Guido Rampoldi, la Repubblica 12/5/2009, 12 maggio 2009
KAMIKAZE BAMBINI CON TALIBAN "UCCIDETE PIU’ CHE POTETE MILLE EURO PER OGNI SODLATO MORTO"
All´età in cui i loro coetanei giocano con la Play-station, i ragazzini vengono preparati al paradiso
Una delle "fabbriche di bombe umane" è in una scuola coranica di Miran Shah, al confine con l´Afghanistan
PESHAWAR - Aspettando una strage tanto certa quanto inevitabile, tre giorni fa l´ispettore di polizia Khalil raccontava che i Taliban hanno abbassato l´età minima dei loro kamikaze: ora mandano al macello ragazzini di 12 anni. Non era così giovane, ma neanche molto più anziano, l´attentatore diciassettenne che si è fatto esplodere ieri mattina non lontano da Peshawar, ammazzando dieci persone ad un posto di blocco, tra poliziotti, automobilisti e passanti. la seconda strage in una settimana e non sarà l´ultima. Tutto anzi lascia credere che i Taliban, attaccati dall´esercito nello Swat, si preparino a contrattaccare nelle città con la più temibile tra le loro armi non convenzionali, i kamikaze, le loro V2. Nel 2006 questa tattica li aiutò a fiaccare la volontà del Paese e a respingere la spedizione dell´esercito nel loro territorio storico, il Waziristan. Oggi la determinazione dei militari è assai maggiore. Ma nel frattempo è cresciuto l´arsenale dei Taliban, anche nella sua santabarbara umana.
Il sistema è stato perfezionato e adesso permette la fabbricazione di un "martire" in poche settimana, quando prima occorrevano anni.
All´età in cui i loro coetanei giocano alla guerra con la Play- station, ragazzini vengono preparati al paradiso, foderati di dinamite e spinti verso gli ignari che dovranno uccidere. Più ne ammazzano più ne guadagna la loro famiglia. Secondo il prezzario in vigore in alcuni distretti di confine, i Taliban pagano al padre 100mila rupie, grossomodo mille euro, per ogni uomo ucciso dall´esplosione. Però l´ispettore Khalil nega che sia l´incentivo in denaro a spiegare lo straordinario boom dello stragismo suicida tra adolescenti. Piuttosto, il prestigio che deriva ai fabbricanti di kamikaze dalla disponibilità di bombe umane; e soprattutto la vastità del serbatoio cui attingere, i ragazzi ospitati nelle scuole coraniche legate all´estremismo islamico, dai 12mila ai 40mila studenti, a seconda dei criterio di calcolo. Le più attive nel selezionare kamikaze sono tutte nelle Aree tribali, le bellicose regioni sulla frontiera con l´Afghanistan. E qui si affaccia un problema, centrale alla vicenda nello Swat: se l´esercito riuscisse a cacciare i Taliban dalle vallate a nord di Peshawar, un esito per nulla scontato, si fermerebbe o marcerebbe sulle Aree tribali, lì dove dov´è il grosso dei Taliban? Insomma, qual è l´obiettivo di questa improvvisa reazione militare? Vincere una battaglia o vincere la guerra? Placare le ansie americane con un successo nello Swat, importante ma non decisivo? O stabilire la sovranità del Pakistan sull´intero territorio nazionale, piegare i Taliban, cancellare i santuari, e chiudere per sempre le fabbriche di bombe umane?
Di quelle fabbriche, una tra le più alacri è in una scuola coranica di Miran Shah, una città di antiche tradizioni guerriere sul confine con l´Afghanistan. Il giornalista Mushtaq Yusufazai mi racconta l´avvio al "martirio" di uno studentello, così come lo ha ricostruito da varie testimonianze. Il mullah radunò i suoi discepoli, tutti figli di contadini poverissimi, e spiegò che era arrivata la chiamata da Dio. Chi era disponibile ad uccidere gli invasori, i kafiri, i nemici dell´islam? Si fecero avanti in 27.
Ciascuno scrisse il proprio nome su un pezzettino di carta, poi il mullah sorteggiò l´eletto dal Signore, un quindicenne. Gli altri si congratularono con lui. Il mullah lo consegnò ai Taliban, e una settimana dopo si presentò ai genitori: complimenti, disse, vostro figlio è in paradiso, ha ammazzato due soldati americani a Khost, in Afghanistan. I genitori piansero e lo abbracciarono.
L´ultimo mezzo secolo ricorda soltanto un tentativo altrettanto radicale di pervertire l´adolescenza in perfetto strumento di morte, il nazionalcomunismo di Pol Pot, i tre anni spaventosi in cui centinaia di ragazzini e ragazzine khmer divennero spensierati carnefici. Il vantaggio che offre il giovanissimo è la totale manovrabilità, l´assenza di esitazioni. E nel caso dei kamikaze, la sua apparenza insospettabile: chi può intuire l´assassino negli occhi di un dodicenne?
