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 2009  maggio 13 Mercoledì calendario

 RIPARTITO IL RALLY DEL PETROLIO

Prima o poi la crisi finirà. Ma come? una domanda che occorre porsi, il giorno in cui il petrolio sale oltre i 60 dollari, ai massimi da sei mesi. Quali scenari si aprono se, in quello che sembra il momento di una timidissima svolta, alcuni mercati si infiammano di nuovo?
La cronaca della seduta di ieri racconta di un contratto giugno che al New York Mercantile Exchange si è portato a 60,08 dollari, il massimo dall’11 novembre, prima di scivolare intorno a quota 59 sulla scia del calo delle borse. Il rialzo da inizio dell’anno, scattato anche a causa dei tagli dell’offerta dell’Opec, è ora del 34 per cento.
La giornata di ieri è però sembrata un flash-back. Un ritorno a qualche mese fa, quando i mercati delle materie prime salivano rapidamente per motivi non chiarissimi: la domanda dei Paesi emergenti, dicevano alcuni; la pressione della liquidità in cerca delle ultime occasioni di guadagno, secondo altri. Ieri le due ipotesi sono state riproposte insieme. Perché il rally è partito dalla pubblicazione dei dati sull’import cinese di petrolio di aprile: il mese scorso gli acquisti sono saliti del 14% con consegne che hanno raggiunto i 16,17 milioni di tonnellate, 3,9 milioni di barili al giorno.
C’è quindi un fatto: la maggiore domanda del secondo consumatore mondiale di energia (che però vede le esportazioni in continuo calo). E c’è un’aspettativa: la scommessa su un rialzo generato dalle prospettive della ripresa economica.Un’attesa,questa,rinforzata dai dati sul deficit commerciale americano, che a marzo è tornato a crescere dopo otto mesi di contrazione anche a causa delle maggiori importazioni, in valore e in volume, di greggio.
Il problema ora è lo stesso di qualche mese fa: c’è, ed è individuabile, un nesso tra questi prezzi e la domanda di greggio? La risposta è quasi impossibile, dal momento che gli economisti discutono ancora sull’interpretazione del boom del petrolio, salito a 147 dollari a luglio 2008 e poi calato bruscamente, proprio come accade nelle bolle, con il peggioramento della crisi. A dicembre era a 32 dollari.
Anche il recente recupero del greggio è avvenuto in circostanze che possono far pensare a un fenomeno tutto interno ai mercati finanziari. Si è creata una forte e inconsueta correlazione tra borse e petrolio, che sono salite insieme (si veda il grafico). Un gioco che si è ripetuto anche ieri, coinvolgendo come sempre, ma allo specchio, anche il dollaro, sceso fino a quota 1,3706 per un euro, ai minimi dal 23 marzo.
L’elevatissimo livello delle scorte - ai massimi da 19 anni negli Usa, a causa di una domanda ancora debole- avrebbe però consigliato un andamento meno brillante per Wti e Brent. Al punto che nei giorni scorsi diversi analisti hanno immaginato che, entro l’estate, azioni e greggio dovrebbero prendere direzioni diverse.
Se questo non dovesse avvenire, allora nascerebbe un dubbio forte, che aleggia da tempo: che direzione sta prendendo l’enorme liquidità immessa in circolazione da Governi e Banche centrali? Tra investimenti reali ridottissimi - in molti paesi erano insufficienti, come diceva Ben Bernanke nel 2005, anche in tempi felici- non c’è il rischio che essa gonfi i prezzi, iniziando dalle quotazioni finanziarie? I (pochi) economisti liberisti di scuola austriaca, ipersensibili al tema, già parlano della mini-bolla di Obama, e questo, dopo i crolli dei mesi scorsi, appare un po’ azzardato.
Il pericolo però c’è, soprattutto per le materie prime, e non può essere ignorato. I mercati delle commodities - spiegava una ricerca della defunta Lehman un anno fasono piccoli e illiquidi e hanno "fondamentali" che cambiano lentamente, a differenza delle borse animate da aziende dinamiche. Basta un po’ di liquidità in più, allora, per scatenare forti rialzi, tali da frenare anche riprese più robuste. uno scenario preoccupante.