Maria Teresa Cometto, Corriere economia 11/5/2009, 11 maggio 2009
«SPRECATA LA LEZIONE DEL ’29»
Schwartz: troppi soldi per salvare aziende non meritevoli. Così il mercato è confuso
Ben Bernanke non ha imparato la lezione giusta dalla Grande Depressione e la Federal Reserve sta contribuendo all’alta volatilità di Wall Street e alla confusione degli investitori.
La stroncatura viene da Anna Jacobson Schwartz, economista dell’Nber (National bureau of economic research) autrice – insieme al Nobel Milton Friedman – della monumentale (888 pagine) Storia monetaria degli Stati Uniti 1867-1960 . Schwartz è anche l’unica importante economista vivente con un’esperienza diretta della Grande Depressione: è nata infatti l’11 novembre 1915 e nel 1935 lavorava già come ricercatrice.
CorrierEconomia è andata a trovarla nell’ufficio di New York della Nber, dove tutti i giorni a 93 anni va ancora a lavorare, per capire che cosa aspettarsi dall’economia e dalla Borsa nei prossimi mesi.
Quando inizierà la ripresa in America?
«Non lo so, prima o poi ci sarà, perché la Fed sta facendo abbastanza con lo stimolo monetario, ma non sarà una robusta ripresa, sarà in tono minore. Non abbiamo ancora fatto i conti con le perdite dei patrimoni delle famiglie causate dal crollo dei prezzi immobiliari e azionari. I consumatori continueranno a sentirsi pressati a risparmiare invece di spendere».
E lo stimolo economico del governo Obama?
«Il presidente ha promesso che le sue misure creeranno milioni di posti di lavoro, ma non è credibile. Non ci sono segni di inversione della tendenza».
Ma senza lo stimolo da 787 miliardi sarebbe stato peggio, dice Obama. Non si è così evitata la Grande Depressione?
«Quella crisi, come tutte le recessioni, non fu sconfitta dagli stimoli fiscali governativi, ma dagli stimoli monetari. Alla vigilia della seconda guerra mondiale gli europei cominciarono a spedire grandi quantità di oro negli Stati Uniti, visti come un rifugio sicuro: questo pose le basi per una crescita monetaria negli Usa, perché il presidente Franklin D. Roosevelt permise l’aumento dell’offerta di dollari a fronte dei depositi d’oro. Comunque ogni confronto fra oggi e quell’epoca è fuorviante perché il sistema monetario è troppo diverso».
Intanto il peggio della stretta creditizia e della crisi finanziaria sembra passato. O no?
«La storia insegna che tutte le recessioni sono finite grazie allo stimolo monetario che permette al settore privato di impegnarsi in attività dove prima non erano disponibili abbastanza soldi per produrre. La Fed ha aumentato molto la disponibilità di moneta, ma così sta anche ponendo le premesse per un forte ritorno dell’inflazione. Secondo Bernanke questo è un rischio da affrontare dopo. Ma quando la Fed se ne è occupata tardi, il risultato è stata l’inflazione oltre il 10% negli Anni ’70-’80. Inoltre oggi la Fed ha problemi tecnici a restringere l’offerta di moneta».
Quali?
«Ha in cassa molti titoli basati sui mutui, che aveva accettato nei mesi scorsi come garanzie per prestiti concessi alle banche in difficoltà: sono titoli senza mercato, che non può vendere come farebbe con i Treasury bond per ritirare liquidità. In più c’è il problema dell’indipendenza dalla politica: negli ultimi due anni la Fed ha sempre cooperato con il Tesoro e non sembra saper resistere alle pressioni del governo. Basti vedere il suo ruolo nel salvataggio delle banche».
Non doveva evitare il crollo di Aig e degli altri istituti finanziari?
«No. Ha usato soldi pubblici per salvare aziende che non lo meritavano. Ha lasciato andare in bancarotta la Lehman e poi salvato Aig, sostenendo che altrimenti il sistema finanziario sarebbe crollato. Ma non è detto che sarebbe davvero successo. Se la Fed fosse stata chiara e ferma nelle sue mosse, il mercato l’avrebbe capita e rispettata.
Il salvataggio di business non sostenibili non funziona: Chrysler era già in crisi negli Anni ’80 perché produceva auto che i consumatori non volevano; l’hanno salvata e ora è nelle stesse condizioni».
Che cosa ci si può aspettare dallo stress test delle grandi banche?
«La tradizione dello stress test risale alla Grande Depressione, quando Roosevelt chiuse le banche per quattro giorni e analizzò i loro bilanci per decidere quali erano abbastanza robuste per riaprire. Ora non è chiaro che cosa succederà alle banche incapaci di affrontare il mercato da sole: dovrebbero essere lasciate fallire».
E se questo scatena il panico e la corsa a ritirare i depositi?
«Non succede se i principi sono chiari. Bernanke aveva promesso più trasparenza quando diventò governatore della Fed tre anni fa, ma purtroppo non l’ha praticata».
Che cosa ne ricava un comune risparmiatore?
«Molta confusione. Ecco perché la Borsa è così volatile, e per i business continua ad essere difficile ottenere prestiti come per le famiglie avere un mutuo. Ci vorrà parecchio per uscire da questa situazione».