La gran parte del fondamentalismo pachistano disdegna come non islamici questi suicidi stragisti, ma non trova il coraggio per dirlo. Teme di fare la fine del maulana Hasan Jan. Dalla sua bianca moschea nel centro di Peshawar, la Darwish, il venerato maulana criticava aspramente i Taliban e i loro metodi. E´ stato ammazzato l´anno scorso da sicari ignoti. Un altro ulema sgradito ai Taliban è morto nello stesso modo. Così oggi i fondamentalisti misurano le parole e non dicono in pubblico quanto spesso sussurrano in privato, e cioè che i kamikaze sono un prodotto d´importazione, un artefatto nato all´incrocio tra le varianti estreme del salafismo saudita e la militarizzazione dell´infanzia pashtun. Quest´ultima, paradossalmente, fu inaugurata dagli Stati Uniti al tempo della guerra santa contro i russi, quando i libri di testo pensati dal Center for Afghanistan studies dell´università di Omaha, Nebraska, insegnavano così l´aritmetica ai figli dei profughi afgani: «Se ci sono dieci senza-dio e un musulmano ne uccide cinque, quanti ne restano?». Negli stessi anni, la dittatura del generale Zia favoriva la moltiplicazione in Pakistan delle scuole coraniche finanziate dal fondamentalismo saudita. Questo pervasivo jihadismo scolastico non è estraneo al risultato di un esperimento condotto nel 1999 in un campo-profughi pakistano. Richiesti di raffigurare il loro futuro, tutti gli alunni di una classe tranne uno disegnarono guerrieri. «Ma se non avete un mestiere come mangerete?», domandò il maestro disperato. Risposero: «Ci daranno le razioni (lo racconta Fazal-u-Rahim Marwar nel saggio "A prelude to Talibanisation in Pakistan").
Dunque è la storia, non la teologia, a spiegare perché i Taliban oggi abbiano una disponibilità quasi illimitata di ragazzi tra i 12 e i 20 anni disposti a dissolversi nella nuvola di fuoco che crederanno la luce del paradiso. Li usano soprattutto per ammazzare poliziotti (una vera mattanza, soltanto a Peshawar e nella North-west Frontier ne hanno uccisi 238 in quattro anni). In particolare i poliziotti ai posti di blocco, come appunto ieri: ai Taliban non piace che si limitino i loro movimenti nelle zone strategiche, soprattutto il circondario di Peshawar.
Più raro l´impiego di kamikaze in attentati mirati. Il colpo più grosso lo fece a Peshawar il ragazzo che l´anno scorso assassinò, facendosi esplodere, il vicecapo della polizia e alti ufficiali che gli erano intorno. Come ha promesso il loro portavoce, Muslim Khan, in questi giorni i Taliban tenteranno di colpire "governanti", insomma bersagli di grande rilevanza simbolica. Da qui le eccezionali misure di sicurezza che ho trovato ieri nella capitale, Islamabad.
Il problema è che la polizia non ha modo per fermare a kamikaze. A Peshawar fino a poco tempo fa, per prevenire massacri spaventosi gli agenti controllavano l´accesso ai maggiori raduni con i metal-detector. Poi un generale li ha informati (rudemente, ricorda l´ispettore Khalil con un sorriso pudico) che i metal-detector non rilevano l´esplosivo. Servono apparecchi differenti, ma di quel tipo ve ne sono due in tutto il Pakistan, entrambi nella capitale.
C´è una singolare disparità tra i mezzi a disposizione dei Taliban e i mezzi con i quali la polizia cerca di fronteggiare quei guerrieri. Noi comunichiamo attraverso i nostri cellulari, racconta l´ispettore Khalil, i Taliban hanno il satellitare; e walkie-talkie con una portata doppia dei nostri. Fino a pochi mesi fa i Frontier corps, il corpo cui appartiene l´ispettore Khalil, non ricevevano informative di alcun tipo dai servizi di sicurezza.
Invece i Taliban hanno un efficientissimo servizio segreto, con il quale controllano la società pashtun e infiltrano lo Stato e le amministrazioni. Lo spionaggio dei Taliban dello Swat dipende da un ex funzionario statale chiamato "Mofti". Per mimetizzarsi, né lui né i suoi uomini hanno la barba fluente tipica dei Taliban.
Secondo un giornalista di Peshawar che ne ha avuto la prova, hanno informatori perfino nel palazzo del governatore. Fino all´inizio dei combattimenti monitoravano tutti i media pachistani e non mancavano di segnalare, telefonando all´autore, quelle che ritenevano «inesattezze».
Parte di questa struttura segreta sarebbe in relazione con Al Qaeda. L´esistenza di un rapporto è suggerita, tra l´altro, dal video col quale i Taliban dello Swat propagandano le loro imprese. Lo stile è quello, compiaciuto e sinistro, di altre produzioni qaediste. Vediamo Taliban ammazzare con un fucile di precisione un soldato pachistano. Far saltare in aria una casetta. Marciare per monti e per valli. Decapitare con un colpo di spada un povero prigioniero incappucciato, ufficiale di polizia. Non manca il kamikaze, un ragazzino imberbe che parte verso la morte al volante di un furgone caricato con quintali di esplosivo. Saluta la telecamera con una faccia triste che sembra dire: qualcuno mi salvi. Mi estragga da questo horror.