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 2009  maggio 14 Giovedì calendario

MR GREENSPAN, IL MONDO LA RITIENE COLPEVOLE

Quando l’errore è ampiamente condiviso, il processo ai "colpevoli" diventa facilmente ambiguo. Ma non c’è dubbio che Alan Greenspan, in qualsiasi ricostruzione del fatidico shock 2007-09 dei mercati finanziari, ha un ruolo centrale. E non come eroe. Luigi Zingales, nell’articolo pubblicato ieri nella serie «Lezioni per il futuro», ricordava le responsabilità dell’ex governatore della Federal Reserve, citando uno dei più ricorrenti rimproveri che gli vengono rivolti: l’aver mantenuto il costo del denaro troppo basso, troppo a lungo, innescando così e alimentando la bolla immobiliare, l’indebitamento eccessivo da consumi e la spirale dei debiti a breve delle banche.
A Greenspan sono stati mossi anche numerosi altri rimproveri, sintetizzabili in uno: eccessiva fiducia nei mercati finanziari, considerati liberalizzabili in toto come qualsiasi altro mercato. Quindi, fede incrollabile nella deregulation come ricetta per tutte le stagioni. Se alcuni premi Nobel dell’economia, che Greenspan nei mesi scorsi ha citato a propria difesa, sono stati i massimi teorici della razionalità dei mercati, l’ex presidente Fed ne è stato il principale
practitioner, con alcuni altri nomi noti che validamente gli hanno fatto da "spalla". E, se si tiene conto che "Il Maestro", come veniva soprannominato con solennità, guidò la Banca centrale americana da metà ’87 all’inizio del 2006, si capisce come venga considerato spesso "il primo della lista".
Fra le tante date simbolo per l’inizio della deregulation, e che oscillano dall’ultimo Carter alla firma nel novembre 1999 del «Financial services modernization act » con un Bill Clinton raggiante attorniato da parlamentari plaudenti, la più significativa è quella del 3 giugno 1987, quando la Casa Bianca, un po’ a sorpresa, annunciò che Paul Volcker, il grande condottiero e vincitore della lotta all’inflazione, lasciava dopo otto anni la Fed e Greenspan sarebbe stato il successore. Tutti sapevano a Washington che la lotta era sulla deregulation. Più dello stesso Reagan, la volevano i reaganiani. Volcker la guardava con diffidenza e aveva frenato, a volte vincendo, a volte perdendo all’interno della Fed. E "Il Maestro", si sapeva, l’avrebbe entusiasticamente abbracciata.
Da quel giorno fu un crescendo, con Greenspan sempre al centro. Ignorò i segnali di rischio sull’eccesso di debito del sistema. Non fece nulla per i mutui subprime, sui quali già nel 2000 Ned Gramlich, consigliere Fed, gli chiedeva pressantemente d’intervenire. E si batté duramente per impedire qualsiasi seria sorveglianza sul mercato dei derivati. Salvo poi ammettere davanti a una Commissione della Camera il 23 ottobre 2008, quando la grande crisi era ormai esplosa, di «aver trovato una falla» nella propria teoria dei mercati autoregolati. «In altre parole lei ha scoperto che la sua visione del mondo, la sua ideologia, non era giusta, non funzionava», gli obiettò un deputato. «Certamente, precisamente», rispose. Era la fine di un mondo. E la fine della lunga battaglia fatta dall’ala reaganiana del partito repubblicano, e con gli anni 90 anche da mezzo partito democratico, per smontare le regole finanziarie del New Deal. Il cerchio ormai si è chiuso. Ma non è giusto isolare Greenspan come unico colpevole. Per anni ai vertici del G-7, ricorda chi c’era, la ricetta dell’ex presidente Fed fu sempre: «Deregulate!», e nessuno mai seriamente osò contrastarla. E nel ’99 la copertina di Time Magazine immortalava il trio della nuova economia e della nuova finanza: al centro Greenspan, ai suoi fianchi Robert Rubin e Lawrence Summers,ministri di Clinton prima l’unoe poi l’altro.Rubin è oggi un personaggio po-tente, benché nell’ombra e nonostante i guai della sua Citigroup, con la Casa Bianca di Barack Obama. Non è certo popolare, come in genere i banchieri, ma il Presidente stesso lo ha citato recentemente con molto rispetto. A sua volta Summers è lo stratega-principe di Obama.
Greenspan risponde alle accuse che lo riguardano nell’articolo che pubblichiamo in questa pagina, ricordando che non fu il solo a sbagliare. Ma perché solo lui dovrebbe difendersi?