Sabina Rodi, ItaliaOggi 12/5/2009, 12 maggio 2009
TORNA IL CARROZZONE DI CECCHERINI
Come ogni primavera arriva la kermesse de La Bagnaia costruita sul modello dell’avanspettacolo
Dietro l’alibi dei giornali a scuola, il business delle diffusioni dopate
Ogni primavera, puntuale come il polline, arriva, da troppo tempo, anche il Convegno di Borgo La Bagnaia (Grosseto) sul ”Giornalismo e i giovani”, organizzato dall’indaffaratissimo Andrea Ceccherini che, al pari di Giuliano Soria , presidente dell’ormai impronunciabile (ma solo da quest’anno) premio letterario ”Grinzane Cavour” è riuscito a costruire sul niente un’iniziativa piena d’aria che gli consente di vivere sontuosamente senza lavorare.
Ceccherini, quando aveva ancora i pantaloni corti, inventò l’”Osservatorio permanente giovani” che aveva, fin dalla nascita un ”permanente” di troppo, come se un Osservatorio potesse anche essere ”occasionale”. Ma è nello stile di Ceccherini giocare sul sontuoso apparente.
La finalità teorica dell’Osservatorio è quella di diffondere la lettura dei quotidiani nella scuola italiana. Invece l’obiettivo concreto dell’organizzazione che consente a Ceccherini di scorazzare per l’Italia in auto blu con autista e di sostare nelle anticamere che contano, è quello di dilatare la diffusione inventata dei grandi quotidiani generalisti, attraverso la dispersione gratuita delle copie dei quotidiani in classe.
In altre parole, mentre alcuni editori regalano pile di giornali ai clienti degli alberghi (e quando si vede l’imponente non ritirato alla fine della giornata -nemmeno gratis!- viene una stretta al cuore) gli stessi editori smerciano il loro invenduto anche nelle classi delle scuole italiane. Dove, anziché pasticciare con i giornali, gli studenti dovrebbero imparare il gusto, l’abilità e il bisogno di leggere. Tutte doti, queste, che rifiutano le scorciatoie-favolistiche alla Ceccherini e che si guadagnano invece attraverso lo studio dell’ortografia, della grammatica, della sintassi, della letteratura, dell’educazione civica, della storia (quasi abolita per mancanza di tempo, si dice; vincolo, questo, che, evidentemente, non vale per Ceccherini) e della geografia (abolita del tutto ”senza se e senza ma”; sempre per motivi di tempo, per cui uno studente che ritiene che la Sicilia sia confinante con la Croazia, può essere ugualmente considerato maturo).
La scuola deve sicuramente preparare alla lettura, ma non deve certo preparare a leggere alcune cose, anziché altre. Diventerà un lettore assiduo anche del giornale, non chi ha ”letto” il giornale in classe, ma chi, in classe, si è fatto una cultura, ha maturato la competenza nel muoversi fra i vari concetti e nell’esprimerli in modo corretto. Leggerà i giornali chi, grazie a una scuola che non ha perso tempo nelle cianfrusaglie cosiddette civiche o persino culturali, ha saputo far maturare intellettualmente lo studente, non impegnadolo svogliatamente sulla lettera della cronaca effimera o sul pettegolezzo occasionale (che si apprendono più facilmente guardando, la tv dove, tra l’altro, c’è anche qualcuno che ti semplifica il compito, raccontandotele) ma bensì svegliando, nello studente, la voglia e la capacità di auto-apprendere, dote, questa, che si acquisisce solo attraverso la lettura dei libri.
Del resto, questa è una posizione che ormai si è fatta robustamente spazio anche a sinistra dove peraltro il pedagogismo prescrittivo, un tempo imperava. Alessandro Barricco, intervenendo su la Repubblica a gamba tesa su questo tema, sia pure allargandolo a tutti i fondi pubblici sprecati per fare cultura assistita (che è un ossimoro), ha fatto tremare i parrucconi e le crinoline dei maître-à-penser della sua parte ideologico-politica ma non ha scosso le certezze da pubbliche relazioni del nulla di Andrea Ceccherini.
