Mariano Maugeri, ཿIl Sole-24 Ore 13/5/2009;, 13 maggio 2009
ALL’AQUILA BASTAVANO CENTO PASSI PER SALVARE GLI STUDENTI
Cento passi, esattamente cento passi misura in lunghezza la casa dello studente mai abitata dai 50 studenti martiri dell’ignavia e solo dopo, molto dopo, vittime del sisma abruzzese del 6 aprile.
Una costruzione moderna di due piani, mattoncini rossi solidi come la pietra del Gran Sasso, una grande veranda di vetro sospesa tra primo e secondo piano, sala studio, sala computer, sala da pranzo, porte rivestite di blu cobalto, infissi di pregio, pavimento di cotto, finestre con vetri termici, piastrelle dei bagni azzurre. a pochi passi dall’ospedale dello scandalo fasullo, il San Salvatore, dove legioni di cronisti e parlamentari hanno scarpinato per giorni interi. Bastava ruotare lo sguardo di 90 gradi, allungare il passo verso le costruzioni di cemento che ospitano le facoltà di scienze dell’università dell’Aquila. Lì, quasi attaccata, separata da un prato dove germogliano i fiori di primavera e querce cariche di foglie c’è la casa dello studente completata e collaudata tra 2001e 2002: 2.500 metri quadri, 35 posti letto, 35 esistenze di giovani studenti che ora macerano nei camposanti molisani, pugliesi, laziali. L a residenza dei cento passi a vuoto è stata voluta dal Comune dell’Aquila. La Regione ci mette 2,7 miliardi di vecchie lire per una spesa complessiva di7 miliardi. Il terreno è della Curia, pagato 800 milioni di lire. Il vecchissimo piano regolatore del Comune dell’Aquila - risale al 1977- vincola questa grande zona verde tra la facoltà di Scienze e l’ospedale a residenze universitarie. Il preliminare è del ’98, in quattro anni si tira su una costruzione a regola d’arte. La scossa di magnitudo 6.3 non l’ha neppure scalfita. Solo un millimetrico intonaco saltato sotto il quale si intravede la rete metallica che contiene le tamponature, cioè le pareti, in caso di terremoto. Ha funzionato, come funziona sempre quandosi rispettano le leggi degli uomini e quelle non scritte della coscienza.
Da allora è stato un tira e molla tra Comune e Regione. L’Ater, l’azienda territoriale di edilizia residenziale cui tocca occuparsene si tira indietro. Il verdetto sembra quello di un proprietario micragnoso: a 200 euro a posto letto, il prezzo di mercato per gli studenti, non si ripagano le spese. C’è lo stipendio del custode e poi quello del giardiniere. Pure l’Adsu, l’azienda diritto studi universitari, la stessa che gestiva la casa di via XX Settembre, getta la spugna. Questioni singolari: prima si spendono quasi 7 miliardi di lire per una struttura pubblica poi le stesse istituzioni che l’hanno costruita e che dovrebbero metterla in funzione fanno spallucce: non possumus. Dimettetevi, allora. No, non si dimettono, perché l’Aquila è la città dei silenzi.I sindaci Biagio Tempesta e Massimo Cialente girano la testa dall’altra parte. Chi se ne frega degli studenti, quelli hanno il chiodo fisso del pub sotto casa e della movida del giovedì sera. A Coppito non ci vanno. E poi ai ragazzi quelle case comuni non interessano: lì c’è un portiere che controlla chi esce e chi entra, i fidanzati, insomma, non passano. Sembra l’Italia di Benito Mussolini ma è l’Aquila dei giorni nostri. Soldi a palate sommergono il Teatro stabile, la Film commission, l’Accademia dell’Immagine presieduta dal sindaco Cialente, il Conservatorio. Tutti si riempiono la bocca e le tasche con l’Aquila "capitale della cultura", ma per gli studenti solo pizza e birra.
Ogni tanto salta fuori qualche idea bizzarra: ospitiamo gli uffici dell’opera universitaria; trasferiamoci una scuola elementare; trasformiamo la residenza universitaria in foresteria per i parenti dei degenti del San Salvatore. Qualcuno ricorda che la legge regionale non ammette cambiamenti di destinazioni d’uso. Quei soldi sono stati spesi per gli studenti e lì devono andarci gli studenti. Non ci vanno, ed evidentemente fa lo stesso. Ora, lì accanto, sta costruendo una grande residenza universitaria un privato, l’imprenditore Claudio Marrone: «Residenza universitaria con servizi annessi», recita il cartello dei lavori. Magari il signor Marrone riuscirà a cavarci dei soldi buoni e offrire un’ospitalità degna di questo nome.
La nostra storia finisce male. Cinquanta studenti si addormentano con lo stomaco gonfio di birra e continueranno a dormire nei secoli dei secoli. La casabunker che avrebbe dovuto difenderli dal sisma protegge atomi di ossigeno, porte di legno, sanitari. «Tutto quello che farete al più piccolo dei miei fratelli, l’avrete fatto a me», dice Matteo nel suo Vangelo. Chissà quale sarà il castigo per le omissioni dei suoi fratelli più grandi di questi anni infelici.