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 2009  maggio 12 Martedì calendario

PIZZERIE, NEGOZI ED EDILIZIA DAGLI STRANIERI IL 9,7 % DEL PIL


ROMA - Aprono bar e pizzerie, piccole imprese e negozi di ogni genere. Lavorano e fanno lavorare gli altri, versano contributi e fanno la loro parte nel tenere in piedi il sistema pensionistico. L´economia italiana è già multietnica: il 9,7 della ricchezza prodotta nel paese (Pil) è legata a lavoratori e imprenditori provenienti da paesi extracomunitari. E, nonostante la crisi, la quota sembra destinata a crescere.
Piaccia o meno, dunque, una parte del nostro benessere è strettamente legata agli immigrati. E pensare a loro solo come ad un popolo di colf o piccoli commercianti disposti a tenere aperto dall´alba alla sera il negozietto di frutta e verdura sarebbe del tutto fuorviante. Perché il 7,2 per cento delle imprese individuali presenti sul territorio (242.969 aziende) è messo in piedi e gestito da un «capo» nato in un paese fuori dai confini comunitari. Ce lo dice un´indagine dell´Unioncamere (l´associazione delle Camere di commercio) fornendo un dettagliato ritratto degli «stranieri» che intraprendono.
Sono tanti, sparsi su tutto il territorio, ma con una spiccata preferenza per il Centro e il Nord: soprattutto Toscana (provincia di Prato in testa) e Lombardia. Le attività scelte per mettersi in proprio vanno dal commercio - primo in classifica con oltre 104 mila negozi aperti (il 10 per cento sul totale) - all´edilizia e alle attività manifatturiere (in particolare tessili e calzature). Veri e propri settori di punta, visto che le tre voci, messe assieme, coprono l´82,3 per cento di tutte le aziende individuali gestite da immigrati. Ma i rami si vanno diversificando: secondo gli ultimi dati Unioncamere (primo trimestre 2009) fra le imprese in attività con titolare immigrato ci sono oltre 6 mila alberghi e ristoranti, oltre 5 mila aziende che forniscono servizi pubblici, più di 1.300 che offrono attività di intermediazione monetaria e finanziaria e 11 che forniscono energia. Una tendenza che è pure segno di evoluzione sociale e integrazione sul territorio.
C´è anche una mappa territoriale dell´imprenditore immigrato. I paesi dai quali provengono sono sostanzialmente cinque: in testa c´è il Marocco, che con poco meno di 46 mila imprese rappresenta il 18,9 per cento del fenomeno, seguito dalla Cina (13,6 per cento, ma in crescita), Albania (10,9), Senegal (5,6) e Tunisia (4,5 per cento). Ma fra le nuove leve ci sono anche il Bangladesh e l´Egitto. E vi sono anche delle specializzazioni territoriali: nella manifattura sono in netta predominanza le ditte cinesi, nell´edilizia quelle albanesi, nel commercio, quelle marocchine.
Certo la crisi ha picchiato duro anche qui: le aziende con origini extracomunitarie stanno aumentando ad un ritmo decisamente ridotto rispetto al passato, ma pur sempre aumentano: negli ultimi nove trimestri le imprese d´immigranti sono cresciute di 33 mila unità, quelle con titolari nati in Italia sono diminuite di circa 97 mila. Se la piccola impresa è il cuore dell´economia italiana, dunque, la sua vocazione multietnica contribuirà sempre più a farlo battere.