivolte all’ex pm. Un’epigrafe, anche, sulle ultime speranze di egemonia culturale dei democrat.
Com’è potuto accadere? E non da un girotondino, non da un Tabucchi, ma dal «gran borghese», dallo studioso di Joseph Roth, un uomo alieno da ogni idea dell’attività intellettuale come accecata militanza, peraltro già senatore della sinistra indipendente. C’entra, naturalmente, la vicinanza di Magris con Giorgio Pressburger, candidato dipietrista a Trieste, scrittore, massimo esperto di cose ungheresi, oltre che organizzatore di un importante festival teatrale. «Lo conosco da una vita», spiega Magris. «Lo voterò perché, europeo come pochi, ha dimostrato di sapere unire alla sua così notevole creatività artistica e culturale la capacità pratica di organizzare, amministrare e rappresentare, qualità essenziali per chi si occupa della cosa pubblica». Certo Magris non era stato colto di sorpresa dalla candidatura dell’amico ventennale.
Racconta Pressburger che i due ne hanno parlato a lungo, e l’autore di Danubio gli aveva anticipato la sua idea: «Se oggi proprio dovessi votare, voterei per quel partito». L’Italia dei Valori. Lunghe conversazioni, anche sull’Italia di Berlusconi? Non direttamente. Pressburger ricostruisce: «Vede, il problema non è tanto la persona di Berlusconi, ma una riflessione che facciamo da tempo sul declino della civiltà europea, che è stata piegata da una forza immane all’obbedienza e al culto del denaro». Magris, la cui unica esperienza politica in Senato - con la sinistra indipendente - era coincisa con un periodo familiare molto difficile, non ha mai smesso di coltivare un impegno, seppur non urlato. E una volta ha detto all’amico: «Berlusconi non è l’unico problema, è solo una della tante incarnazioni di una piega presa dalla civiltà europea». Il resto l’ha fatto un trait d’union particolare: Paolo, figlio di Claudio, saggista a sua volta (ha appena scritto un libro su Carlo Michelstaedter), grande amico di Pressburger. Quando Paolo ha saputo che sceglieva Di Pietro, ha esultato, «dai, fai benissimo!».
Il salto Magris-Di Pietro, nondimeno, resta eclatante. Sostiene Vattimo che «Tonino in realtà legge molto di più, in media, di quelli che lo criticano». Pressburger dice «stimo moltissimo Di Pietro perché è un uomo che ha avuto il coraggio di fronteggiare nemici potentissimi senza indietreggiare». Andrea Camilleri, che pure a un certo punto voleva fare una sua «lista dei senza partito» autonoma anche dai dipietristi, è stato recuperato: «Tonino mi ha chiamato, ha detto che tiene le porte apertissime a tutti noi... Mi era stato proposto di candidarmi sa da chi? Da Raffaele Lombardo! Ho pensato che fosse uno scherzo ma invece la proposta risultava vera... Dal Pd? Nulla».
E invece eccoti l’uomo in canotta, lesto, seducente e, nientemeno, in grado di articolare ragionamenti complessi. Un tempo li avrebbero fatti i capi comunisti ostentando alle Frattocchie le lezioni di Valentino Gerratana che spiegava Gramsci ai bidelli, le allocuzioni di Duccio Trombadori, e persino Pier Paolo Pasolini nascosto in mezzo ai braccianti poteva concedersi alla pedagogia elettorale. Oggi Pressburger, che molto ha discusso di Thomas Mann con Magris, termina i comizi leggendo ai futuri elettori dipietristi i passi di Mario e il mago, «un’opera che parla di un Duce, lo so, mentre noi parliamo solo di una sua versione moderna...».