Quest’ultimo infatti prosegue imperterrito nel suo rito basato sulle inconcludenti passerelle de La Bagnaia, costruite sul modello dell’ avanspettacolo di un tempo, in cui le attrazioni erano annunciate come ”8 ballerine 8”. Ceccherini, incurante del fatto che persino ”il Bagaglino” è stato cancellato anzitempo dai palinsesti televisivi per manifesta inutilità, scippa lo stilema nazional-popolare di un tempo e, anziché evocare le ballerine, scrive: ”8-direttori-8”, ”8-editori-8” con l’obiettivo di avere, il giorno dopo, sui grandi quotidiani, una foto con il suo sorriso a 56 denti, tipo Chlorodont, assieme a quella degli editori dei grandi giornali che cosi, grazie al pretesto-Ceccherini, si esibiscono sui loro stessi giornali, in un circuito di provinciale di do ut des che ha fatto il suo tempo, costituendo, questi comportamenti, il relitto più evidente della prima repubblica mediatica che Ceccherini vorrebbe comprensibilmente imbalsamare perché, lo riconosciamo, non è facile mettersi a lavorare a cinquant’anni, dopo aver lautamente vissuto sul nulla frenetico.
Senonchè quello che sempre più stancamente e deludentemente sta facendo Ceccherini, visto che il ”vertice” de La Bagnaia e l’alluvione gratuita di giornali nelle classi italiane, non possono cessare per iniziativa del suo massimo beneficiario, queste iniziative dovrebbero essere bruscamente interrotte dalla nouvelle vague editoriale italiana (se c’è) che, anziché, ”bagnaiarsi” in quel di Grosseto, dovrebbe impegnarsi a fare dei giornali più attenti ai bisogni dei lettori del 2009, evitando ogni scorciatoia (anche perché, di scorciatoie, non ce ne sono) e soprattutto evitando il compiaciuto ma deprimente auto-incensamento.
Non a caso il Gruppo ”L’Espresso-Repubblica” compresi i responsabili della imponente galassia dei quotidiani Finegil (che, evidentemente, ritiene di avere una faccia da tutelare), a questi incontri fondati sulla cipria della sola apparenza ed espressi in una logica provinciale di auto-referenzialità, non ha mai voluto essere presente con nessuno dei suoi dirigenti, dei suoi direttori o, persino, dei suoi giornalisti. Anzi, a dire il vero, questo Gruppo, che da sempre mira alla sostanza e non alle apparenze, alle iniziative pirotecniche di Ceccherini, non mai offerto la sua collaborazione. «Avremo anche dei difetti, ma siamo seri» commentano a Largo Focchetti.
E che il gruppo Repubblica-L’Espresso miri alla sostanza anziché alle apparenze, lo dimostra anche il fatto che, nelle ultimissime infornate direttoriali, mentre, ad esempio, il gruppo Rcs è rimasto completamente a bocca asciutta, il Gruppo di De Benedetti, nel giro di un paio di settimane, ha portato suoi uomini nel vertice cultural-editoriale italiano con la direzione de la Stampa (Mario Calabresi), la presidenza della Rai (Paolo Garimberti), la presidenza dell’Ansa (Giulio Anselmi) e, entro questa settimana, anche la direzione del Tg2 (Mario Orfeo). Il nuovo infatti lo si crea anche rifiutando risolutamente i riti appassiti, flaccidi, ripetitivi e inconcludenti del passato.
Per questo stesso motivo, anche il bravissimo ministro della pubblica istruzione, Mariastella Gelmini, che, in meno di un anno (forse perché, fortunatamante per il paese, non sa che queste scelte non si possono fare) ha innovato alla radice la scuola italiana, non dovrebbe più essere connivente con questo baraccone ceccheriniano che avvilisce il giornalismo e squalifica la scuola.
Fra tutte le industrie, solo quella giornalistico-editoriale, specie quella italiana, quando gli acquirenti se ne vanno, non si chiede che cosa c’è nel prodotto che non funziona e cos’è quindi che finisce per non motivare l’acquisto del giornale da parte dei lettori, ma fa la predica ai lettori, rampognandoli duramente e accusandoli di non essere all’altezza di un prodotto così ben fatto e, ciò nonostante, sempre meno acquistato.
Se un approccio del genere fosse adottato in tutti gli altri settori di attività economica, non solo non esisterebbe il marketing ma sarebbero già evaporate anche tutte le imprese. Sappiamo bene che, facendo questo esempio paradossale, rischiamo di dare un’idea a Ceccherini che si trova sul binario morto, ma sarebbe come se un’industria di cioccolato in difficoltà, anziché modificare il suo prodotto, volesse imporre nelle scuole la distribuzione dei suoi barattoli rifiutati negli scaffali dei supermercati. E, nelle scuole così raggiunte con l’aiuto dei fondi pubblici, il cioccolato venisse distribuito a intervalli regolari per educare il palato degli studenti a una dosa giornaliera di gianduia.