Guido Ruotolo, La stampa 11/5/2009, 11 maggio 2009
CRETA, NUOVA ROTTA PER LE CARRETTE DEI CLANDESTINI
Alle dieci del mattino entra nel porto «Spica», la nave della Marina militare italiana. Si dirige verso un’area riservata. Ormeggia. Salgono a bordo funzionari della polizia libica e italiana. Alle operazioni di sbarco assiste anche Mansur, un delegato dell’Oim, l’Organizzazione (umanitara) internazionale per le migrazioni, impegnato soprattutto a garantire il ricongiungimento dei nuclei familiari e a verificare la necessità di assistenza sanitaria (ieri si sono registrati diversi casi di disidratazione). Sulla nave, 163 immigrati bloccati sabato su alcune imbarcazioni nelle acque internazionali di competenza maltese (in 75 erano su uno Zodiac).
Laurence Hart è il responsabile dell’ufficio libico dell’Oim. «In questa prima fase il tema dell’eventuale richiesta di protezione umanitaria non viene sollevata. In questo caso, poi, non mi sembra che vi siano immigrati provenienti da Paesi per i quali la protezione deve essere garantita. I direttori dei circa 25 Centri di detenzione sono molto collaborativi. L’anno scorso, una decina di loro hanno visitato diversi Centri italiani, da Bari a Lampedusa e Ponte Galeria».
Quella attraccata ieri, è la terza nave «multietnica» italiana - ieri, i «passeggeri» dichiaravano soprattutto nazionalità nigeriana, poi tunisina, marocchina, della Mauritania, del Bangladesh, Madagascar, Ghana - che tra mercoledì e domenica ha consegnato alle autorità libiche 467 immigrati respinti in mare. Altri duemila, in questi primi dieci giorni di maggio, li hanno bloccati i libici in mare o a terra, mentre erano in procinto di imbarcarsi. E le retate di trafficanti adesso le conducono i servizi di sicurezza interna (non più la polizia locale).
Fanno sul serio. Italiani e libici lavorano in totale sintonia in questa guerra dichiarata all’immigrazione clandestina e irregolare. E, dunque, se davvero l’approdo Lampedusa non sarà più praticabile, il fiume carsico degli immigrati clandestini cercherà di trovare un altro sbocco.
Le cronache di queste ore raccontano che le sei motovedette italiane cedute ai libici, che salperanno mercoledì da Gaeta per i pattugliamenti misti nelle acque territoriali libiche, che avrebbero dovuto rappresentare la soluzione per arrestare il flusso verso Lampedusa, rischiano di assumere un ruolo comprimario. Naturalmente serviranno a bloccare le imbarcazioni che hanno lasciato le coste libiche, ma lo strappo del respingimento in mare, con il successivo trasferimento degli immigrati in Libia su mezzi italiani, rappresenta la certezza che nessuna imbarcazione approderà più a Lampedusa.
Sarà Creta la nuova Lampedusa. Ne sono convinte le autorità libiche. Il generale Hammad Issa è il capo della polizia investigativa di Tripoli: «Questo flusso di immigrati proverà a tracciare altre rotte e approdi. Una parte - azzarda - ripiegherà sulla Tunisia, quella più consistente proverà a entrare attraverso l’Egitto fino alla Grecia». Tra l’altro, Creta è molto più vicina di Lampedusa. E di Grecia come approdo del viaggio, ne avevano parlato l’altro giorno alcuni respinti in mare della prima ora, quelli di mercoledì, che avevamo incontrato sabato nel Centro di detenzione di Tweshia.
Tra gli ultimi respinti, quelli sbarcati ieri nel porto di Tripoli, ci sono 48 donne (due, incinte, sono state trasferite in ospedale) e due minori (uno, di pochi mesi, l’altro di 3 anni). Nel corso dei colloqui con le forze di polizia, alcuni di loro hanno parlato di un libico, come di uno degli organizzatori del viaggio: sono partite subito le indagini per individuarlo e arrestarlo. Operazioni di polizia investigativa e retate di immigrati sono in corso anche a Bengasi, a Sirte.
E’ lì che arrivano gli «africani» dopo aver attraversato il deserto, entrando in Libia dall’oasi di Kufra, ai confini sud con l’Egitto, il Sudan, il Ciad. Da Bengasi-Sirte, poi, il viaggio per Zwarah, il porto per eccellenza utilizzato dal racket dei clandestini.
«Chi sono i trafficanti criminali? Di diverse nazionalità - spiega il generale Issa - anche italiani, somali, nigeriani, egiziani, tunisini, libici. Abbiamo a che fare con un’organizzazione internazionale. L’intesa investigativa con gli italiani sta producendo ottimi risultati».
I trafficanti senza scrupoli. A chi si appresta al viaggio, forniscono una bussola e le coordinate per raggiungere Lampedusa. In alcuni casi, li hanno fatti tuffare dalle imbarcazioni lasciandoli a poche miglie dalla piattaforma Eni che, per loro, avrebbe dovuto rappresentare Lampedusa. Spesso, purtroppo, diversi immigrati sono annegati.
I vertici delL’Interno libico stimano in due miliardi di dollari all’anno il costo materiale del contrasto all’immigrazione clandestina. La Libia rischia di diventare una pentola a pressione. Gli «africani» che arrivano qui trovano lavori «poveri» o che comunque i libici non sono più disposti a svolgere - come del resto da noi -, ci sono poi quelli che vogliono partire per l’Italia-Europa. «Con i criminali - spiegano le autorità libiche - è arrivata anche la droga. Abbiamo circa diecimila tossicodipendenti. E’ un dramma. Dopo l’immigrazione clandestina, affronteremo di petto la lotta ai trafficanti e agli spacciatori di droga».